Magazine Attualità

Consumo responsabile e felicità condivisa

Creato il 08 luglio 2013 da Sviluppofelice @sviluppofelice

di Gabriele Arnesano

R. Paltrinieri, Felicità responsabile. Il consumo oltre la società dei consumi, Franco Angeli, Milano, 2012.

R. Paltrinieri, Felicità responsabile. Il consumo oltre la società dei consumi, Franco Angeli, Milano, 2012.

Roberta Paltrinieri, in un libro recente,[1] indaga il rapporto tra felicità e consumi provando a delineare scenari di uscita dalla crisi economico-finanziaria. Si chiede perciò se è possibile ritenere quella attuale come una fase di vera e propria svolta culturale, in grado di portarci fuori dalla società dei consumi.

L’autrice ricostruisce il dibattito che, negli ultimi decenni, ha coinvolto economisti, filosofi, antropologi e naturalmente sociologi dei consumi; e si sofferma sul progressivo affermarsi del consumo come caratteristica della società capitalistica contemporanea: capace di sostituire le grandi narrazioni del passato e di imporsi come linguaggio sociale per eccellenza.

La studiosa rilegge i contributi sul rapporto fra stratificazione sociale e sistema dei consumi, sui processi di omogeneizzazione e mercificazione, sulla diffusione della cultura del consumo e il “potere della marca”. Quindi ricostruisce l’idealtipo di individuo evidenziato dalle teorie del comportamento del consumatore. Un soggetto alla continua ricerca di identità, abbagliato dalle promesse di felicità e che vive la propria vita come una continua fonte di piacere.

La sociologa bolognese ritiene però che occorra tener ferma l’attenzione sul rapporto tra agire sociale e consumo nelle società globali; ad esempio, sull’importante ruolo del locale nella produzione culturale; o sul ruolo dell’immaginazione, che attribuisce i significati. All’attribuzione dei significati partecipano i consumi, traducendo in realtà piaceri creati nell’immaginazione. Un processo che si nutre della creatività del consumatore.

Il consumo quindi è centrale per le identità sociali, sempre più giocate su un piano simbolico-emotivo. E il consumatore è creatore di valori e significati sociali e sempre più impegnato in una vera e propria attività produttiva. C’è quindi una centralità dei processi di consumo nella produzione della società attuale e nelle relazioni tra gli individui.

Tale prospettiva ci libera dal modello che esaurisce le aspirazioni ad una vita felice nei termini esclusivamente materiali. E richiama l’importanza dei beni relazionali. Infatti il principale paradosso della felicità consiste nel conflitto tra beni privati di consumo e beni relazionali. L’aumento dei primi comporta – quasi inesorabilmente – il venir meno dei beni liberi e gratuiti; peggiorando la dimensione relazionale degli individui.

Una diversa accezione del benessere non può perciò prescindere dalla dimensione relazionale. La fiducia, le reti sociali, la capacità di avere orizzonti di senso valoriali e rapporti interpersonali soddisfacenti, oltre a costituire “il sale della vita” (F. Héritier, 2012), hanno un forte impatto sulla dimensione economica. I modelli che puntano ad una prosperità senza crescita assegnano un ruolo di rilievo al consumatore critico, responsabile (nei confronti di se stesso, della società e dell’ambiente) e consapevole che il benessere passa attraverso la dimensione dell’impegno civile e della partecipazione.

L’atto del consumo acquisisce quindi una dimensione pubblica proponendosi come una pratica di “cittadinanza autodeterminata”, sostenuta da reti di azione comunitarie e tecnologie dell’informazione interattive. Secondo Roberta Paltrinieri è proprio la dimensione della fiducia e della reciprocità che dovrebbe caratterizzare un modello di crescita basato sulla “responsabilità sociale condivisa”. Una idea di sviluppo in cui il benessere (e la felicità) sia basato sulla valorizzazione di cultura, salute e relazioni umane in un ambiente tutelato e sano.

La riflessione sul consumo responsabile (che coinvolge il gruppo del dipartimento di Sociologia bolognese) porta l’autrice a delineare una teoria che coniuga due dimensioni solo apparentemente antitetiche: il pensare a sé stessi e il vivere per gli altri. Una forma di cittadinanza responsabile attenta alla catena delle “interdipendenze” (N. Elias) che lega gli individui tra loro. E che richiede alle politiche di welfare maggiore attenzione all’agire consapevole, capace di innescare processi di sviluppo.

Il “consumo socialmente responsabile” produce reti e istituzioni che rafforzano il capitale sociale e la civic culture; incentivano le esperienze di altraeconomia, e quelle attività sociali (commercio equo e solidale, orti sociali, GAS, circuito dell’usato, ecc.) che hanno l’obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini in un contesto ambientale sostenibile.

Su questi presupposti la stessa felicità, per la Paltrinieri, deve recuperare la dimensione del bene comune. Una “felicità responsabile”, sostenibile e condivisa, che implica un modello di sviluppo e di crescita in cui i consumatori siano più maturi e autonomi, le imprese più attente agli aspetti etici nel processo produttivo e nella gestione delle risorse e le amministrazioni più aperte alle istanze dei cittadini e alla loro partecipazione.


[1] R. Paltrinieri, Felicità responsabile. Il consumo oltre la società dei consumi, Franco Angeli, Milano, 2012.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog