Scacco matto a LGH e a chi si è ostinato a difendere scelte ingiustificabili come l’inceneritore, grazie al documento presentato il 14 novembre dalle associazioni ambientaliste della provincia di Cremona. Un testo che vale un De Profundis per il marchingegno diabolico imposto ai cremonesi dalle politiche sconfitte e mai vincenti, mai capaci di guardare avanti. Di polveri sottili si parla da anni, almeno un dubbio e un’alternativa praticabile si potevano cercare e trovare da tempo, come autorevoli personalità chiedono da anni. Di riciclo ugualmente si parla da anni. Non aver seguito questa via sino a subire le estreme conseguenze merita questo umiliante scacco matto.
TAVOLO ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E DI VOLONTARIATO SOCIALE
Al Sig. Sindaco del Comune di Cremona
Ai Sigg. Consiglieri Comunali Comune di Cremona
Al Presidente della Provincia di Cremona
Ai Sigg. Consiglieri Provinciali di Cremona
Al Presidente della Regione Lombardia
Ai Sigg. Consiglieri regionali Lombardia
Cremona lì, 14/11/2013
Per una politica di tutela della salute e dell’ambiente, per un’economia sostenibile a partire dalla prevenzione e riduzione dei rifiuti per il loro riciclo totale
Dal momento che le scriventi Associazioni hanno appreso dalla stampa degli ultimi mesi la volontà di un ammodernamento dell’inceneritore di Cremona sito in San Rocco a fronte di un diverso indirizzo deliberato dal comune capoluogo e da 48 comuni del cremasco che all’unanimità in sede istituzionale si sono pronunciati per l’avvio di una nuova strategia di gestione dei rifiuti prodotti nella nostra provincia, avente costi inferiori per i Comuni e maggiori tutele per la salute dei cittadini e dell’ambiente in cui viviamo attraverso il sostegno di tutte le azioni necessarie per la promozione ed il potenziamento di tutte le filiere di riciclaggio e per la marginalizzazione del ricorso alla discarica ed all’incenerimento (rifiuti considerati risorse), si sono riunite in un “Tavolo delle Associazioni Ambientaliste e di Volontariato Sociale” con il precipuo scopo di avanzare richieste e proposte operative per un futuro sostenibile della città di Cremona e più in generale del Territorio Cremonese, Cremasco e Casalasco, partendo dal principio della centralità della questione ambientale come valore guida per le politiche che le amministrazioni dovranno applicare.
La tutela dell’ambiente (aria, acqua, suolo) ed il suo miglioramento qualitativo costituiscono un prerequisito indispensabile per difendere salute e benessere dei cittadini di oggi di cui il Sindaco è il primo responsabile, ma anche di quelli di domani, su cui ricadranno – nel bene e nel male – le conseguenze delle scelte di oggi operate, e per difendere la vita di tutte le specie viventi che lo abitano e verso cui, pertanto l’intera nostra comunità deve ritenersi responsabile.
In un’epoca di crisi da scarsità delle risorse, “L’Italia è a un bivio” – recita l’incipit del documento “Progetto delle imprese per l’Italia” presentato alla fine del 2012 da Confindustria, ABI, ANIA, Alleanza delle Cooperative Italiane e Rete Imprese Italia in rappresentanza di banche, assicurazioni, cooperative e piccole imprese italiane, – ed è giunto “il tempo delle scelte” e “della coesione” attorno ad azioni concrete.
Secondo i dati Istat, dal dicembre 2008 alla fine del 2010 la provincia di Cremona ha già perso ben 4.000 posti di lavoro, e il tasso di disoccupazione complessivo è salito dal 4,2% della forza lavoro al 6,7% (in Lombardia tale tasso è pari al 5,6%). La fascia dei giovani è in assoluto la più colpita nella nostra provincia: una recentissima ricerca nazionale di Confartigianato ha evidenziato che il tasso di disoccupazione dei giovani cremonesi tra i 15 e i 24 anni è oggi del 26,4% (contro una media lombarda del 19,8%), mentre nella fascia di età 25-34 siamo al 7,5%(in Lombardia è del 6,6%).
