Non amo il concertone del I maggio. Un po’ perché abitando proprio a San Giovanni sono sempre costretta a barricarmi in casa vista la confusione che si crea in tutto il quartiere con la transumanza di migliaia di persone; un po’ perché la musica arriva in casa più simile a un frastuono che a una melodia. Senza contare la vera e propria distesa di immondizia che il giorno dopo resta abbandonata sulla piazza. Fatto sta che quando si avvicina il primo maggio cerchiamo sempre di non essere a Roma.
Quest’anno invece un amico, ex collega, mi ha coinvolta per fare un po’ di volantinaggio la mattina, prima dell’inizio del concerto, per pubblicizzare la nostra situazione lavorativa e la “questione Vodafone”. E visto che ALicE non se ne può perdere una, ovviamente ho aderito con entusiasmo (ehm… ehm…) e mi sono recata alle 10.30 del primo maggio all’appuntamento. Tralasciando il fatto che eravamo appena in 4, di cui solo io e un’altra ragazza coinvolte in prima persona (e gli altri? Dov’erano?) ci siamo messi dei cartelli/sandwich addosso con disegnato una specie di pacchetto di sigarette gigante con su scritto “Vodafone manda in fumo 33 posti di lavoro: chi licenzia avvelena anche te: digli di smettere” e, bando alla vergogna, così bardati ci siamo avviati verso la piazza già piena di ragazzi.
Oh! Per chi non lo sapesse il tema del concerto che, vale la pena ricordarlo, come da tradizione è organizzato da CGIL, CISL e UIL, era “la passione, la speranza, il futuro”. Il lavoro e il precariato erano un sottotitolo: l’allestimento del palco era li a ricordarcelo: la scenografia era composta da pannelli appositamente montati male e a penzoloni, come se fossero dovuti cadere giù da un momento all’altro. Precari anche loro.
Diciamo quindi che con la nostra iniziativa pensavamo di “giocare in casa”, in una situazione accogliente, in una piazza comprensiva e solidale, attenta ai temi importanti e socialmente rilevanti. Beh, nessuna analisi fu più sbagliata!
Credo che nessuna delle persone presenti fosse lì per il tema del concerto; pochi addirittura lo conoscevano. Era semplicemente un concerto gratuito, che ha attirato un mucchio di ragazzi di tutte le età che a tutto erano interessati meno che al loro futuro (del quale parte essenziale dovrebbe essere il lavoro: mezzo principale di sussistenza e di autodeterminazione).
Già fumati e bevuti alle 11 di mattina, i ragazzi più educati ci rispondevano che non gliene importava che Vodafone licenziasse, tanto loro erano proprio disoccupati… Per il resto sembrava che ci fosse il vuoto pneumatico nei loro cervelli formato lenticchia. Facevano finta di ascoltarci e non vedevano l’ora che finissimo di parlare. Una vera desolazione, e tutto sommato una (ulteriore) sconfitta dei sindacati, che avrebbero potuto portare un po’ di cultura sociale ed economica anche in situazioni come queste.
Ho seguito un po’ le polemiche tra Alemanno e i sindacati, e stavolta non penso che il nostro Gianni Caro avesse del tutto torto. Non credo sia corretto organizzare un concerto gratuito, a spese del Comune (cioè comunque a spese nostre) per “ubriacare” il pubblico con musica e spettacolo, senza riuscire a dargli alcun contenuto. E pensare che invece poteva essere un’occasione per parlare anche di temi importanti, che tutto sommato toccano soprattutto i giovani, e condividerli con loro usando il loro stesso linguaggio, la musica. Alla fine un solo grande dubbio epocale: ci ha deluso di più il menefreghismo dei ragazzi che abbiamo incontrato o l’eterna mancata occasione di CGIL, CISL e UIL?