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Continuare sino alla fine

Da Marcofre

Per chi e che cosa scrivo? Per il pubblico? (…) esso è incolto, maleducato.

Lo scrive Anton Cechov. Sia chiaro: lo scrittore russo non aveva molta stima nemmeno dei critici. È un tratto abbastanza comune di certi autori, quelli che lasciano il segno nella letteratura: non riescono ad avere un buon rapporto con gli altri.

Critica e pubblico sono entità verso le quali si hanno atteggiamenti ambivalenti. Si disprezzano o si amano, e pare impossibile avere nei loro confronti una giusta distanza.

Non deve sorprendere, poiché un autore non è mai il prodotto di quanti lo hanno preceduto, ma è se stesso, nel bene o nel male. Per questo non riesce ad avere mai le idee chiare sul proprio talento, e su cosa lo spinge a scrivere.

Si potrebbe credere che se uno la pensa così, non dovrebbe nemmeno scrivere. Sembra avercela col mondo intero e niente gli va a genio. Di solito è proprio così, vale a dire niente gli va a genio proprio perché ce l’ha col mondo intero.

Che diavolo è l’arte? Nessuno può dirlo con certezza: o forse sì. È talmente abusato come concetto, che ribadire quello che scriveva zia Flannery O’Connor (qualcosa che abbia valore ed efficacia), è rivoluzionario. Perché parte dal presupposto che non tutto abbia valore, e che ci siano dei valori tali solo in apparenza.

Sembra una cosa da niente in effetti. Ma se lasciamo riposare questo pensiero nella nostra testa per, diciamo, quindici minuti, ci rendiamo conto che abbiamo a che fare con un congegno a orologeria.

Che scoppierà.

L’ideuzza che tutto sia arte, che basta avere della buona volontà, ed è fatta, è una delle malattie più perniciose di questi ultimi decenni. Se al contrario si ricomincia da quello che conta, appare abbastanza evidente che è necessario fare delle distinzioni, stabilire una gerarchia. La stessa letteratura che conta non è un minestrone, bensì il risultato di scelte, criteri.

Che possono dispiacere, o essere detestate con cordialità. Ma nessuno con una precisa idea della parola è davvero capace di combinare qualcosa in grado di restare se non fa ordine. Questo dentro; questo fuori perché non vale niente.

E Cechov, poveraccio? Ho esordito con un suo pensiero, e dove siamo andati a parare?
Il punto è che allora come oggi il vero autore è qualcuno che non è amato molto dal pubblico, e ricambia della stessa moneta il suddetto pubblico.

Vede la realtà per quello che è e la racconta, ed ecco che la sua fatica viene ignorata, producendo un magnifico fiasco. Oppure col travisamento; perché i lettori capaci, si sa, sono rari. Il più delle volte succede che si legge e non si comprende.

Certo, va bene pure quello, ci mancherebbe altro. Lo sconforto assale però perché ci si ammazza di lavoro quando altri, con niente, raggiungono le vette. Cechov cercava un po’ di giustizia quando scriveva queste parole; forse era sconfortato. Però niente gli ha impedito di continuare nel suo mestiere, sino alla fine.


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