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Confessioni di un italiano

Creato il 28 novembre 2010 da Laperonza

Alcuni amici, i più recenti in verità, mi (si) chiedono che pesce io sia politicamente parlando. Certo è evidente la mia forte inclinazione a sinistra ma credo sia altrettanto evidente che le mie radici non siano marxiste. Una cara amica mi ha definito “cattocomunista” e mi sta bene, essendo io cattolico, anche se critico e la definizione di comunista me l’ha data il Presidente del Consiglio per cui come essere in disaccordo? Scherzi a parte, molti dimenticano che in Italia (e ne resto del mondo) non esiste solo una sinistra di radice marxista ma anche altre che fondano le radici culturali altrove, in Saint Simon e Owen per esempio ma anche e soprattutto nella sinistra storica italiana di De Pretis, Gobetti, Rosselli. Sono un mazziniano, di cultura risorgimentale, garibaldino se vogliamo.

Ho abbracciato l’idea repubblicana da giovanissimo. Compiuti i diciotto anni presi la tessera del Partito, l’unica tessera di partito che io abbia mai preso. Ci credevo e ci credo ancora. A ventidue anni ero segretario politico cittadino, parlavo a quattr’occhi con Aride Rossi, Enrico Ermelli Cupelli, Luciana Sbarbati. A venticinque anni ho restituito tessera e incarico schifato da tangentopoli e dalla politica italiana. Ma sono rimasto repubblicano. Credo lo sarò sempre, un repubblicano solitario. E sono di sinistra, perché un repubblicano è prima di tutto un antifascista.

Ho riletto oggi la biografia del mio concittadino Giovanni Conti, padre costituente, deputato dell’Aventino, direttore della Voce Repubblicana, repubblicano fino all’osso. La domanda che mi sono fatto, da ex tesserato repubblicano, è la seguente: come può un repubblicano aderire, appoggiare, sostenere il governo Berlusconi? Come può un repubblicano condividere un percorso politico con neo-fascisti e neo-nazisti, anche che abbiano sostituito le camice nere con altre di verde colore? Come può un repubblicano solo dialogare se non governare il paese e se non accogliere in casa gente che, con estrema leggerezza, alza il braccio per il saluto romano? La storia non è un romanzo.

Ognuno ha il diritto di cambiare opinione. Sono un convinto assertore dell’assioma secondo il quale solo il cretino non cambia mai idea. Ma si abbia almeno l’onesta mentale di non chiamarsi più repubblicani, per rispetto della storia, dei martiri del risorgimento, di tutta quella gente che ancora crede nei principi fondamentali della democrazia che hanno da sempre ispirato il partito e lo fanno con cognizione culturale.

Non ho più la tessera, non ho tessera politica alcuna. Ma mi ritengo ancora un repubblicano, idealmente. E soffro la solitudine.

Luca Craia

 

 


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