Scrivere per il lettore. O per gli utenti. Ma cosa significa? Un mucchio di cose talmente alto da rischiare di finirci sotto senza più venirne fuori. Prima di tutto lingua corretta, perché come sanno anche gli asini, quando l’occhio comincia a trovare un errore, due errori, tre errori, le mente comincia a prestare attenzione solo al prossimo errore.
Il contenuto sparisce.
Per molto tempo ho creduto che fosse necessario essere semplici, e lo credo ancora: però occorre anche essere profondi. Ascoltare l’utente non può voler dire scrivere o fare quello che lui vuole. Non sa cosa vuole, è sbagliato rincorrerlo, e spesso si finisce con l’accontentare solo la sua pigrizia.
Per anni la semplicità ha giustificato un italiano banale, perché era necessario raggiungere persone che vanno di fretta, con schermi piccoli, e che leggevano in modi e ambienti precari (nella sala d’aspetto di una stazione). Ma questo non è nemmeno l’aspetto peggiore, perché parte di quelle considerazioni che inducevano ad adottare alcuni comportamenti, partivano da limiti oggettivi.
Quello che però si è innescato (perché bisognava rincorrere l’utente), è stata una diffusione di contenuti uguali, e poveri. Niente di sorprendente però. Se l’obiettivo non è la condivisione, ma il fare numero, creare rumore, diventa quasi obbligatorio utilizzare certe tattiche.
Perciò diventa interessante chiedersi: cosa significa scrivere per il lettore?
È la classica questione che si pone chi NON ha grandi numeri. Un sito o un blog con 300.000 accessi giornalieri, avrà anche qualche profitto da una tale situazione, e un cambiamento di rotta, una riflessione severa su quanto c’è da cambiare avrà qualche difficoltà a prendere piede. Significherebbe il suicidio di quel sito o blog.
So bene che dipende molto dal tipo di contenuti che si curano.
Avere pochi lettori è una benedizione, perché comprendi che il lettore non esiste. O meglio: non è aria, numero, ma persona. Spesso sgradevole, o forse no, chissà. Di certo non è la divinità che qualcuno ritiene che sia. Per questa ragione immagino che scrivere per il lettore voglia dire usare un linguaggio comprensibile e che sia in grado di andare oltre. Oltre l’ovvio, l’apparenza, il solito.
Anche se può sembrare una posizione originale, la scrittura non serve solo a comunicare (anche quello, si capisce). È il mezzo con cui creiamo relazioni, valore e condivisione. A volte capita persino a me (chissà per chi mi prendono: mah!) di ricevere mail da parte di persone che sono abbagliate dall’idea del successo, e vogliono guadagnare scrivendo (libri o articoli).
Rilassatevi.
Non bisogna abbassarsi a qualunque cosa. Anche perché la concorrenza è talmente forte, che alla fine non resterà che scavare, e proseguire ancora un po’ più sotto. È questo che volete? Non avere padroni significa dire no ai grossi gruppi di potere?
Vuol dire ragionare con la propria testa. Scrivere e dire cose che vanno oltre forme e apparenze perché dietro c’è l’essere umano, e l’essere umano è un animale imprevedibile che merita attenzione e riflessione. Non per la carta di credito che possiede.
Ciascuno faccia la sua scelta. L’essenziale è capire alla svelta dove si gioca davvero la partita.