di Piero Tieni
Nel 2008 ci misi tutta la buona volontà ma non ce la feci proprio a votare Pd. Già il fatto che il partito fosse guidato da Mr. Weltronix, non mi invogliava a recarmi alle urne. Poi ci aggiunse una tale Marianna Madia, figlia di un suo amico personale, che si disse pronta a portare a Montecitorio la sua inesperienza (?!). Quindi fece un bel minestrone aggiungendoci il fondamentalismo ciliciato di Paola Binetti. E fin qui pensai che con un mollettone gigante con cui tapparmi il naso, forse ce la potevo fare a mettere la crocetta su quel simbolo. Ma arrivò il giorno in cui fu annunciato urbi et orbi che nelle liste del Pd sarebbe entrato nientepopodimeno che Massimo Calearo, noto imprenditore di ultradestra, capo di Federmeccanica, che fino a pochi mesi prima portava come suoneria del cellulare la musichetta di Forza Italia. E mica lo candidavano e basta. No, lo mettevano addirittura come capolista in Veneto, cioè come l'uomo più rappresentativo del Pd in quella regione. Pensai che fosse uno scherzo, che m'ero sbagliato, che la decenza dovesse avere un limite. E invece era tutto vero, quel limite venne varcato e Calearo fu candidato. Non ce la feci, per la prima volta votai per un altro partito. Mi iscrissi poi al Pd e presi la tessera il giorno dopo che Veltroni lasciò la guida del partito. Nel frattempo Calearo, un passo dopo l’altro, ha sentito il richiamo della foresta (di destra) e si dice pronto non solo a votare il Sultanino ma addirittura a fare il Ministro se glielo chiede. Ecco, forse sarebbe il caso di imparare la lezione e di non provarci mai più a rifilarci personaggi del genere. Voti in più da destra non ne sono arrivati, ma tanti a sinistra se ne sono andati. E magari qualcuno dovrebbe anche chiedere scusa a chi, essendo di sinistra, ed avendo terminato i peli sullo stomaco, non ha potuto votare il proprio partito, vergognandosi di farsi rappresentare da uno che è esattamente l’opposto di tutto ciò che si vorrebbe.Magazine Società
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