I numeri, dunque, non sono per niente rassicuranti. Se a questi dati aggiungiamo le preoccupazioni legate alla grave crisi in cui versano talune imprese locali e se consideriamo gli esiti futuri delle situazioni di altre che hanno numerosi lavoratori in cassa integrazione, le prospettive non appaiono affatto rosee. Cremona non può aspettare passivamente. È l’ora di fare delle scelte coraggiose, per il bene comune del territorio.
La definizione oggi ampiamente condivisa di sviluppo sostenibile è quella contenuta nel rapporto Brundtland, elaborato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo: «Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».
La gestione dei rifiuti è uno degli aspetti più importanti di tutela dell’ambiente, per una società industriale avanzata, ma al contempo consapevole dei giusti limiti dello sviluppo sostenibile.
I principi fondamentali per una corretta politica dei rifiuti partono dalla necessità prioritaria, su tutto, della prevenzione e della riduzione dei rifiuti, su cui innestare la raccolta differenziata “porta a porta” completa di tariffa puntuale, nonché il riciclo totale di tutte le frazioni, differenziate e indifferenziata. L’obiettivo è rispettare integralmente quanto previsto dal “sesto programma d’azione per l’ambiente”, promosso dalla Comunità Europea nel 2001, che prevede la riduzione dei rifiuti del 50% minimo al 2050 rispetto al 2000, e la Direttiva quadro 2008/98/CE che prevede il riciclaggio del 50% minimo dei rifiuti al 2020. Il combinato di questi due obiettivi evidenzia un concetto basilare: la raccolta differenziata è un mezzo e non un fine, a monte deve esserci la riduzione dei rifiuti e a valle il riciclaggio totale. Ancora, il Parlamento europeo ha recentemente approvato un rapporto sulle linee guida del prossimo programma ambientale UE, in cui è prevista una netta riduzione della produzione dei rifiuti, il divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati e il divieto di smaltimento in discarica per quelli raccolti separatamente. (http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+REPORT+A7-2012-0048+0+DOC+PDF+V0//IT).
Molti esperti di raccolte differenziate (es. ing. Massimo Cerani di Brescia) sostengono con convinzione che gli inceneritori sono solo un business per i gestori e che, con un’adeguata raccolta differenziata, il rifiuto residuale non è sufficiente per tener acceso un impianto di questo genere. Dello stesso parere è il prof. Prof David Kriebel, illustre scienziato del Dipartimento Salute ed Ambiente del Massachussets, il quale ha recentemente scritto (Occup. Environ. Med. (67:493- 499; 2010) a proposito di uno studio che ha mostrato un aumentato rischio di malformazioni urogenitali per esposizione a questi impianti : “Lo studio Cordier suscita serie preoccupazioni in relazione ai rischi per la salute dovuti alle emissioni di impianti urbani di incenerimento dei rifiuti. Questo dato, combinato con l’evidenza di altri effetti negativi di questa tecnologia, dovrebbe essere di per sé determinante nella scelta della gestione dei rifiuti. Infatti, oltre ad essere molto pericolosi per la salute, tali impianti:
1) provocano la produzione di ceneri pesanti e scorie tossiche comunque da smaltire;
2) contribuiscono al riscaldamento globale;
3) impediscono la riduzione dei rifiuti e il riciclaggio, poiché una volta che questi impianti costosissimi sono stati costruiti, i gestori vogliono avere garantita una sorgente continua di rifiuti per alimentarli”.
Di fatto, come anche le positive esperienze nel nostro territorio hanno dimostrato, la messa in opera della raccolta domiciliare è praticabile in pochi mesi, con raggiungimento di percentuali di raccolta e di conseguente possibilità di riciclo attorno al 70-80%. La % media di raccolta differenziata della nostra provincia è la più alta tra le province della Regione Lombardia sebbene le province non rispettino, tutte, quanto è previsto dal D.Lgs.152/06 che imponeva il raggiungimento del 65% al 31.12.2012. La Corte Costituzionale ha stabilito recentemente che l’obiettivo minimo del 65% va conseguito a livello di singolo Comune, e non sono possibili deroghe concesse dalle Regioni sulla base del ragionamento dell’”obiettivo medio d’ambito” (in altre parole, non è possibile concedere ad un Comune di raggiungere un livello di RD più basso, perché altri Comuni nell’Ambito Territoriale hanno livelli più elevati del 65%).
La media provinciale di rifiuti pro capite si attesta a 479/kg ad abitante con margini di riduzione consistenti se confrontati con altri territori ben più virtuosi.
Dalla lettura del rapporto rifiuti pubblicato dall’Osservatorio Provinciale di Cremona, “aggiornato” al 2009, appare evidente una sperequazione di tariffe fra i cittadini della provincia, dipendente dal gestore e dalla percentuale di raccolta differenziata: i cittadini dei Comuni con una RD più elevata pagano una tassa rifiuti più bassa del 40% rispetto ai comuni con RD inferiore al 50%.
Altra esperienza è quella della Van Gasewinkel, attiva, oltre che in Olanda, anche nella Repubblica Ceca, Polonia, Francia, Ungheria, Portogallo, Belgio e che, come tutte le società per azioni, mira al profitto ed al guadagno, eppure dal 2007 sta diminuendo la propria capacità di smaltimento in inceneritori e sta aumentando il business del riciclo, addirittura spegnendo, lo scorso anno, l’inceneritore di Rotterdam, per mancanza di materiali. Frans Beckers, responsabile del settore Materiali, Ricerca e Infrastrutture di VGW, colosso europeo del settore, ha specificato come sia in atto una vera e propria rivoluzione nell’ approccio al tema dei materiali post consumo, che di fatto sono tornati ad essere materiali nobili, dopo essere stati considerati per decenni semplicemente combustibile da incenerire.
Una rivoluzione che VGW ha adottato come strategia, impostando tutte le politiche aziendali verso l’abbandono e la chiusura degli inceneritori in possesso, interagendo con i clienti per favorire un miglioramento delle performance di recupero materia, dialogando con i produttori di packaging per giungere in breve tempo ad un design di materiali riciclabili facilmente, mettendo in pratica la filosofia “dalla culla alla culla” che propone un ciclo chiuso dei materiali (lo scarto di un settore diventa automaticamente “nutrimento” per un altro).
Una “rivoluzione” più che giustificata e comprensibile se pensiamo all’esaurimento di risorse e materie prime ed al fatto che, viceversa, l’incenerimento comporta un ulteriore dispendio di risorse sotto varie forme (elettricità, gasolio, metano ecc) per mantenere temperature idonee di combustione.
E’ pertanto ormai chiaro per tutti che al di là del loro nome “termovalorizzatori” questi impianti non “valorizzano” assolutamente nulla.
L’Arpa Veneto ha dichiarato che “il problema del sottoutilizzo degli inceneritori, dalle conseguenze economiche immaginabili, non potrà che aggravarsi di qui ai prossimi anni” dato che i rifiuti indifferenziati prodotti nella regione Veneto non sono sufficienti per alimentare gli inceneritori attualmente in funzione e in costruzione che hanno una potenzialità di 534.000 tonnellate (un quinto della potenzialità della Lombardia, sovracapacità di incenerimento ribadita nel PPGR della medesima in corso di rinnovo).
Come mai allora, di fronte a tutte le ricadute positive in termini economici ed ambientali, gli amministratori scelgono ancora la strada dell’incenerimento, che porta con sé ulteriore incremento dell’ inquinamento, delle malattie, nonchè alti costi economici e sociali? Perché LGH chiede di aumentare ancora la capacità di incenerimento dell’attuale impianto?
