Tratto dal romanzo autobiografico di Augusten Burroughs (pubblicato n Italia dalla Alet edizioni nel 2004), Correndo con le forbici in mano è l’esordio cinematografico dell’autore cult Ryan Murphy, geniale ideatore della serie TV Nip/Tuck, vincitrice nel 2005 del Golden Globe come miglior prodotto televisivo drammatico.
“Augusten Burroughs ha un padre assente e alcolizzato e una madre ossessionata dalla scrittura e dal proprio subconscio creativo. Dopo la loro drammatica separazione, Augusten viene dimenticato e parcheggiato nella casa del dottor Finch, l’originale quanto folle psichiatra della madre. L’uomo, che pratica la scienza della psichiatria come fosse un’alchimia, esercita sui propri pazienti un forte ascendente. Derubata dei beni e della salute, Deirdre Burroughs lascia che il dottor Finch adotti Augusten”
Murphy, secondo la propria poetica intrisa di cultura pop anni ’70 ed ’80, costruisce un queer drama dai toni esplicitamente grotteschi non dissimili dagli elementi che hanno reso celebre le sue prove televisive: fotografia raffinata priva di toni pastello, attenzione maniacale ai dettagli scenografici, uso funzionale di brani musicali – più o meno noti – per l’identificazione di personaggi ed eventi, eccellente sensibilità nel definire originali alchimie nel cast artistico. Ottimi presupposti, se non fosse che i 116’ della pellicola condensano, male e confusamente, il romanzo di riferimento: se i volti rendono appieno la folle umanità che ha gravitato attorno a Burroughs (stupefacenti soprattutto Annette Bening ed Alec Baldwin, nel ruolo dei genitori del protagonista), il resto della vicenda scorre attraverso simpatiche sequenza isolate, incorniciate appunto come episodi di una bizzarra serie TV. L’amalgama narrativo è irrimediabilmente assente, come è improprio l’aver epurato la storia dei momenti più torbidi della vita di Augusten (si pensi solo che il suo impatto con il dr. Finch avviene nel libro ha quindici anni, nel film l’attore Joseph Cross ne ha venti!).
Resta una prova registica efficace ed un’attenta direzione del cast, in un progetto che rispetta solo a metà le premesse artistiche.
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