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Contraffare un amore

Creato il 28 febbraio 2011 da Andreapomella

Contraffare un amoreLa veranda del ristorante è affacciata sul lago. È un giorno di sole, ma la temperatura è fredda e il vento fischia forte, scompagina le acconciature delle signore a passeggio e costringe i ragazzi in sosta sui relitti dei pedalò ad alzare i baveri dei giubbotti. La cameriera mi serve un piatto di anguilla. Al tavolo accanto al nostro siede una coppia. Sono due ragazzi sui vent’anni, lei è grassa, straordinariamente grassa, spilucca nella frittura di pesce facendo smorfie piagnucolose, come a far tacere i sensi di colpa, o la sua incapacità di trattenersi anche in occasione di un appuntamento così importante, la sua prima uscita con un ragazzo che dimostra di avere un qualche interesse nei suoi confronti. Lui al contrario sembra annoiato, frustrato, non ha toccato quasi cibo, tiene lo sguardo costantemente appiccicato al vetro, osservando la superficie increspata del lago. Il ragazzo ha la faccia pulita e magra, un paio di occhiali ferocemente fuori moda, non parla, e se lo fa si limita a poche parole sussurrate. Il pranzo della coppia scorre in una monotonia agghiacciante, lei non fa altro che ridacchiare sotto i baffi e mangiucchiare nel piatto, nel suo e in quello di lui. Immagino che stia pensando al momento in cui si ritroverà al cospetto delle sue amiche e dovrà fare il resoconto di questo appuntamento, forse sta già scegliendo con cura le parole, le frasi ad effetto, per dissimulare questo lasso di tempo vuoto, magari per contraffare un sorriso svogliato di lui e farlo passare per un bacio appassionato. Osservarli mi procura una sensazione di freddo intenso. Quando al loro tavolo arriva il conto vorrei che fosse lui a pagare. Invece il ragazzo si alza e chiede indicazioni per la toilette. Lei rimane seduta a catturare con la punta delle dita le ultime briciole rimaste nella cesta vuota del pane, poi quando non c’è più niente da portare alla bocca afferra il foglietto col conto e lo guarda in controluce. Passano i minuti, e lui ancora non si vede. Lei sbuffa, prende la borsetta da sotto il tavolo e chiama la cameriera, conta i soldi in un modo ostentatamente infantile e paga. Quando il ragazzo torna è già tutto sistemato. Lui le fa: “Hai chiesto il conto?”. Lei annuisce: “Ho già pagato”. Ora mi aspetto che lui faccia un gesto, una smorfia di disapprovazione. Invece se ne sta lì impalato, tace, mentre lei raccoglie le sue cose e si infila il cappotto marrone. Escono. Ma c’è un’ultima cosa che fanno prima che li veda sparire dietro la curva del lago. Lei, con un gesto furtivo, tenta di prendergli la mano, ma lui la ritrae, stringe i pugni in tasca, tira dritto socchiudendo gli occhi. Poi mi dimentico di loro, come ci si dimentica di tutte le infelicità del mondo.


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