Consideriamo la materia che sta nei rifiuti una ricchezza. Il recupero della materia deve essere la base di una filiera produttiva ed industriale in grado di azzerare scarti o residui e riciclare continuamente materiali, tenendo conto che le risorse del pianeta non sono infinite e che l’inquinamento di aria, acqua e suolo sta raggiungendo livelli critici, con conseguenze negative sulla salute umana e degli animali.
Essendo il rifiuto materia, siamo contrari alla nociva logica del recupero energetico da rifiuti, ed esprimiamo la nostra opposizione a tutti gli impianti che, tramite combustione, distruggono o depauperano la materia da rifiuto (inceneritori – impropriamente detti termovalorizzatori -, inceneritori a biomasse, biodigestori).
La cinica logica industriale del recupero energetico dalla materia, favorita dalle elargizioni di denaro pubblico attraverso CIP6, certificati verdi ed altri incentivi, persegue l’obiettivo del profitto di pochi a danno della natura e della salute umana. Questa logica va fermata a partire da una seria battaglia nazionale per l’eliminazione di tutti gli incentivi, diretti e indiretti, al recupero energetico da rifiuto ed agli impianti nocivi.
Il Tavolo delle Associazioni preso atto che:
• viviamo all’interno della Pianura Padana, una delle 5 aree più inquinate del pianeta, Cremona si colloca come terza città più inquinata d’Italia e la Lombardia come regione più inquinata d’Europa, che in aree di tale tipologia sono concesse solo azioni migliorative della qualità dell’ aria e non peggiorative con insediamenti insalubri, che la provincia di Cremona si colloca ai primi posti per numero di patologie oncologiche stomaco e polmone,
• l’Art. 32 della Costituzione recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. …”
• i tanti studi commissionati dalla OMS allo IARC di Lione (l’ultimo, quello del settembre 2013, definisce “certa” la responsabilità delle polveri sottili nelle neoplasie) e dalla Commissione europea (tra gli ultimi: “Escape”, “Air Quality in Europe 2013”) che dimostrano i gravi pericoli delle emissioni delle polveri sottili per la salute umana,
• la vigenza del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 che all’art. 3-ter a proposito del “principio di precauzione” così recita: «Principio dell’azione ambientale – 1. La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
• l’ordinanza del Tar Lombardia del 14 marzo 2012 nei confronti dell’istanza di sospensiva avanzata da un gruppo di cittadini dell’Ordinanza 67357 “anti-smog” del Comune di Milano in cui vi si legge: “In un’ottica di bilanciamento degli interessi pubblici e privati appaiono prevalenti gli interessi pubblici volti alla tutela della salute, dell’ambiente e della sicurezza della circolazione rispetto al sacrificio imposto agli interessi dei privati”;
• i tanti documenti prodotti dall’Associazione Italiana dei Medici per l’Ambiente – ISDE all’ambiente, tra cui spicca l’intervista rilasciata qualche mese fa del dott. Celestino Panizza, medico per l’ambiente di Brescia, dove opera l’inceneritore più grande d’Europa («Decine e decine di studi, condotti per indagare le ricadute delle emissioni inquinanti degli inceneritori sulla salute delle popolazioni residenti intorno ad essi, hanno evidenziato numerosi effetti avversi alla salute dell’uomo, sia tumorali che non»);
• la produzione di gas serra degli impianti di combustione, i dati pubblicati dal V° Rapporto dell’IPCC (ONU) dovrebbero vedere come risposta, senza dubbi e incertezze, l’immediato sforzo delle istituzioni pubbliche per contribuire alla loro diminuzione,
• la posizione ufficiale dall’ERS (European Respiratory Society, associazione che raccoglie in Europa oltre 7.000 medici dell’apparato respiratorio) la quale, mentre chiedeva con forza l’adozione dei limiti di tolleranza (specie per il pM2,5) molto più rigorosi caldeggiati dall’OMS, sulla affidabilità dei valori attuali dettati dalla Direttiva europea 2008/50/CE affermava: «un compromesso fra il voler minimizzare il danno sanitario e obiettivi realistici di tipo politico e tecnologico».
