Giusto per stare al passo con le uscite cinematografiche e recuperare su questo blog i film visti a Venezia, mi spiace scrivere che il primo film del fumettista Gipi, L'ultimo terrestre, è talmente trascurabile da non poter nemmeno scrivere che è una delusione. Sarebbe una delusione se fosse un fumetto venuto male (però potrebbe chiamarsi IMFVM), un video messaggio noioso, di quelli (divertenti e assurdi) che Gipi rilascia dal suo blog, o un brutto cortometraggio imbecille, di quelli che ha realizzato soprattutto qualche anno fa. E invece L'ultimo terrestre è un film venuto male perché non somiglia a nient'altro di Gipi: non potendo in fondo avere uno stile cinematografico, il fumettista alla moda e maître à penser si adatta alle direttive del produttore; ed essendo il produttore Procacci, gira come se fosse Sorrentino, leccato, lezioso e iperrealista, spacciando la copia per un'alternativa all'originale e imponendo un sentimento dell'assurdo spontaneo ma inevitabilmente di riporto. Purtroppo per Gipi, il cinema è una macchina, non una matita: e la sua ispirazione, magari anche sincera, si disperde nelle imposizioni della produzione e nella convinzione della Fandango di fare cinema artistico perché usa parecchio il carrello con il braccio mobile, la fotografia contrastata e le inquadrature di spalle dei personaggi. L'ultimo terrestre è interessante: ma solo come esempio di cinema-copia carbone, con un'anima splendente ma finta.
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Giusto per stare al passo con le uscite cinematografiche e recuperare su questo blog i film visti a Venezia, mi spiace scrivere che il primo film del fumettista Gipi, L'ultimo terrestre, è talmente trascurabile da non poter nemmeno scrivere che è una delusione. Sarebbe una delusione se fosse un fumetto venuto male (però potrebbe chiamarsi IMFVM), un video messaggio noioso, di quelli (divertenti e assurdi) che Gipi rilascia dal suo blog, o un brutto cortometraggio imbecille, di quelli che ha realizzato soprattutto qualche anno fa. E invece L'ultimo terrestre è un film venuto male perché non somiglia a nient'altro di Gipi: non potendo in fondo avere uno stile cinematografico, il fumettista alla moda e maître à penser si adatta alle direttive del produttore; ed essendo il produttore Procacci, gira come se fosse Sorrentino, leccato, lezioso e iperrealista, spacciando la copia per un'alternativa all'originale e imponendo un sentimento dell'assurdo spontaneo ma inevitabilmente di riporto. Purtroppo per Gipi, il cinema è una macchina, non una matita: e la sua ispirazione, magari anche sincera, si disperde nelle imposizioni della produzione e nella convinzione della Fandango di fare cinema artistico perché usa parecchio il carrello con il braccio mobile, la fotografia contrastata e le inquadrature di spalle dei personaggi. L'ultimo terrestre è interessante: ma solo come esempio di cinema-copia carbone, con un'anima splendente ma finta.
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