C’è una notizia che i media nazionali ignorano con una pervicacia da larghe intese dell’informazione: lo sciopero ad oltranza che i lavoratori del trasporto pubblico di Genova stanno attuando contro la privatizzazione decisa dal comune con l’inevitabile coda di licenziamenti e aumento di biglietti. Per il quarto giorno consecutivo una delle più importanti città d’Italia è senza bus, preda di ingorghi, arrivano pullman di tranvieri da Milano, Torino e perfino Roma per portare solidarietà, il sindaco privatizzatore, nobiluomo e vendoliano, ha rischiato di prenderle nella sala rossa del consiglio, da decenni non si vedeva una protesta così dura non decisa dai sindacati, ma imposta ai sindacati dai lavoratori. Eppure la regia del potere ordina che non se parli.
“Non parlare, ripeto, non parlare dello sciopero tranvieri Genova” potrebbe essere il dispaccio dell’Agenzia Stefani secondo la formula classica in vigore al tempo di Mussolini. Ma adesso non c’è nemmeno bisogno di ordini e consigli: editori, direttori, governo e alte cariche sanno benissimo che non si deve dare pubblicità a una protesta che potrebbe dare il cattivo esempio e mettere nella bufera il piano di privatizzazioni a tappeto che si immagina per tutta l’Italia, persino mettere in cattiva luce gli utilissimi sindacati padronali . Qui non sono a rischio solo le singole operazioni, ma la lisa immaginetta del privato come taumaturgo che poi regolarmente si traduce in speculazione, in disoccupati, in tagli ai servizi e maggiori costi per gli utenti. Mentre paradossalmente il pubblico deve tirare fuori i soldi per garantire i profitti dei salvatori.
Ah certo, meglio non mostrare che la lotta può essere dura e decisa, senza esaurirsi con il corteo o il sit in, meglio non dire che questo avviene in una città governata dal Pd e da un sindaco della cosiddetta sinistra radicale che non ha rispettato gli accordi presi con i dipendenti imponendo loro duri sacrifici, meglio non far venire ad altri lavoratori la tentazione di resistere all’ “inevitabile”. E’ in gioco lo stato letargico che si è riusciti a indurre nel mondo del lavoro: se si risveglia sono cazzi amari per i governicchi spettrali e i loro mezzani e paraninfi politici e sindacali. Dunque la notizia è ignorata e corre poco persino sul web, forse perché sfugge la sua importanza o forse perché si è ben consci che questa “primavera di Genova” può coagulare attorno a se un ribaltamento dei teoremi e delle prassi che hanno portato, come risultato, allo sfascio del Paese.
E dirò di più: forse sarebbe il caso che qualche pezzo della sinistra residuale, si distraesse dalla contemplazione ombelicale e aprisse una sottoscrizione per aiutare i lavoratori di Genova a resistere: sarebbe un atto concreto e allo stesso tempo di grande impatto simbolico capace di dare picconate a quella rozza e grossolana ”ideologia materiale” che domina nel Paese. Sarebbe una mossa intelligente, per quello ho poche speranze di vederla.