• Esistono studi epidemiologici e scientifici indipendenti che rivelano che gli inceneritori sono veri e propri produttori, moltiplicatori e diffusori di sostanze geno-tossiche e cancerogene, quali metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), molecole diossino-simili e particolato fine/ultrafine (“Incenerimento e salute” ISDE Trento; Esposto della Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri dell’Emilia Romagna; posizione del dr. Montanari, ricercatore indipendente; posizione della dssa Patrizia Gentilini, oncologa e medico ISDE Forlì; Waste Incineration — A Potential Danger?Bidding Farewell to Dioxin Spouting of Sept. 2005 by Federal Ministry for the Environment, Nature Conservation ancd Nuclear Safety; Etude d’incidence des cancers à proximité des usines d’incinération d’ordures ménagères – Institut de Veille Sanitair),
• per quanto riguarda la stretta correlazione tra salute umana e salute animali, basti ricordare che “altrettanto utile per predire i rischi di salute per l’uomo è il rinvenimento di alterazioni dei parametri clinici, ematologici e immunologici nell’ambito di studi sperimentali su popolazioni animali che condividono lo stesso ambiente con gli uomini” (F. Santin – C. Stelletta – M. Morgante, Utilizzo degli animali domestici nella valutazione dei rischi di inquinamento ambientale: indagini epidemiologiche e studi sperimentali, in “Progresso veterinario”, set. 2005),
• dall’Inventario Nazionale delle emissioni disaggregato per Province e reperibile sul sito di ex APAT http://www.sinanet.apat.it/it/inventaria risultano le emissioni di diossine/furani per l’intera nostra provincia per il settore 09 (rifiuti) e dal 1999 in base alla normativa IPPC di una diversa classificazione degli inceneritori con recupero energetico, per il settore 02 (combustioni non industriali),
• il quantitativo suddetto di diossine ( inquinanti come ben noto persistenti e bioaccumulabili) è di assoluto rilievo per l’inquadramento dell’inquinamento “storico” del nostro territorio (per avere una idea si pensi che 5 grammi annui di diossine sono la dose massima tollerabile annua per circa 98 milioni di persone),
• qualsivoglia processo di combustione, compreso ovviamente le biomasse, genera inquinanti tossici e persistenti e in special modo particolato ultrafine (il più pericoloso per la salute e per cui non esistono filtri) – qualora la combustione avvenga a temperature elevate come si realizza per i “moderni inceneritori”,
• appaiono sconcertanti – al pari di quelle dei rifiuti – anche le politiche energetiche promosse della Regione Lombardia ed in particolare dalla nostra provincia che detiene il primato per numero di impianti a biogas e biomasse autorizzati (170), in quanto incentivano la combustione da biomasse a scapito del loro compostaggio, unico processo in grado di ottenere fertilizzante organico da restituire ai nostri terreni ormai in “via di desertificazione” avendo un contenuto in humus< all’1,5%. Tali politiche appaiono maggiormente volte a far ottenere i certificati verdi ai diversi soggetti piuttosto che orientate ad una reale valorizzazione dell’ambiente e alla tutela della salute dei cittadini,
• il settore primario caratterizza la provincia di Cremona, gran parte dei terreni sono vulnerabili per le alte concentrazioni di nitrati, appare in costante aumento la superficie agricola dedita al biologico ed esperienze virtuose sono già operanti anche in modalità partecipative diffuse, dalla stampa locale abbiamo appreso della volontà della Provincia di Cremona e Regione Lombardia di concretizzare il distretto biologico nell’Oglio Po. Ricordiamo che i prodotti che provengono da agricoltura biologica sono ottenuti senza alcuna sostanza chimica di sintesi e nel pieno rispetto dell'ambiente e coltivati in un ambiente sano,
