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Corsi di scrittura (online e non): ci servono davvero? Parte seconda.

Creato il 18 febbraio 2014 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
UNT Writing Lab

Non so se ricordate, ma circa un paio di anni fa, in quel di Firenze e sotto l’egida dell’allora sindaco, tal Matteo Renzi sbocciò l’idea di un Festival dell’Inedito, aperto a tutti gli esordienti. Garantivano la serietà dell’evento fior di intellettuali, ricchi sponsor e importanti case editrici; nonostante l’impegno profuso,  il Festival neppure nato è precocemente affondato a causa di pareri contrari manifestati con “toni così accesi e contrari da provocare sconcerto”. Eh sì, i toni si sono accesi –come comunica il sito prontamente chiuso- perché per partecipare con i propri manoscritti all’evento erano richieste sommette non esigue per aver in cambio un cartoccetto di aria fritta. Ben condita, ma aria.

Come dicevamo ieri nella prima parte infatti, la smania di scrivere colpisce moltissimi di noi, e quindi la possibilità di guadagno sulle spalle di questa vanesia quanto prolifica fetta di mercato è altissima e i corsi, i laboratori, le scuole di scrittura, online e non, innumerevoli.

Tralasciando per ora il puro mercimonio, dovremmo –voi ed io, quelli che scrivono- farci una domanda: ci servono questi corsi?

Partiamo da un assunto: scrivere è una forma di comunicazione. Italo Calvino confessa che “la scrittura è il modo in cui riesco a far passare delle cose attraverso di me”, quindi lo scrittore è con le sue parole un filtro e nello stesso tempo un aggancio alla realtà. Ognuno di noi possiede il proprio “filtro”, un’originalità intrinseca che non deve essere snaturata, ognuno ha una voce, uno stile, per quanto grezzo. Può un corso di scrittura –e deve- interferire con la voce dell’allievo? Non dovrebbe no, ma non dobbiamo dimenticare che il nostro eventuale tutor è egli stesso uno scrittore, e nessuna patente certifica che effettivamente sia migliore di chi lo segue. Il corso dovrebbe invece fornire gli strumenti tecnici, studiando i generi e le caratteristiche delle forme narrative, perché la voce del novello scrittore riesca ad esprimersi al meglio.

È una mia opinione, ovviamente, del tutto contestabile. Ma immaginiamo un maestro di canto dal registro tenorile che cerchi di portare il suo allievo baritono su note non congeniali: lo sforzo contro natura produrrebbe solo danni al malcapitato. Un bravo maestro può invece fornire gli strumenti corretti ed educare l’allievo all’uso del proprio registro, ottenendo la maggior parte delle volte (lo sottolineo) ottimi risultati.

Quindi, corsi di scrittura creativa dove gli insegnanti siano in grado di comprendere le potenzialità del singolo allievo, fornendogli gli strumenti adatti perché queste potenzialità si accrescano e trovino il modo per esplodere in una scrittura originale. Cosa non evidente, visto che anche il docente è uno scrittore, con la sua formazione e i suoi gusti: per intenderci, è difficile imparare lo sviluppo del romanzo da Alice Munro quanto apprendere l’arte del racconto umoristico da Philip Roth.

Anche se, lo ammetto, se mi capitassero la Munro o Roth sottomano, io starei ad ascoltare beatamente ogni parola, qualunque cosa vogliano insegnarmi, anche l’uncinetto. Ma so che questo non garantirebbe comunque la riuscita di un mio scritto, né ovviamente la sua pubblicazione. Anzi, negli Stati Uniti, dove i corsi post-universitari di scrittura creativa -tenuti da scrittori di rilievo-  sono fioriti da più di un secolo, l’accusa è di produrre soltanto scrittori di buon livello che non pubblicheranno mai e che finiranno per insegnare in corsi di scrittura creativa ad altri scrittori che non pubblicheranno, in un circolo decisamente vizioso. È per questo motivo che avevo sottolineato “la maggior parte delle volte”: nessuno può garantirci, neanche dopo aver frequentato i migliori corsi di scrittura, la pubblicazione.

Né dobbiamo pensare che seguire laboratori o corsi di scrittura possa significare avere agganci con case editrici: i docenti, i tutor sono scrittori anch’essi e il loro rapporto con una o più case editrici non è quello di un editor. Non selezionano scritti né li propongono: smettiamo quindi di inviare a questo o quello scrittore famoso (o presunto tale) scritti non richiesti. Quello che il malcapitato può fare, se ci va bene, è trovare una risposta cortese per rifiutarsi di leggere.

Alla fine di questo nostro ragionamento, ci ritroviamo alla domanda di partenza: ci servono questi corsi? In linea teorica, e con le dovute consapevolezze e cautele, direi di sì: se –poniamo-  volessi farmi un vestito da una stoffa che ho nell’armadio, sarebbe auspicabile che io acquisisca nozioni di taglio e di cucito. Resta inteso che il modello lo decido io, io manovro la macchina da cucire, applico bottoni e scelgo rifiniture. E se nessuno poi vorrà indossarlo, il risultato di tanto mio amorevole impegno? Chissà se esistono indossatori a pagamento…

p.s. Attendo suggerimenti, esperienze, opinioni sui corsi e scuole online per la terza e ultima parte. Su, su…coraggio.


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