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Coscienza.

Creato il 27 agosto 2013 da Philomela997 @Philomela997

I Monologhi di Sana – Rubrica

 

(…) Al futuro o al passato, a un tempo in cui il pensiero è libero, quando gli uomini sono differenti l’uno dall’altro e non vivono soli…
a un tempo in cui esiste la verità e quel che è fatto non può essere disfatto.
Dall’età del livellamento, dall’età della solitudine, dall’età del Grande Fratello, dall’età del Bispensiero… tanti saluti! (…)” –
(George orwell – 1984)

(…) non spegni il sole se gli spari addosso (…)” – (Rotta indipendente – Assalti Frontali)

 

Ci fissiamo in silenzio,

le tazze di the fumano sul tavolo.

Mi accendo una siga.

Non sappiamo che dire,

non esistono parole.

- Pensa come deve essere, tornare a casa e scoprire che l’hanno portato via…con un cappuccio nero e tu non sai, non sai niente…dove sia, se è vivo, se è morto, di cosa l’accusano -

- Già -

Penso a come mi sarei sentita solo due anni fa.

Se mi avessero tolto l’amore, cosa avrei provato?

Malessere.

Persino a pensarci ora.

Inghiotto cercando di sciogliere il groppo che mi è salito in gola.

- Siamo in guerra, quanto ci metterà la gente a capirlo? -

- Questa stasi, queste libertà che abbiamo guadagnato sudando e combattendo, quanto dureranno? La gente le sta lasciando scivolare via senza curarsene…-

E negli occhi dell’altra ci vediamo la stessa domanda:

“Cosa possiamo fare?”

E mi sento assediata

da troppe cose.

Troppe battaglie.

È uno sfuggire costante, un combattere, un barricarsi.

A quelli che tentano di levarti la voce, in tutti i modi.

Perchè sei tu, perchè sei giovane, perchè sei un numero nei loro algoritmi di guadagno, perchè sei donna…come la giri, la giri.

Non si sfugge.

Me lo chiedo di nuovo: cosa possiamo fare?

Questa è una guerra in sordina, che sembra lontana, inesistente, altrove

ma io me la sento vicina, mia.

Me la sento incisa nella pelle.

Me la porto dietro da quando ho scoperto che esistevano poteri più grandi di te che cercano di importi cosa dire, quanto pensare, come devi comportarti.

Me la sento scorrere nelle cicatrici sulle mani, nei dolori delle ossa, nelle sofferenze della dignità.

La sento riecheggiare nelle mie urla:

- Mai più. Tu non lo farai mai più! -

E vedo il parallelismo,

tra le piccole vicende personali e una globalità disarmante.

Violenza, distorsione del pensiero, tortura psicologica.

Ma alla fine la reazione è stata riottosa, rabbiosa, cattiva.

Puoi farmi male ma non puoi piegare il mio pensiero.

Più mi ferirai e più mi ci aggrapperò.

Perchè in quel momento, la libertà del pensiero, di ciò in cui credo,

è tutto ciò che mi resta.

Perchè se muoio continui a sottolineare le differenze.

Io non sono come te,

non lo sono mai stata, non lo sarò mai.

Per quanto puoi essere crudele non la zittirai la mia voce.

Mai.

Continuerò a pensare,

continuerò a parlare,

continuerò ad agire.

Anche se ti illudi che con la violenza mi domerai

non è così, la tue mani non possono controllare il mio pensiero.

È con l’intelligenza che si deve rispondere alla violenza.

È la coscienza che ci differenzia,

pensate a tutti i piccoli gesti quotidiani, alle scrollate di spalle,

a quanto dannatamente inconsapevoli andiamo nel mondo.

È dall’altra parte del mondo, io non c’ero, non lo sapevo, non potevo evitarlo.

Siamo sicuri?

Cosa abbiamo fatto per evitarlo?

Quanto avremmo potuto fare?

Cosa stiamo facendo perchè sia l’ultima volta, l’ultimo uomo ucciso per aver detto la verità?

Cosa stiamo facendo perchè qui non accada?

A quanto ancora siamo disposti a rinunciare?

Penso che bisogna viverselo davvero da vicino per poter capire,

e forse è questo che è successo a me.

Mi è stata tolta la libertà,

la possibilità di decidere per me stessa,

e ora tutto questo ha un sapore diverso,

perchè so come ci si sente senza.

Perchè davanti alla morte è un attimo fare la scelta,

è la velocità di un impulso elettrico al cervello.

Da che parte della barricata vuoi stare?

Dalla parte degli schiavi o dei ribelli?

È un secondo chiederti, se sopravviverai,

come sopravviverai.

Se mi piego adesso, avrò ancora modo di guardarmi in faccia?

È l’ultimo pensiero che ti resta di fronte al terrore,

l’unica cosa che ti rende ancora inevitabilmente una persona,

tu, si, tu, proprio tu.

L’unica materialità che ti fa combattere per sopravvivere.

Quando non ti rimane più nulla, perchè ti hanno già tolto tutto.

Le emozioni, il dolore fisico, la paura, la disperazione, le decisioni, il respiro, l’amore.

Resta un’ultima cosa, che non ti possono togliere.

È il pensiero, l’ideale.

È il potere dire: non ti darò ragione, non smetterò di lottare.

Puoi picchiarmi, torturami, urlarmi contro, minacciarmi ma c’è una parte di me che no, non puoi toccare, non mi puoi togliere.

È una parte che non si strappa via dal corpo.

È la mia coscienza.

È la mia etica.

Almeno questa, non me la puoi levare

e finchè la tengo stretta

nonostante tutto,

nonostante la tua violenza,

nonostante l’orrore,

tu non puoi annichilirmi, non puoi battermi, non puoi distruggermi.

Finchè la tengo viva e ardente io sono io e tu sei tu,

e questo fa di me una persona differente,

una persona migliore.

E ora fatevi delle domande.


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