• l’inceneritore di Via San Rocco a Cremona al servizio dello smaltimento rifiuti della provincia è giunto a fine vita, impianto che non ha mai adempiuto alla prescrizione dell’ARPA non ponendo in funzione la preselezione prevista, con una resa di conversione dell’energia contenuta nei rifiuti estremamente bassa, nel senso che 2/3 della stessa risultano attualmente dissipati in ambiente senza alcun recupero, impianto che si colloca secondo il Piano regionale di Qualità dell’aria in fascia A1, ex area critica (PRQA, di cui DGR 7/6501). Impianto che ha raddoppiato la capacità nel 2001 con una seconda linea portandola a 130.000 ton/a a fronte di fabbisogno di 58.000 t/a di rifiuti. Impianto che non applica le migliori tecnologie esistenti (BAT),
• il binomio inceneritore discarica scoraggia l’aumento della raccolta differenziata, prova ne è la % raggiunta dalla città di Cremona che si colloca al di sotto del 50%,
• la Regione Lombardia lo scorso 2 luglio c.a. ha approvato quasi all’unanimità il divieto a nuovi impianti di incenerimento e/o potenziamenti,
• il Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti è scaduto ed è in corso l’iter per il rinnovo al 2020,
• il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti è scaduto ed è in corso l’iter per il rinnovo al 2020,
• i Sindaci proprietari dei rifiuti nei rispettivi consigli comunali di 48 comuni del cremasco e del capoluogo, hanno già deliberato all’unanimità l’indirizzo ben preciso di marginalizzazione dell’incenerimento.
• A valle dell’inceneritore è collocata in territorio di Malagnino la discarica di rifiuti non pericolosi chiusa nell’agosto 2011, il relativo ampliamento è stato autorizzato nel territorio di Vescovato, iter autorizzativo azzerato dalla sentenza del TAR del 24/04/2013 a cui hanno ricorso al Consiglio di Stato AEM e Regione Lombardia. Sulla discarica chiusa è pendente la diffida della Provincia riguardo il piano di recupero ambientale proposto da AEM. Le discariche bandite dal 2020 dalla Direttiva Europea non sono la soluzione al problema rifiuti tanto più con il livello di tecnologie oggi esistente sono da evitare sia per ciò che producono in termini di avvelenamento dei territori e delle falde acquifere sia perché rappresentano l’anello di congiunzione tra i rifiuti solidi urbani ed i rifiuti tossici. Diciamo no all’apertura di nuove discariche perché significa impedire lo spreco di materia, significa impedire nuovo inquinamento, significa sottrarre terreno anche al ciclo di rifiuti tossici e preservare il nostro territorio agricolo,
• Gli attuali Piani di gestione dei rifiuti, prodotti sia dalla Provincia di Cremona sia dalla Regione Lombardia sono in perfetta continuità con la fallimentare logica del “ciclo integrato”. Il Piano provinciale prevede al 2020, quindi in nove anni, un incremento complessivo della produzione di rifiuti che passa 171.042 T a 171.982 T, con un incremento dello 0,5%, nonostante tutte le buone premesse, citate nei vari punti in termini di scenari non è in grado di diminuire la produzione complessiva e quindi in totale controtendenza a tutte le direttive europee, che vanno nella direzione di un minor rifiuto, che significa in ultima analisi minor inquinamento. Il Piano parte da una situazione 2011 e da alcune aree, vedi cremasco, che fanno della raccolta differenziata un fiore all’occhiello. Un piano che non incide minimamente sul territorio nel suo complesso. Il ciclo integrato proposto dalla regione Lombardia pur partendo dalla constatazione di una sovracapacità di incenerimento è un sistema ad una sola via e senza recupero, basato sul fallimentare modello della “crescita continua”, che parte dallo sfruttamento delle risorse ed arriva alla distruzione finale della materia, con gravi impatti sulla salute e l’ambiente.
