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Da Loredana V. @lorysmart

Gran parte del successo del M5S, oltre allo spendersi di Grillo in tutte le piazze con il suo Tsunami tour, è dovuto a Casaleggio, vero deus ex machina del movimento, che ha programmato tutto per far conoscere e trionfare alla grande i grillini.

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Non altrettanto bene è andata ai suoi avversari, che hanno dato retta a guru anche se di peso. Monti ad esempio, fidandosi di Roberto D’Alimonte, che lo accreditava per un 15% dei consensi, con trend in salita, aveva interpellato due grossi nomi della comunicazione (gli stessi usati da Barak Obama) per guadagnare il consenso degli elettori. Il primo, Martin Sorrel, gli ha consigliato di mostrare più decisione, di essere meno “grigio” e più umano, tanto da costringerlo a fare una piccola e parziale marcia indietro sul problema delle tasse che, inizialmente intoccabili, potevano invece essere gradualmente ridotte, ma in questa fase si è dovuto scontrare con Berlusconi che prometteva di tutto e di più.

Il secondo, David Axelrod, lo ha invitato ad attaccare gli avversari, screditandoli, e qui si è vista una nuova faccia mai conosciuta del presidente del Consiglio, visibilmente poco a suo agio in questa veste. Nessuno dei due ha invece considerato i compagni di viaggio che affiancavano Monti, ossia Casini e Fini, veri esponenti della vecchia politica che contrastavano con il programma di rinnovamento voluto da “Scelta civica”. L’ambizione e la voglia di protagonismo hanno tarpato le ali al suo movimento che alla base non aveva nemmeno un consenso popolare, anche perché Monti è stato visto come un vassallo della Merkel in Italia.

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Bersani invece si è affidato a Miguel Gotor, storico moderno, che spesso gli ha consigliato giri tortuosi, prima offendendo e poi blandendo Grillo, scatenando l’ironia di quest’ultimo. Se le espressioni colorite di Bersani (smacchiare giaguari e pettinare bambole) sono farina del suo sacco e frutto del suo substrato sociale di estrazione popolare, non si sa chi gli abbia suggerito le altre più “rampanti”, quali “li sbraneremo” e “non siamo mammolette” che ha sfoderato in campagna elettorale. Anche perché ha mostrato un atteggiamento ondivago che partiva dalle offese per giungere alla conclusione che Grillo era una costola della sinistra (espressione per altro già usata a suo tempo da D’Alema nei confronti della Lega, per convincere Bossi a fare il ribaltone).

Insomma, in questa campagna elettorale e in quel che ne segue per cercare di formare uno straccio di maggioranza che riesca a governare, se ne sono sentite di tutti i colori… E mi sa che siamo solo all’inizio 



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