Cossiga uno statista? Mavalà!
Creato il 18 agosto 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Che sia stato un personaggio “controverso” non siamo certo noi a scoprirlo né, tantomeno, a doverlo raccontare. La sua “storia” è sotto gli occhi di tutti, come quella di chi ha vissuto per decenni abbagliato dai riflettori dei “fatti italiani”. Molto più nel male che non nel bene, Francesco Cossiga ha incarnato l’"uomo che sapeva non dicendo mai”, quello che, quasi per caso, nelle pieghe dei suoi discorsi inseriva un accenno a circostanze “misteriose” che non si è mai capito bene se per far intendere la suocera o la nuora. Dotato di uno sguardo ambiguo e mai completamente disteso, il presidente emerito della Repubblica si è visto passare accanto, a volte penetrandoli, momenti che hanno profondamente segnato la storia di questo paese diventandone, comunque, un protagonista. Il “Kossiga” scritto con la “K” sui muri delle città e delle università, fu il risultato più evidente del suo intendere la questione dell’ordine pubblico da ministro degli Interni. Il 12 maggio del 1977, in un periodo contraddistinto fortemente dagli scontri fra gli studenti del “movimento” e le forze dell’ordine, venne uccisa a Roma, con un proiettile calibro 22 sparato alle spalle, la diciannovenne Giorgiana Masi, studentessa di liceo. Neppure un mese prima, semre a Roma, era stato ucciso un agente di polizia da sedicenti appartenenti all’area di autonomia. Francesco Cossiga, dopo l’uccisione del poliziotto, aveva vietato ogni tipo di manifestazione politica, disposizione che i Radicali disattesero convocando un sit-in per celebrare l'anniversario della vittoria al referendum sul divorzio. L’uccisione di Giorgiana Masi scatenò un putiferio anche perché alcune foto scattate dai reporter, avevano individuato fra i manifestanti poliziotti in borghese intenti a sparare ad altezza d’uomo. Il 12 maggio del 1977, la strategia della tensione aveva fatto un’altra vittima innocente, anche se Cossiga dichiarò che era pronto a dimettersi se “fosse stato accertato che a sparare era stata la polizia”. Da quel momento avvenne davvero di tutto, compreso il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro sempre con Cossiga ministro degli Interni. Trovato il cadavere del leader della DC, stavolta Cossiga si dimise sul serio ma nonostante l’inadeguatezza dei suoi comportamenti e la non linearità delle sue decisioni, divenne comunque Presidente della Repubblica, dove non terminò il mandato settennale dimettendosi prima che iniziasse la discussione sul suo “impeachment” chiesto dall’allora Pds e dalle altre forze della sinistra. Implicato fino al collo nell’”affaire Gladio” Cossiga, terminato senza gloria il suo presidentato, si divertì parecchio a ricoprire il ruolo del “picconatore” che aveva già iniziato a recitare da inquilino del Quirinale. Il suo togliersi “sassolini dalle scarpe” portò a una serie di incidenti (compreso quello del nafasto governo D’Alema), che minarono ancor di più la già precaria situazione politica italiana travolta dal malaffare e da tangentopoli. Ma la perla cossighiana, se dovessimo fare un’estrema sintesi del suo essere politico, è datata 23 ottobre 2008 ed è contenuta in una intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale. In questa inesauribile fonte di saggezza, Cossiga aveva consigliato il ministro dell’Interno Maroni di “gestire le manifestazioni e le occupazioni delle scuole in corso in questi giorni infiltrando provocatori che suscitino violenza sì da giustificare l’uso contro di loro della forza pubblica”. In un paese diverso dal nostro, una dichiarazione del genere avrebbe portato alla “revisione” di molti dei fatti “misteriosi” accaduti nei decenni precedenti, per il momento un manipolo di deputati e di senatori ha presentato un disegno di legge per l’”istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sull’uccisione di Giorgiana Masi”, ma tutto tace, nulla si muove e, nel frattempo, uno dei protagonisti assoluti di quegli anni, ha staccato il biglietto di sola andata per l’aldilà. Qualsiasi giudizio postumo si voglia dare sulla figura di Francesco Cossiga sarebbe comunque fortemente condizionato dalle “stranezze” del suo carattere e da alcune prese di posizione che definire cervellotiche sarebbe come voler usare l’ennesimo eufemismo. Da parte nostra prendiamo a prestito il commento di Nando Dalla Chiesa sul Fatto Quotidiano: non ci mancherà.
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