• Noi siamo per una significativa riduzione a monte e per un modello circolare che, gestendo una vera filiera dei materiali, tenda a ricostruire le dinamiche del ciclo naturale basandosi sul recupero e riciclo totale della materia. Una raccolta differenziata di qualità, attraverso il sistema del porta a porta, rimane il momento più importante ed imprescindibile di responsabilità, di cittadini e amministrazioni; ad essa si deve connettere un sistema di impianti di selezione meccanica, ricerca e recupero. Inoltre solo con una attenta raccolta differenziata è possibile privilegiare un recupero pulito dell'umido e favorire le filiere corte col mondo agricolo, evitando l’utilizzo di imponenti impianti di biodigestione che, oltre a mascherare i difetti di raccolta, producono biodigestato inservibile, che il Piano regionale rifiuti vorrebbe promuovere per integrare il ciclo di smaltimento dell’umido, impianti che amplificano il sovraccarico del sistema di depurazione lombardo. Un tale sistema di raccolta differenziata avrebbe una grossa efficacia e otterrebbe grande collaborazione da parte degli abitanti soprattutto se premiata dalla tariffa puntuale. Al tempo stesso costituirebbe la condizione per avviare la filiera del riciclo e della trasformazione aprendo significativi spazi occupazionali,
• Nel 2011 vi fu un referendum che tutti ricordano come quello dell'acqua pubblica, in realtà uno dei due quesiti referendari aveva come scopo di togliere l'obbligo di privatizzazione dei servizi pubblici essenziali (acqua, rifiuti e trasporti), come tutti sappiamo la maggioranza assoluta dei cittadini votò per il si e quindi si espresse in modo ineludibile contro una gestione industriale dei servizi pubblici,
• L’inceneritore di Cremona dal 2006 per decisione del Consiglio Comunale di Cremona unitamente ad altri asset patrimoniali è stato ceduto a titolo oneroso e divenuto proprietà di LGH. Questa decisione ha di fatto avviato una logica di gestione industriale e finanziaria dell’impianto nel silenzio di una politica asservita e debole che preferisce delegarne il controllo e così fa mancare il suo indirizzo per perseguire l’interesse collettivo dei propri cittadini (valga l’esempio delle vicende occorse e attuali dei distacchi delle utenze e di malfunzionamento del teleriscaldamento collegato, l’aumento continuo della tariffa rifiuti a parità di servizio),
• dalla stampa apprendiamo che LGH sta valutando fusioni con altre multiytilities, operazione in funzione della quale si spiegherebbe, esclusivamente in termini di incremento del proprio patrimonio anche attraverso un forte indebitamento, l’ammodernamento e/o revamping dell’inceneritore sulla testa dei cittadini e delle comunità locali. Se l'operazione rilancio e consolidamento dell'inceneritore per i prossimi 20 anni fosse portata avanti, ci troveremmo di fronte ad un gravissimo colpo della democrazia locale, allontanando i Sindaci e i cittadini dai centri di potere, per favorire una logica totalmente speculativa e privatistica.
