Conziglio di lettura. Harold, di Einzlkind, Nottetempo.
Harold ha quarantanove anni, come hobby conta le foglie degli alberi e una volta al mese, mai di martedì e mai dopo le 21, inscena il suicidio perfetto. Melvin di anni ne ha undici, ha imparato a memoria 1238 libri, parla correntemente 7 lingue ed è fruttariano. Costretta a una trasferta di lavoro, la mamma di Melvin affida per un’intera settimana il figlio ad Harold, la cui vita comoda e deprimente va in mille pezzi. Dopo due giorni di avventure scapestrate, tra corse dei cavalli, risse in bar di periferia e un’overdose di LSD, Melvin coinvolge Harold nel suo vero piano: ritrovare il padre che non conosce tra i cinque uomini che in tutta la Gran Bretagna rispondono al nome di Jeremiah Newsom. Un susseguirsi di colpi di scena, battute e situazioni surreali.
Ecco l’incipit, che potete continuare a leggere qui
“Giovedí
Harold pensava che alla morte della madre avrebbe ereditato la villa e che due volte a settimana si sarebbe impiccato nell’atrio. Non è andato oltre, nei suoi pensieri. Quando la madre morí, i soldi bastarono appena per pagare i debiti e, se zio Derringham non si fosse accollato come un valoroso eroe tutte le rogne burocratiche, chissà cosa ne sarebbe stato di Harold. Per fortuna zio Derringham riuscí a farsi intestare la casa d’affitto di Golborne Road, sistemando Harold al piano terra a condizioni vantaggiose. Intanto Harold ha imparato ad apprezzare la sicurezza, la rinuncia e l’eterno, talvolta addirittura l’armonia con se stesso e anche con la scritta sul suo grembiule, che recita:
Sono Harold. Cosa posso fare per Lei? Non è molto quello che Harold può fare per le persone che, a loro volta, non si aspettano molto. E in un giorno come oggi il tempo incide sull’animo della gente, anche perché dal cielo si abbattono fulmini che uccidono gli alberi. Si può solo sentire, non si vede niente. Quaggiú non ci sono finestre. È sempre stato cosí e nessuno si sarebbe mai aspettato altro scendendo nei sotterranei. La luce è artificiale, dal soffitto s’irradia nei corridoi, si riflette e si spezza, in alcuni
angoli scintilla solamente, in altri è accecante in modo sovrannaturale. Agli animali non importa poi molto, la luce non la vedono piú. Eppure il maiale ha ancora gli occhi. Brillano scuri nella testa rosea, sembra cosí sano e si direbbe quasi che sia ancora vivo, ma senza corpo non è mica possibile. Il corpo c’è ma è tagliato in piccoli pezzi, a fette o anche macinato. Deve avere un bell’aspetto, fresco e dai colori saturi, solo non deve luccicare, non farebbe un buon effetto sui clienti. Durante la pausa pranzo Harold può uscire, se ne ha voglia. Attraverso l’ingresso del personale, su per la piccola scala e poi per il cortile interno dove i rifiuti marciscono in contenitori grigi e i dipendenti che fumano assecondano il loro vizio. Harold cerca di evitare quel luogo, non per via dei gatti randagi e dei ratti che, quando si sentono inosservati, escono dagli angoli, dagli spigoli e dai buchi per saziarsi con qualche scarto non troppo avariato, ma piú che altro per via del nemico, che risponde al nome di Carol.
Del reparto formaggi.”
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(un ‘conziglio‘ di lettura è un consiglio+ronziglio, oppure un ronzare di consiglio ovvero sia un testo che frulla nella testa, torna e ritorna, e, soprattutto, una volta entrato non esce più. Di questo Harold basta leggere “conta le foglie degli alberi e una volta al mese, mai di martedì e mai dopo le 21, inscena il suicidio perfetto”, per aver voglia di proseguire).
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