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Condonate fratres

Creato il 24 agosto 2011 da Albertocapece

Condonate fratresAnna Lombroso per il Simplicissimus

Lo so è marginale ma significativo che la manovra rechi come sottotitolo “Misure urgenti finalizzate alla stabilizzazione finanziaria e alla competitivita` economica”. Oddio è ridicolo anche che si chiami manovra. Forse l’unico termine appropriato è “urgente”, perché urgente non vuol dire certo tempestivo, puntuale, vuol dire solo che c’è fretta sia pure in ritardo.
Ma anche questo fa parte di quel modo trasandato e arruffone di affrontare situazione che vengono lasciate là a incancrenirsi fino a diventare emergenze, perché così posso non essere affrontate come tali, con misure eccezionali, con poteri straordinari, con interventi d’autorità, fino a esigere intorno all’ultima infamia un’unità e una condivisione di salute pubblica, in questo caso di privata agonia di un governo preoccupato che restino invariati i saldi e che importa di quello che c’è dentro alla cosiddetta manovra, che va come un tram impazzito fuori dai binari.

L’ultima trovata non certo inaspettata consiste nel tirar fuori dalla naftalina un condono fiscale. I condoni si sa sono un cavallo di battaglia del regime, indulgente con i peccatori. Si sa l’idea del premier che si immagina abbia il placet delle gerarchie ecclesiastiche è che i comandamenti sono lacci e lacciuoli come le leggi e la costituzione, che le rispettano solo quegli squallidi e noiosi sfigati dei comunisti. E se rubi, menti, fornichi, poi appunto arriva un’indulgenza sotto forma di condono. Questo proposto oggi da due figuri che hanno già attraversato il nostro tetro panorama, Antonio Mazzocchi e Amedeo Laboccetta, assolverebbe gli evasori che hanno rubato soldi allo Stato fra il 2006 e il 2009 con una perdonanza generalizzata che si estenederebbe fin dove possibile: dall’Irpef all’Irap, fino ad arrivare all’Iva.

E subito si è manifestata quella che Matte Blanco chiamerebbe la “bi-logica”. Me li immagino gli sdegnati e puntigliosi accusatori della casta, i profeti dell’antipolitica, puntare il dito contro questa maledetta attitudine di lanciare un provvidenziale salvagente ai trasgressori, di tradire l’interesse generale a beneficio dell’interesse privato dei soliti “pubblici” di riferimento. E nello stesso momento chiamare il commercialista o il ragioniere per vedere se da questo obbrobrio, da questo insulto scandaloso all’etica pubblica non ci si può cavar qualcosa di utile.

Si al nuovo uomo qualunque viene buona l’antipolitica, ma anche la pro-politica se comporta qualche beneficio opportunistico. Si sente estraneo all’oligarchia, ma si sente legittimamente ammesso ai suoi sistemi e alle sua scorciatoie, tanto così fa tutti. Ormai è talmente elevato il limite di tolleranza dell’illegalità, della corruzione, dell’illiceità che non entrare nel mercato delle prebende, dei privilegi, sembra irragionevole, stupido, anormale, addirittura poco patriottico. Perché se c’è un carattere nazionale apparentemente irrinunciabile è la furbizia. Ma c’è da chiedersi che astuzia ci sia nel dar credito a un uomo col parrucchino di moquette, e il fard, che bacia ripugnanti tiranni per ingraziarseli e altrettanto paga le ragazzine per guardarle sculettare imbottito dell’opportuna farmacopea, nel credere ai suoi roboanti annunci: un milione di posti di lavoro, un treno carico di I, come immondizia, diretto chissà dove, l’Aquila ricostruita negli stessi tre giorni nei quali ci guarirà del cancro. E siamo fuori dalla crisi e non ci siamo mai stati e vi ho salvati dalla crisi e una crisi vi salverà se comprerete i miei prodotti le mie azioni che a comprare i vostri voti e gli eletti ci penso io, tanto valgono poco.

Non voglio dire che siamo tutti corresponsabili della corruzione per carità, ma nessuno può davvero chiamarsi fuori sventolando lo stendardo del bene, della moralità e della specchiata onestà. Eh si è difficile resistere a una piccola garbata omissione: in fondo conviene anche a lei, no? insistere per ottenere la ricevuta al ristorante o dal dentista o dall’idraulico. È più facile ergersi a depositari di valori autentici traditi, paladini frustrati di onestà intatte che altri macchiano, restando comodamente collocati nella “ragionevolezza”, nel buonsenso, nell’ipocrisia. Tanto prima o poi ci sarà un condono anche per quelle.


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