Fa richiesta affinchè vi sia:
• fermo ed assoluto respingimento, non negoziabile alla luce di quanto sopra riportato circa la contaminazione del territorio, del progetto di LGH di ammodernamento dell’inceneritore di Cremona e di ogni forma di combustione dei rifiuti o di recupero energetico dalla materia,
• conoscenza dettagliata dello stato di salute della popolazione del cremonese, cremasco e casalasco con particolare riferimento all’incidenza di cancro, patologie endocrine, riproduttive, respiratorie specie nei giovani,
• conoscenza delle analisi delle diossine, delle sostanze inquinanti e rendicontazione storica e periodica dei monitoraggi effettuati sugli impianti di combustione, la terzietà dell’ente di controllo perché venga assicurata l’attendibilità dei dati misurati,
• la deliberazione dei Sindaci e rispettivi consigli comunali dei restanti comuni del territorio provinciale di diniego all’incenerimento, di avvio al riciclo di materia e di sostegno dell’ambito provinciale,
• una diminuzione quanto più rapida e progressiva fino all’azzeramento della quota di materiali avviati ad incenerimento e discarica onde arrivare allo spegnimento dell’impianto di San Rocco da realizzarsi ragionevolmente entro il 2014 attraverso:
o accelerazione dell’attuazione della raccolta PaP a Cremona e nei comuni ad oggi sprovvisti e introduzione della tariffazione puntuale su tutto il territorio provinciale,
o svincolo definitivo da LGH alla fine dei contratti in scadenza, separando la fase della raccolta da quella del riciclo e costituzione di una società completamente pubblica per la gestione del servizio
o attivare la manifestazione di interesse per un centro di riciclaggio
• nessuna nuova apertura di discariche e che il Sindaco del Comune di Cremona applichi i contenuti della delibera del consiglio comunale del 30/09/2013 dando mandato ad AEM di ritirare il Ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR di Brescia di annullamento dell’iter autorizzativo della discarica di ampliamento di Malagnino e presenti richiesta medesima alla regione Lombardia costituitasi in altro ricorso,
• da parte dei Sindaci il fermo respingimento dell’attuale piano di gestione rifiuti della provincia e della regione Lombardia, perché non rispettano la Direttiva Europea in termini di rifiuti e di tutela dell’aria e ne chiedano l’immediato ritiro,
• un nuovo Piano Energetico Provinciale e Regionale e la messa in mora prima della loro approvazione di ogni nuova combustione,
• all’amministrazione comunale di dare direttive strategiche alla sua utility AEM di opporsi presso l’assemblea dei soci LGH, la relativa holding, ad una politica di prosecuzione e di ammodernamento dell’inceneritore in quanto scelta dello smaltimento dei rifiuti ormai superata dalla necessità di difendere la salute dei cittadini, degli animali, l’ambiente, la democrazia e dall'importanza che stanno assumendo per l'economia soluzioni tecnologiche alternative e nuove strategie industriali di riuso dei materiali.
• La valutazione del progetto “Amali, rifiuti=risorse” già presentato nelle diverse sedi istituzionali.
Con l’auspicio di aver posto la giusta riflessione ribadiamo l’assoluta volontà di stimolare una concertazione a diversi livelli con le comunità locali, il nostro Tavolo delle associazioni ambientaliste e di volontariato sociale, le categorie produttive al fine di intraprendere con lungimiranza le soluzioni più idonee a favore dell’economia e della salute dei cittadini. Per illustrare quanto sopra chiediamo fin da subito un incontro con il Sindaco del Comune di Cremona, autorità sanitaria locale della terza città più inquinata d’Italia.
Firmato
Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori del cremonese, cremasco e casalasco
WWF Cremona
Legambiente Cremona
Legambiente Altocremasco
Oltre lo specchio Cremona – se non ora quando
Arci Cremona
LIPU Cremona
Rete Lilliput
Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia
Coordinamento dei Comitati contro le autostrade Cr-Mn e Ti-Bre
CreaFuturo
Acli – Cremona
ACG Controtempo
Comitato Acqua Pubblica del Territorio Cremonese
Comitato No Inceneritori Cremona
AmbienteScienze
Associazione Gasalasco Oglio Po
Luci Cremona
ISDE Cremona – Medici per l’Ambiente
Associazione Orto e dintorni
Associazione A Tutto Compost
Bilanci di Giustizia di Cremona
Filiera Corta Solidale Cremona
Comitato No Gasaran Sergnano
UNA Cremona
Coordinamento Regionale Terre Nostre
Movimento Scout Cattolici Adulti di Cremona
FIAB Biciclettando Cremona
Apertamente LAB Soncino
Legambiente Bassa Bresciana circolo di Barbariga , Leno e Montichiari.
45.284812 9.845902