Il discorso, qui, è che questo non doveva mai essere un blog di viaggi fine a sé stesso. Il fatto che lo sia diventato negli ultimi anni è abbastanza semplice da spiegare: qualcuno lo leggeva, quindi faceva piacere scriverlo. L’idea di fondo che sta dietro a Exploremore era però inzialmente un po’ più ampia e vedeva queste pagine utilizzate per promuovere una bella serie di progetti differenti, in cui il blog era il mezzo per passare un messaggio che aggregasse persone con la stessa mentalità, che a questi progetti potrebbero essere state interessate. Non è andata proprio così, ma ci ho messo un po’ a rendermene conto.
Exploremore è nato quando sono nate le guide, nel 2012, per diventare un punto di riferimento per chi aspirava a viaggiare a lungo termine, in destinazioni lontane, spendendo poco o niente. C’era Working Holiday Australia attorno al quale giravano gli argomenti trattati dal sito e poi è arrivata anche Working Holiday Nuova Zelanda che ha consolidato un po’ meglio ciò che queste pagine dovevano rappresentare. Fin dall’inizio avevo ben chiaro quale era la strada da prendere: curare idee consistenti, specifiche, forse più grandi di me, producendo del materiale di effettiva utilità per chi decidesse di usufruirne. Creare qualcosa, insomma, qualcosa di concreto, lasciando ai post volanti lo spazio che meritano, utilizzando il blog come uno strumento per definire il resto e mantenere vivo l’interesse di chi sceglie di seguire, piuttosto che farne il centro dell’attenzione.
Nel 2013 è successo che ho iniziato a viaggiare a tempo pieno. C’è chi pensa che viaggiare e scrivere siano due cose cha vanno bene insieme, ma nella mia esperienza non è stato così. Poi è ovvio, dipende cosa si scrive. Ci vuole il luogo adatto e la mente libera, che in viaggio non c’è. Nei mesi che hanno circondato l’uscita della guida alla Nuova Zelanda, mentre mi trovavo in Malesia, ero molto motivato, ma la situazione in cui mi sono trovato dall’India in poi non è stata ideale per poter lavorare come avrei voluto. Internet è stata la prima cosa a diventare intermittente. Poi c’è stata l’elettricità. Poi il silenzio. E poi anche la volontà di concentrare le energie su qualcosa che potevo rimandare, lo scrivere, a discapito di qualcosa che è qui ed è ora, il viaggiare. Così ho intrapreso diverse esperienze per le quali era necessario, oltre che giusto, disconnettersi e ho scelto di dedicarmi più a viaggiare meglio, lasciando temporaneamente da parte progetti a lungo termine ai quali non sarei potuto stare dietro. Quindi il blog.
Il blog è diventato lo strumento migliore per raccontare alcuni episodi o comunicare alcune opinioni in modo semi-immediato. È stato l’attrezzo più efficace per creare un dialogo e un contatto con tante persone. È stato utile per appuntare dettagli che altrimenti andrebbero dimenticati e mi ha permesso di costruire una base di lettori che mi piace pensare siano qualcosa di più, gente che più volte mi ha ispirato e aiutato personalmente senza neanche averne fatto la conoscenza. In tutto ciò non ho mai pensato che questo sia il miglior formato per trasmettere una storia. Certo, per descrivere una destinazione ci può stare. Per un’informazione può essere lo strumento più diretto. Per dire cosa mangi o dove dormi, va bene. Per ridere di una diarrea esplosiva, ci sta. Ma per raccontare quaranta giorni sull’Himalaya? O dieci di silenzio? O l’ospitalità iraniana? O quattro mesi a vivere in un pulmino? Per raccontare personaggi e i percorsi che questi personaggi ti hanno portato a fare? Duemila parole non bastano, e già sono troppe. E quindi non ne ho mai parlato.
Eppure, nonostante i buchi da riempire, il blog è cresciuto e diventato il cuore di Exploremore. Qualche like e commento di troppo forse ha alimentato il mio egocentrismo tanto da farmi perdere un sacco di ore dietro a numeri e statistiche inutili e il tempo da dedicare a ciò che davvero potrebbe essere qualcosa di interessante è diminuito ancora. Negli ultimi mesi del mio viaggio asiatico qualcuno si sarà accorto come il ritmo dei nuovi articoli sia calato fino a fermarsi quasi del tutto per circa un mese. Questo è accaduto quando mi sono chiesto per la prima volta in un anno dov’è che voglio andare con questo sito. Adesso che il contenitore è in piedi con cosa è meglio riempirlo?
