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Cosa dice il referendum/2

Creato il 14 giugno 2011 da Fabio1983
L’esito di questa campagna elettorale permanente è stato molto più chiaro a destra che a sinistra, nel senso che il centrodestra non può non prendere in considerazione le scoppole rimediate alle amministrative e subito dopo al referendum. Dall’altra parte della barricata, invece, la situazione, nonostante il clima euforico, è ancora più complessa. Bersani in queste settimane ha potuto, a ragione, recitare il ruolo del trionfatore. Ma se c’è un personaggio che esce ulteriormente fortificato dalle consultazioni di maggio e giugno, quello è Antonio Di Pietro. Soprattutto dopo il referendum. Intendiamoci: all’indomani dei risultati di Milano e Napoli si guardava al quorum come strumento necessario per la spallata decisiva. Anche Di Pietro era caduto nel tranello, ma in extremis ha avuto il buonsenso di incentivare piuttosto un voto utile per il nostro futuro (nella consultazione popolare il noi ha avuto la meglio sull’io, dicono gli esperti di queste cose). E ieri, in aggiunta, è parso “responsabile” come poche altre volte in passato. Mentre Bersani ne approfittava per chiedere la testa del Cav, il leader dell’Idv si impegnava a contemplare l’idea di costituire una valida alternativa di governo. Di Pietro è stato più incisivo di Bersani in questo senso. Ovvio che il segretario del Pd, dato il maggiore peso del suo partito, può (e deve) guardare oltre. Ma chiedere le dimissioni serve a poco, adesso: Berlusconi non le rassegnerà tanto facilmente. Il Pd ora deve battere il ferro finché è caldo, tentando di avanzare proposte programmatiche credibili ed evitando, da adesso in poi, particolari voli pindarici. Perché, diciamolo francamente, su alcune materie ci si è accodati giusto in tempo. Le condizioni favorevoli stavolta c’erano tutte, ma non sempre (in virtù, anche, di una evidente crisi dei partiti) potrà risultare una strategia premiante.

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