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Confessioni aperte a una patata idiota

Da Andrea Venturotti

S’ei piace, ei lice.” – Torquato Tasso

Nonostante tutto, nemmeno stavolta hai vinto contro di me, Patata.
Non lo nego, ci sei andata pericolosamente vicina.
Il vero problema è che sono una sempliciotta. Una che preferisce credere che le cose andranno bene SUL SERIO, piuttosto che prendersi la responsabilità di tutto.
Una che “se non è ok, non è ancora la fine!” e altre cazzate del genere.
Una che si nasconde dietro a tutte le finte rassicurazioni, che arriva ad arrampicarsi su uno specchio lungo chilometri, piuttosto che tornare giù a terra.
E purtroppo, per me o per te, hai cercato di prendermi nel momento meno adatto.
Non solo.
Hai tentato di infilarti come un viscido serpente tra i miei stessi pensieri, per modificarli, per modellarli fino all’ultimo. Una spia insospettabile, non trovi?
Con quella faccetta idiota, chi avrebbe potuto accusarti!
E con quella vocina tanto suadente, chi avrebbe potuto resistere.
Che tremenda vergogna. Farsi battere così dalla prima Patata. Ma, a volte, basta così poco, un passo falso, una carta caduta di mano, il tram che ti taglia la strada, e così…
Così anche il tuo piccolo, perfetto piano ti è scivolato tra le dita. Davvero un peccato.
Hai parlato troppo, hai perso il controllo! In ogni cosa ci vuole moderazione! Non te l’hanno insegnato?
No, non te l’hanno insegnato, d’altronde non ti hanno insegnato un bel niente, io ero la tua prima lezione e, ops, pare che tu sia stata bocciata, Patata.
E anche la bocciatura non ti farà comprendere tutti i perché.
Ma devi sapere che mentre aspettavo la fine del tunnel, mentre mi chiedevo se davvero valesse la pena alzarsi dal letto per poi ritrovarsi, bene o male, ancora a letto senza aver risolto nulla, ho imparato una cosa, una cosa veramente essenziale.
Non importa quanto e cosa ci si dica, quante parole ci si vomiti addosso e in quali contesti, e fino a che punto ci si ritrovi vicini l’uno con l’altro, fino a sentire le reciproche bestie nascoste nel nostro animo.
Arriva il giorno della Fine, il Giudizio in terra di chi apre gli occhi. Io sono il Giudice, e oggi decido di aver sbagliato.
Che una Patata così insulsa si può pure buttare via, per riprendere il filo da dove lo avevo interrotto.
Già, mia cara. Siamo sbucati dal nulla per essere sputati nell’esistenza, e nonostante tutto, passiamo il tempo a essere distratti e noncuranti, ci prendiamo a spallate l’uno con l’altro.
Non si può dire che tu non me ne abbia date.
Ma sono più tosta di te.
Piangi pure, se vuoi, ti ho vista piangere così tanto.
La più bella lezione della mia esistenza finora, ti si conceda, è la tua:
“Fregatene del prossimo, e ridi. Meglio il Male che la Vergogna”.

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Tagged: Confessioni, Halifax, idiota, Lezione, male, Patata, Piano, Trilogia, vergogna

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