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Siamo a New Delhi, ai nostri giorni: la famiglia del nuovo console canadese si è appena stabilita e si è vista assegnare la cuoca Stella (Seema Biswas). Fin qui tutto a posto: sennonché la mattina del primo giorno di lavoro, la donna si accorge che, nella coppia dei consoli, è lei, Maya (Lisa Ray), ad avere l'incarico, mentre lui, Michael (Don McKellar), è - per così dire - la moglie del console. La donna, dovrà dunque avere a che fare con un uomo in casa, con un uomo e la loro figlioletta Zara. Ma questo cucciolo di console ha anche esigenze e capricci infantili che la coppia e la cuoca non sono in grado di soddisfare, per cui viene assunta una tata, Tannu (la splendida Shriya Saran). Il punto è che Stella, eccellente cuoca, scelta da Michael come guru per apprendere la cucina indiana, arrotonda facilmente sfruttando le provvigioni consolari e la credulità di una famiglia molto ben disposta nei confronti dell'India e del mondo che incontrano.
È così che la presunta alleanza che sembra stabilirsi tra allievo cuoco e guru si tinge di beffa: Stella si serve anche del nipote Anthony (Vansh Bhardwaj) per circuire la sospettosa Tannu, al suo primo incarico e ancora vergine all'inganno. Tutto, in quest'India fantoccio, nella capitale di questa Nazione popolosa e senza regole ha l'aria di essere falso: dalla fede di Stella, con tutti i suoi gadgets, statue policrome e illuminate che delizierebbero Lady Gaga e Madonna, alla confessione fantoccio con un sacerdote che non ascolta e si taglia le unghia. Se i canadesi fanno la figura dei soliti americanastri ricchi e del tutto sprovveduti, gli indiani vi appaiono come il popolo con il quale tutto, prezzo e verità delle cose, va contrattato e strappato. L'incursione nel meraviglioso mercato indiano, di cui si sentono quasi gli aromi, è ciò che sta dietro quella cultura culinaria sopraffina fatta di dosaggi di tempo e di mille e mille ingredienti. Minato alla base, il rapporto tra guru e allievo ne esce più povero, a prova dello sguardo più smaliziato.
Cooking with Stella è un film a suo modo dissacrante, ma non è né un film di denuncia, né un film che voglia rivelare qualcosa. Girata con garbo, ma ahinoi, senza troppa attenzione alla fotografia, alle inquadrature e alle luci (attenzione che invece i luoghi e i volti avrebbero meritato), è una commedia politically correct che si fa guardare con piacere, scorre veloce, pulita, ricordo appannato sia di Bollywood che di Hollywood, che però funziona e intrattiene - diciamolo - con gusto.
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