A dire il vero poco. Qualche insulto tra diversi esponenti politici, soprattutto tra quelli della maggioranza. E l’inchiesta del Giornale sul caso Fini-Tulliani e l’appartamento a Montecarlo. Ieri Camelot ha postato un articolo di Vittorio Feltri risalente al 1990. Ecco cosa scriveva sull’Europeo il direttore del Giornale a proposito di Berlusconi: “Il dottor Silvio di Milano 2, l’amico antennuto del Garofano, pretende tre emittenti, pubblicità pressoché illimitata, la Mondadori, un quotidiano e alcuni periodici. Poca roba. Perché non dargli anche un paio di stazioni radiofoniche, il bollettino dei naviganti e la Gazzetta ufficiale, così almeno le leggi se le fa sul bancone della tipografia?”.Il giornalismo cambia (ne parlavano questa mattina a Omnibus La7, tra gli altri, Bechis, Tito e Polito). E come cambia il giornalismo, cambiano anche i giornalisti. Sembra un percorso talvolta inevitabile. Però quella attuale del Giornale è un’inchiesta a tutti gli effetti ed ha un suo valore. Che piaccia o meno. Il problema sta nel dietrologismo obbligato. È un anno che Feltri le promette a Fini. Ricordo di quell’attenti rivolto al presidente della Camera perché è sempre “meglio non svegliare il can che dorme” oppure quell’invito a rientrare “nei ranghi”. C’erano storie da raccontare su Fini e An e Feltri lo avrebbe fatto se ne avesse avuto motivo. Fini ha osato negli ultimi mesi sfidare frontalmente Berlusconi e queste sono le conseguenze. Il giornalismo, insomma, muore nel momento in cui appare evidente la propaganda messa in atto. Senza dimenticare che oggi la famiglia Berlusconi paga Feltri e all’epoca dell’Europeo no. Ma quella sulla casa di An a Montecarlo affittata dal cognato di Fini, dipinto in tutte le salse, è un’inchiesta e ha, ripeto, un suo valore. Bollai tuttavia la questione come “fuffa”. Inteso come servizio ai cittadini, la vicenda ha ben poco di rilevante. Al massimo sono gli iscritti al partito ad avere il diritto di prendersela con Fini qualora le accuse risultassero fondate. Ma ormai il dado è tratto e l’elettore potrebbe avere buone ragioni per indignarsi. Se si scoprisse, infatti, che Fini ha mentito – pubblicamente – in merito alla vicenda monegasca, allora il rapporto di fiducia verrebbe meno. In fondo cosa chiediamo ai nostri rappresentanti? Di essere onesti. Un po’ quello che si vuole anche dalla stampa.
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A dire il vero poco. Qualche insulto tra diversi esponenti politici, soprattutto tra quelli della maggioranza. E l’inchiesta del Giornale sul caso Fini-Tulliani e l’appartamento a Montecarlo. Ieri Camelot ha postato un articolo di Vittorio Feltri risalente al 1990. Ecco cosa scriveva sull’Europeo il direttore del Giornale a proposito di Berlusconi: “Il dottor Silvio di Milano 2, l’amico antennuto del Garofano, pretende tre emittenti, pubblicità pressoché illimitata, la Mondadori, un quotidiano e alcuni periodici. Poca roba. Perché non dargli anche un paio di stazioni radiofoniche, il bollettino dei naviganti e la Gazzetta ufficiale, così almeno le leggi se le fa sul bancone della tipografia?”.Il giornalismo cambia (ne parlavano questa mattina a Omnibus La7, tra gli altri, Bechis, Tito e Polito). E come cambia il giornalismo, cambiano anche i giornalisti. Sembra un percorso talvolta inevitabile. Però quella attuale del Giornale è un’inchiesta a tutti gli effetti ed ha un suo valore. Che piaccia o meno. Il problema sta nel dietrologismo obbligato. È un anno che Feltri le promette a Fini. Ricordo di quell’attenti rivolto al presidente della Camera perché è sempre “meglio non svegliare il can che dorme” oppure quell’invito a rientrare “nei ranghi”. C’erano storie da raccontare su Fini e An e Feltri lo avrebbe fatto se ne avesse avuto motivo. Fini ha osato negli ultimi mesi sfidare frontalmente Berlusconi e queste sono le conseguenze. Il giornalismo, insomma, muore nel momento in cui appare evidente la propaganda messa in atto. Senza dimenticare che oggi la famiglia Berlusconi paga Feltri e all’epoca dell’Europeo no. Ma quella sulla casa di An a Montecarlo affittata dal cognato di Fini, dipinto in tutte le salse, è un’inchiesta e ha, ripeto, un suo valore. Bollai tuttavia la questione come “fuffa”. Inteso come servizio ai cittadini, la vicenda ha ben poco di rilevante. Al massimo sono gli iscritti al partito ad avere il diritto di prendersela con Fini qualora le accuse risultassero fondate. Ma ormai il dado è tratto e l’elettore potrebbe avere buone ragioni per indignarsi. Se si scoprisse, infatti, che Fini ha mentito – pubblicamente – in merito alla vicenda monegasca, allora il rapporto di fiducia verrebbe meno. In fondo cosa chiediamo ai nostri rappresentanti? Di essere onesti. Un po’ quello che si vuole anche dalla stampa.
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