In breve: il blog andrà progressivamente a rallentare, per permettermi di concentrare le energie in progetti più grandi, più belli, più interessanti. Non andrà a morire perché continua ad essere un buon mezzo di condivisione, ma non sarà più tutto ciò che Exploremore rappresenta. In questo momento mi trovo al punto in cui ho coltivato abbastanza credibilità da dover scegliere che uso farne: posso continuare a spingere per aumentare visite e interazioni dedicandomi esclusivamente a contenuto e social, cercando poi di vendere queste visite ad un eventuale sponsor ed essere spedito a fare cose che non mi va di fare, oppure posso provare a costruire prodotti che siano di valore per me e per gli altri. Farei entrambe se avessi tempo, ma non ce l’ho. La parola prodotto non piace troppo neanche a me, ma è intesa come il prodotto fisico di un’idea più che come l’articolo di un negozio messo in vetrina.
La decisione di testare formati diversi per proporre il mio materiale è un tentativo di distanziarmi anche, nei limiti del rispetto, dal mondo un po’ squallido che è diventato quello del travel blogging. Starne ai confini fino ad ora è stato facile, non c’ero, ma adesso che sono in Italia vorrei fare a meno di caderci dentro senza rendermene conto. Non è un gioco a cui ho interesse a partecipare. Non voglio parlare dell’aspetto marchette nel quale tutti sarebbero d’accordo, però nessuno ammetterebbe di essere coinvolto, ma di quel che può portare ritrovarsi con l’etichetta travel blogger attaccata addosso. Purtroppo data la quantità esagerata di blog in rete e dato il modo superficiale con cui il formato blog a volte costringe a trattare gli argomenti, è difficile riuscire a continuare a prendere sul serio l’ennesimo post di cinquecento parole, anche quanto questo è profondo quanto l’oceano e anche quando chi lo scrive è molto in gamba. Visto che mi viene difficile prendere sul serio gli altri, non posso pretendere che gli altri prendano sul serio me, a meno che non inizi a fare qualcosa di diverso. Così inizio a fare qualcosa di diverso. Che poi se va va, se non va nessuno avrà niente da copiare.
Quindi, tutte parole o ci sono anche fatti? Per ora sono tutte parole, ma spero che arrivino anche i fatti. Un paio di progetti sono partiti e stanno già prendendo forma, il primo riguarda la fotografia, mentre il secondo, un po’ più complicato, riguarda qualcosa di cui nessun viaggiatore può fare a meno: lo zaino. È presto per dare spiegazioni. Proseguirò a battere sulle guide, data l’esperienza positiva con le prime due, continuando a seguire il concetto secondo il quale è inutile cercare di standardizzare le esigenze di tutti, puntando invece ad un gruppo ristretto di persone con interessi specifici. Gli eBook che appariranno su queste pagine vorrei non fossero soltanto guide però, mi piacerebbe dare spazio anche alla narrativa, anche se so che pubblicare in modo indipendente è più difficile con questa categoria di testi. Invece di continuare con un flusso infinito di articoli che vanno a ritroso, vorrei fare in modo di creare delle risorse fisse, facili da trovare e ben organizzate. Vorrei inoltre far partire collaborazioni con persone che condividono la stessa visione delle cose, collaborazioni che spero diventino più umane che virtuali (chi ha captato il segnale si faccia avanti). Potrei andare avanti a lungo con l’elenco delle cose che bollono in pentola, ma è inutile continuare a vomitare idee facendo finta che riuscirò a completarle tutte e la selezione deve ancora avvenire. La direzione che ho intenzione di prendere credo comunque sia chiara. Ovviamente, l’opinione di chi si è fermato almeno una volta su queste pagine è decisiva su qualsiasi scelta futura. Mi piacerebbe sapere che ne pensate, l’indirizzo mail è il solito, [email protected], ma basta anche un commento.