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Cosa vuol dire lottare per la Siria

Creato il 11 aprile 2012 da Lundici @lundici_it

La triste storia di Haysam un attivista, un amico fatto scomparire dai servizi di Assad. Purtroppo non è l’unico. La speranza del popolo siriano è viva grazie ai tanti che con coraggio continuano ad alzare la voce anche mettendo a rischio la vita. Ma l’occidente ascolta queste voci?

  Oggi una storia molto triste voglio raccontare… la storia di un attivista siriano che con il suo coraggio e la sua determinazione, ogni sera mi raccontava e permetteva a me di riportare in Italia quello che accade in Siria.

Ho avuto il suo contatto internet qualche mese fa ed è nata una bellissima amicizia. Siamo due attivisti contro il regime di Assad. Un attivismo molto differente: lui rischiava la vita a manifestare e a scrivermi nelle mail tutti i crimini del regime di Assad, ed io spesso avevo le notizie ma non avevo persone interessate a leggere perché i media occidentali, i media italiani non sono interessati a raccontare la lotta di un popolo oppresso, un popolo che da un anno manifesta nelle piazze per chiedere libertà e democrazia.

la bandiera siriana è insanguinata

Nonostante la violenta repressione i giovani siriani non ammainano la bandiera

Ed ogni giorno mi sentivo impotente nell’avere il canto di Haysam ma non avere la voce.
Oggi mi giunge la notizia del suo ennesimo arresto avvenuto a Damasco in un coffee net, forse era lì per fare quello che faceva ogni giorno e si è ritrovato i servizi segreti siriani che l’hanno arrestato ed oggi io non so dove si trova Haysam, non so se sta bene o meno, l’unica cosa che ho sono le sue parole del giorno prima del suo arresto in cui mi aveva detto che non sapeva se sarebbe rimasto in vita o meno (il regime lo cercava da mesi per il suo attivismo nelle piazze) ma che la cosa fondamentale è che ci sia sempre qualcuno che dia voce a questa lotta e che dia valore alla vita persa dei martiri siriani.

Haysam è stato arrestato da agenti dell’aeronautica siriana, un rapporto di Amnesty International riporta 31 metodi di tortura utilizzati dal regime di Assad. Riporto di seguito una parte del rapporto di Amnesty:

Amnesty International: campaign-against-torture-siria

Il logo della campagna di Amnesty International contro le torture in Siria

“Parecchi sopravvissuti alla tortura hanno descritto ad Amnesty International la tecnica del dulab (“pneumatico”): il detenuto è infilato dentro a uno pneumatico da camion, spesso sospeso da terra, e viene picchiato, anche con cavi e bastoni.
Amnesty International ha riscontrato un aumento delle testimonianze sullo shabeh: il detenuto è appeso a un gancio o ad altro attrezzo in modo che i piedi fluttuino nel vuoto o le loro dita tocchino a malapena il pavimento; spesso, in questa posizione, viene picchiato.
“Karim”, 18 anni, uno studente di al-Taybeh (provincia di Dera’a) ha raccontato ad Amnesty International che, nel dicembre 2011, presso la sede di Dera’a dei servizi segreti dell’Aeronautica, le persone che lo stavano interrogando gli hanno strappato la pelle dalle gambe usando delle tenaglie.
Risulta ampio anche l’uso delle scariche elettriche durante gli interrogatori. Vittime di tortura hanno descritto ad Amnesty International tre metodi: la vittima o il pavimento della cella vengono bagnati d’acqua e poi viene sprigionata l’elettricità; la “sedia elettrica”, con gli elettrodi applicati alle parti del corpo; e l’uso di pungoli elettrici.”

Le donne siriane alzano la voce

Le donne siriane hanno il coraggio di dare voce alla speranza

Non so che cosa stia accadendo al mio amico Haytam in questo momento ma so solo che la mia,la nostra voce è l’unico mezzo per dare giustizia ad un ragazzo, e come lui tantissimi altri che in Siria vengono arrestati, picchiati e violentati in nome di un futuro migliore.


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