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Cosa c’è dietro i numeri sulla disoccupazione

Creato il 04 febbraio 2015 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Non c’è bisogno di essere dei fini economisti per capire cosa voglia dire il termine “disoccupazione”. Ciascuno di noi purtroppo può averne avuto esperienza diretta, oppure aver parlato con un amico o un parente che (solitamente) si è lamentato di subirne gli effetti. Secondo il vocabolario, si tratta della “mancanza permanente o temporanea di un lavoro retribuito, dovuta a cause indipendenti dalla volontà del soggetto privo di occupazione” (e allora in quel caso si parla di disoccupazione involontaria), “oppure al rifiuto di un lavoro ritenuto inadeguato alle proprie condizioni fisiche, sociali e morali” (la disoccupazione volontaria) (Qui la definizione dell’Encliclopedia Treccani). Quel che più conta, nel mondo sempre connesso e delle news 24 ore su 24, è districarsi nel flusso di numero e dati da cui siamo continuamente investiti, compresi quelli sulla disoccupazione. 

Alla fine della scorsa settimana, per esempio, l’Istat ci ha ricordato che a dicembre il tasso di disoccupazione in Italia è sceso al 12,9%, dal 13,4% che era stato raggiunto a novembre (Qui il comunicato dell’Istat). Il tasso di disoccupazione è uguale al rapporto tra il numero dei disoccupati e quella che viene chiamata “forza lavoro”, cioè la somma di occupati e disoccupati; il suo calo equivale a una buona notizia, verrebbe da dire spontaneamente. Una riflessione più approfondita, però, è utile; quel tasso di disoccupazione strombazzato dai media, infatti, ci racconta soltanto una parte della storia. Vediamo perché. 

IL CONFRONTO CON I PAESI EUROPEI

In primo luogo, è sempre utile confrontare il tasso di disoccupazione italiano con quello di paesi limitrofi, europei in primis. La media del tasso di disoccupazione nell’Eurozona, sempre a dicembre, è dell’11,4%, quindi un punto e mezzo percentuale in meno che nel nostro paese. La prima economia della moneta unica, la Germania, ha un tasso di disoccupazione bassissimo, al 4,8%; la seconda economia, la Francia, è al 10,3%; poi appunto arriva l’Italia con il suo 12,9%. C’è chi sta peggio, ovviamente, parliamo di paesi come la Grecia (25,8%) e la Spagna (23,7%). Per ricapitolare: per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, come italiani siamo messi peggio della media europea ma non siamo gli ultimissimi delle classe.  

MEGLIO GUARDARE ALL’OCCUPAZIONE CHE ALLA DISOCCUPAZIONE?

In seconda battuta, occorre sottolineare di nuovo che il tasso di disoccupazione è uguale al rapporto tra il numero dei disoccupati e quella che viene chiamata “forza lavoro”, cioè la somma di occupati e disoccupati. Secondo l’Istat, “disoccupato” è chiunque non abbia un lavoro retribuito in quel preciso istante ma abbia dimostrato concretamente di cercarlo. Questo vuol dire che chi è talmente scoraggiato da non cercare nemmeno più un lavoro non è più conteggiato nella forza lavoro, rientra semplicemente nella categoria degli “inattivi”. Il problema dunque è che gli “inattivi” possono crescere di numero durante la crisi, anche se il tasso di disoccupazione (cioè il rapporto tra disoccupati e la forza lavoro) continua a scendere. Ecco perché guardare soltanto al tasso di disoccupazione può risultare fuorviante. Un indicatore sempre più rilevante cui guardano gli economisti è perciò il “tasso di occupazione”, cioè il rapporto tra gli occupati e tutta la popolazione che teoricamente avrebbe l’età per lavorare. Il tasso di occupazione italiano è al 55,7%, appena lo 0,3% in più rispetto a un anno fa. Cosa vuol dire in concreto? L’Eurostat, per consentire paragoni tra Paesi diversi, calcola il tasso di occupazione nella fascia d’età 20-64 anni, che si ottiene dividendo il numero di persone che lavorano tra i 20 e i 64 anni per il numero di persone totale di questa fascia d’età. Dai dati Eurostat emerge che appena 6 italiani su 10 di un’età compresa tra i 20 e i 64 anni lavorano; nella stessa fascia d’età lavorano 7 francesi su 10 e quasi 8 tedeschi su 10.

POI CI SONO I NUMERI: CHIARI, SEMPLICI MA ALLARMANTI

Finora ci siamo occupati di percentuali, ma maneggiare alcuni dei numeri assoluti su occupati e disoccupati rimane pur sempre utile. Alla fine del 2014, in Italia, l’Istat calcola che ci fossero 22,4 milioni di occupati, 3,3 milioni di disoccupati e 14,1 milioni di inattivi (cioè di persone che non hanno un lavoro e nemmeno lo cercano). 3,3 milioni di disoccupati non sono pochi, si vede a occhio nudo. Ma quel che è ancora più grave è che, dal 2007 a oggi, cioè dall’anno in cui la crisi economica ancora non era scoppiata al momento in cui si comincia a vedere una timida ripresa, questo numero è aumentato di quasi 2 milioni di persone. E’ come se nel giro di 7 anni un’intera metropoli nel nostro paese avesse smesso di lavorare. Sono numeri come questi – chiari, semplici ma allarmanti – a darci l’idea di quanta strada debba ancora fare l’Italia per risolvere il dramma della disoccupazione.

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