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Cosa Nuova. L'Aspromonte, l'ottavo colle di Roma

Creato il 15 febbraio 2012 da Andreaintonti
Cosa Nuova. L'Aspromonte, l'ottavo colle di RomaRoma Nuovo appuntamento con il nostro approfondimento sulla guerra che in questi mesi si sta combattendo tra le mafie nella capitale (a fondo pagina l'elenco delle puntate già pubblicate).
Partiamo, innanzitutto, da quella che appare come una vera e propria conferma a quello che ipotizzavamo nel primo articolo di questo lungo approfondimento[1] quando ci chiedevamo se, per i trentatré morti ammazzati del 2011 – ai quali vanno già aggiunti più di dieci morti in questa manciata di giorni del 2012 – si dovesse parlare di criminalità di basso profilo, di “cani sciolti” come li chiamava qualcuno o se, al contrario, quei morti facessero parte di una guerra “organizzata” tra le organizzazioni criminali presenti sul territorio romano. La conferma di quest'ultima ipotesi, dicevamo, è arrivata nei giorni scorsi non solo dai grandi media (Presa Diretta di Riccardo Iacona su tutti[2]) ma anche a livello istituzionale, con il trasferimento dei due uomini che in questi ultimi quattro anni hanno tentato di tagliare la testa alla “Piovra” calabrese, cioè Renato Cortese, ex capo della Mobile di Reggio Calabria e, soprattutto, il giudice Giuseppe Pignatone, sul quale pende una duplice ipotesi: da un lato quella della “promozione” per il lavoro svolto a Reggio in questi anni, dall'altro il trasferimento in altra sede di chi, quel lavoro, lo stava facendo troppo bene (sul modello della decisione del Csm tra i giudici Antonino Meli e Giovanni Falcone[3]). Per capire quale delle due ipotesi sia quella valida, non resta che aspettare di conoscere il nome del suo sostituto.
B come...sequestro. Nell'attesa ci spostiamo da Roma e dalla Calabria per trasferirci in Sicilia, precisamente a Catania, terra di “cavalieri”[4], di mafia e di Pippo Baudo. Cosa c'entra Baudo con l'arrivo delle mafie a Roma? «Un giorno un tizio di Platì mi offrì un miliardo per partecipare al sequestro del noto presentatore televisivo Pippo Baudo. Io dovevo portarlo al primo benzinaio dell'autostrada Reggio Calabria-Salerno». A parlare, di fronte ai giudici (come poi riporteranno nei giorni successivi i giornali[5]) è Claudio Severino Samperi, pentito ed affiliato al clan dei Santapaola, conterranei del presentatore. Sarebbero stati proprio loro, con il boss Nitto in testa, ad opporsi al suo rapimento da parte di quella che, all'epoca dei fatti – i primi anni Novanta – veniva chiamata ancora “Anonima sequestri”. «Dopo aver interrotto i rapporti con Berlusconi neanche avrei potuto pagare», dirà il presentatore in un intervista rilasciata per il quotidiano “La Sicilia” del suo amico e socio Mario Ciancio Sanfilippo, da tempo ormai considerato uno di quegli uomini che, nel catanese, ha raccolto l'eredità di personaggi come Francesco Finocchiaro, Gaetano Graci, Carmelo Costanzo e Mario Rendo, che Giuseppe Fava, in un articolo pubblicato sulla rivista “I Siciliani” aveva ribattezzato “I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa”[6].
Insomma, Baudo è intoccabile. Stando almeno alle ricostruzioni di pentiti e giornalisti all'epoca. Ma quello, per l'”Anonima” non è solo un sequestro. O, quanto meno, non è un sequestro come gli altri. Più che un sequestro, infatti, quella è un'autorizzazione a procedere. Ma i catanesi dicono che no, la Sicilia non è terra di rapimenti. Quello è l'Aspromonte, in Calabria. È da lì che parte la 'ndrangheta. Sono più di duecento, tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Novanta, i sequestri di 'ndrangheta (su un totale di oltre cinquecento sequestri fatti in quel periodo in Italia[7]). In quegli anni arrivano più di quattro miliardi dal rapimento dell'industriale napoletano Carlo De Feo[8], rapito agli inizi del 1983 a Casavatore e rilasciato nelle campagne di Oppido Mamertina, Reggio Calabria, nel febbraio dell'anno successivo; altri cinque arrivano dal sequestro di Carlo Celadón[9], allora ventenne vicentino tenuto in ostaggio per quasi due anni. Con i soldi del rapimento di John Paul Getty III[10], nipote di Jean Paul Getty, fondatore della compagnia petrolifera americana “Getty Oil” a Bovalino, a Reggio Calabria, ci tirano su direttamente un quartiere. “Quartiere Paul Getty” lo chiamano, con non poco disprezzo, i reggini.
Con quei soldi le 'ndrine iniziano a creare il loro impero. Droga, edilizia, movimento terra, pale meccaniche, betoniere. Nella capitale ci erano già andati per il rapimento di Paul Getty III, ma è con questi mezzi che le 'ndrine iniziano a modificare il loro accento, passando dal calabrese al romano.
Puntate precedenti
parte 1: Roma, finita la pax di "Cosa Nuova"?
parte 2: Roma, aperto il "laboratorio Cosa Nuova". Dagli anni Settanta
parte 3: Diplomazia criminale firmato Cosa Nuova
parte 4: Cosa Nuova. Canta Napoli e Roma risponde (col botto)
parte 5: Michele Senese, il "puparo" con l'accento napoletano
(6 - Continua)

Note

[1] http://senorbabylon.blogspot.com/2012/02/roma-finita-la-pax-di-cosa-nuova.html;
[2] MalaRoma, Presa Diretta, 5 febbraio 2012;
[3] Antonino Meli 14 voti, Giovanni Falcone 10. (19/1/1988: il resoconto della seduta del Consiglio superiore della magistratura), http://digilander.libero.it/inmemoria/;
[4] I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa, di Giuseppe Fava, I Siciliani, 1 gennaio 1983;
[5] I boss volevano arruolare Baudo , di Alfio Sciacca, Corriere della Sera, 29 dicembre 1993;
[6] Ma è possibile liberarsi dalla mafia a Catania?, di Mimmo Cosentino, terrelibere.org, 4 giugno 2007;
[7] Il triangolo di Platì, di Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli, tratto da "Metastasi";
[8] Una nuova cosca ha rapito De Feo di Pantaleone Sergi, La Repubblica, 13 giugno 1984;
[9] Celadon, ostaggio dimenticato, La Repubblica, 31 dicembre 1989;
[10] http://it.wikipedia.org/wiki/John_Paul_Getty_III

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