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Migliaia di rifugiati continuano a riversarsi nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, in fuga dalle violenze dei combattenti jihadisti
Si tratta forse del più grande esodo censito dall’inizio della guerra in Siria. Sono quasi 30mila i profughi che da giovedì scorso stanno attraversando la frontiera per raggiungere il nord dell’Iraq. Secondo un portavoce di Ginevra dell’Alto commissariato per i rifugiati, la maggioranza degli immigrati è composta da curdi-siriani. Ma questo è un aspetto secondario di fronte alla diaspora di persone senza precedenti che si sta verificando al confine tra i due paesi dell’Asia occidentale.
Per il momento, solo settemila rifugiati sono stati trasferiti nei campi di emergenza, mentre migliaia di essi sono ancora in attesa di essere registrati alla frontiera; per di più, l’afflusso non ha mostrato segnali di rallentamento. Alan Paul, leader dell’organizzazione Save the children, lo ha definito un “esodo senza precedenti”, spiegando che la preoccupazione principale sta nel fatto che la maggior parte dei profughi, in particolare donne e bambini, si trovano ancora stipati alle frontiere o nei centri di emergenza con un accesso limitato ai servizi di base.
Nel corso dei due anni, la guerra non ha avuto gravi conseguenze per le comunità curde in Turchia e nel nord dell’Iraq. Finora, la maggioranza di curdi siriani ha scelto la via della netraulità, allontanandosi da entrambe le parti in conflitto e riuscendo in tal modo a preservare la tregua nel nord-est siriano. Difatti, le crescenti tensioni degli ultimi mesi tra i i ribelli che lottano contro il governo di Bashar Al-Assad e la milizia curda sono la causa principale dell’emergenziale fuga di persone dalle regioni settentrionali della Siria, tra cui Efrin, Aleppo, Hasseke e Qamishly.
Queste aree rappresentano un corridoio vitale, soprattutto per i jihadisti provenienti dall’Iraq, che negli ultimi tempi stanno assumendo un ruolo chiave nelle zone desertiche della Siria che confinano con la Provincia irachena di Anbar, dove a tutt’oggi sta imperversando una rivolta sunnita. L’obiettivo del “Fronte di Jahbat Al-Nusra”, diramazione irachena di Al-Qaeda, è quello di impadronirsi dei territori curdi per renderli parte di un grande emirato islamico che i jihadisti stanno cercando di edificare.
Secondo i dati dell’ONU, prima del recente esodo l’Iraq avrebbe ospitato quasi 155mila rifugiati. La regione curda irachena ha stanziato finora una somma di venti milioni di dollari per i profughi, ma richiederà un ulteriore contributo da parte delle Nazioni Unite e del governo federale dell’Iraq. “La regione del Kurdistan sta registrando un enorme afflusso di rifugiati; questa dovrebbe essere una preoccupazione internazionale, oltre che del governo iracheno”, ha affermato Dindar Zebari, vice direttore del dipartimento curdo-iracheno per gli affari esteri.
All’inizio di agosto, un gruppo di militanti del Fronte di al-Nusra hanno massacrato 450 civili, tra cui 120 bambini, nella città di Tal Abyad nei pressi del confine turco-siriano. All’indomani di questa carneficina non si sono fatte attendere le reazioni d’indignazione, tra cui quella del Presidente del Governo Regionale Curdo (KRG) Massoud Barzani, che ha ipotizzato un possibile intervento per proteggere i curdi siriani nella loro lotta contro i jihadisti. Tuttavia, sia Barzani che gli altri leader preferiscono rimanere cauti per evitare di essere trascinati in una crisi che potrebbe assumere conseguenze significative per tutte e tre le comunità curde transfrontaliere, così come per i curdi in Iran.
Nel frattempo, i combattimenti si sono intensificati sulla costa siriana, dove le forze pro-governative riportano di aver respinto un’offensiva ribelle nel cuore della setta alawita del presidente Assad. L’offensiva dei ribelli è stata guidata da combattenti jihadisti stranieri e si è estesa per un raggio di 19 chilometri da Qardaha – città natale di Bashar al-Assad, nonché luogo di sepoltura di suo padre Hafez al-Assad. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, un’organizzazione britannica con sede in Siria, le forze pro-Assad avrebbero ripreso il controllo di nove villaggi alawiti e al momento stanno lottando per riconquistare due roccaforti che sono ancora nelle mani dei ribelli.
@Giacomo Fidelibus