Verso la fine dell’Ottocento, sbarcarono nei porti sudamericani del Rio de la Plata, in fuga da guerre e carestie, ondate di emigranti italiani, francesi, ungheresi, ebrei e slavi, cui presto si unirono schiavi liberati e Argentini della seconda e terza generazione, provenienti dalle pampas, carichi di speranze e aspettative, cercavano una nuova vita nella “Terra d’Argento”, l’Argentina.
A Buenos Aires convivevano in squallidi appartamenti, in quartieri costruiti dal nulla, detti ‘”Orilla”, dove condividevano un destino di disillusione e disperazione.
Partendo avevano lasciato sul molo il proprio passato (ombra), ed erano approdati in un presente incomprensibile sia dal punto di vista culturale che linguistico, dove, tra l’altro, il sogno di una vita migliore si scontrava con il duro lavoro. Duro lavoro che, unito alla solitudine, generava dolore e nostalgia. Dolore e nostalgia si riversarono nell’unico linguaggio possibile: quello del corpo e della musica che divenne luogo d’incontro. Il ritorno dell’ombra nel monologo sta a significare la rinascita dentro la quale passato e presente si fondono.
Per saperne di più: http://www.informadanza.com/storia/tango.htm
(Lucia Marchitto)