I capi di abbigliamento con la bandiera americana sono sempre più una questione di estetica e sempre meno un indice di gradimento di una filosofia.
Forse ciò che gli Stati Uniti rappresentano, il sogno americano, l’assoluta grandezza e libertà si stanno schiacciando sotto il peso di una politica estera discutibile, portata avanti in modo più o meno marcato, ma decisamente per troppo tempo.
In quest’ultimo mese Washington ha raccolto ciò che ha seminato negli anni 50 in Corea.
Il regime nordcoreano lancia l’ultima delle sue provocazioni e la Corte Suprema condanna un cittadino americano,Kenneth Bae, a 15 anni di lavori forzati per “crimini contro lo Stato”, ancora non ben identificati. Si pensa che la guida turistica, arrestata il 3 novembre scorso, fosse in possesso di foto con bambini affamati e sofferenti e che avesse l’intenzione di rovesciare il regime. Un’ulteriore carta che i Nordcoreani useranno come merce di scambio nelle trattative.
Resta ancora ignoto invece il perché dell’attacco a Boston da parte dei due fratelli Tsarnaev, di origine cecena. Sono stati arrestati altri tre studenti: Dias Kadyrbayev e Azamat Tazhayakov, kazaki, e Robel Phillippos, statunitense. Sembrano aver preso dalla stanza del piccolo Tsarnaev un computer e uno zaino pieno di fuochi d’artificio privati dell’esplosivo. Il loro tentativo di nasconderli li fa accusare di false dichiarazioni, cospirazione e intralcio alla giustizia.
L’attentato del 15 aprile, con un bilancio di tre morti (tra cui un bambino di otto anni) e 260 feriti, ha assestato un nuovo colpo alla presidenza Obama, che già sta lottando strenuamente con il Congresso per diverse questioni.
Infatti, al di là della condizione economica non proprio rosea, il mondo guarda agli USA in questi giorni per due ragioni: l’esito della battaglia sulle armi e la prigione di Guantanamo. Argomenti non nuovi ma nuovamente oggetto delle discussioni interne. E non possiamo non constatare di come il NO secco del Senato all’obbligo di registrazione e alla vendita controllata di armi sia stato in qualche modo influenzato dagli eventi di Boston, convincendo i più incerti. Una battaglia che sembrano avere vinto le lobby, che organizzano delle vere proprie campagne pro armi, a dispetto della piccola Caroline Starks (anni 2), rimasta pochi giorni fa vittima di una pallottola sparata per sbaglio da suo fratello (anni 5) con un fucile che gli era stato regalato per Natale. Un calibro 22 la cui reclame recitava “il mio primo fucile” con la faccia di un bambino sorridente, ha rovinato l’ennesima vita di una famiglia in America.
Il braccio di ferro continua anche sulla questione Guantanamo: Obama preme per il trasferimento dei detenuti e per la chiusura, il Congresso non pare avere nessuna intenzione di stanziare dei soldi per trasferire i detenuti. Cento di questi su 166 intanto fanno lo sciopero della fame per protestare contro i trattamenti inumani posti in atto nella prigione: molti dei prigionieri, sospetti terroristi, non hanno mai affrontato un processo e non hanno mai ricevuto formali accuse. La richiesta del personale medico della prigione è aumentato, alcuni detenuti vanno nutriti a forza e i tentativi di suicidi sono aumentati.
Tutto ciò non giova all’immagine di una potenza mondiale di indiscutibile grandezza, ma che si accartoccia per lasciare spazio ai nuovi equilibri mondiali. Sperando solo che nel farlo non accartocci diritti umani propri e altrui.
articolo di Sara Martinetto.