L’anno scorso, a settembre, sono andato con una collega a un incontro di formazione sulla promoziono alla lettura e sui libri per ragazzi in una scuola dell’Infanzia di Bassano del Grappa (VI). Seduti sulle nostre seggioline colorate, location scomoda ma di una certa suggestione, abbiamo ascoltato alcuni interventi, più o meno interessanti; tra gli altri ha parlato la professoressa Lombello, dell’Università di Padova, che si è presentata, letteralmente, con una valigia di libri al seguito. Prima di iniziare a parlare, la valigia si è aperta e il suo contenuto è stato disposto su un grande tavolo, in modo da permettere alla relatrice di farci vedere quanto stava esponendo.
Chiare le idee della prof.ssa Lombello sulla qualità dei libri per i ragazzi: non è ammissibile citare schifezze o parolacce in testi destinati a un pubblico così giovane; io annuivo, pienamente d’accordo. Troppo facile fare breccia sui ragazzi attraverso un abbassamento dei contenuti e del linguaggio; troppo facile rinunciare, quasi per presa di posizione, al tentativo di combattere la volgarità dilagante. Tra gli altri, è stato citato Jerry Spinelli, che le era capitato tra le mani poco tempo prima: l’apoteosi dell’orrido. Puzzette, schifezze di vario tipo, litigi, trattamento irrispettoso degli adulti, adulti con atteggiamenti del tutto immaturi e comportamenti indecorosi: no, mi sono detto, non si può far leggere a dei ragazzini testi così poco educativi.
Finché.
Come sempre capita, in altra occasione sono stato risucchiato dentro una libreria attratto dal cartellone degli sconti; e cosa trovo, tra i libri con il -30%? Proprio il Jerry Spinelli tanto deprecato dalla prof.ssa Lombello. Non potevo non comprarlo.
La sera, prima di dormire, ho iniziato a leggerlo: il giorno dopo l’avevo già finito. Una folgorazione. Gli aspetti che erano stati criticati erano presenti in modo talmente lieve da rendermi anche difficile capire il motivo di tanto odio; ho ritrovato, invece, una straordinaria verve inventiva, con personaggi, appartenenti alla sfera emotiva dei ragazzi, appena un filo sopra la realtà. Proprio questa tecnica, quasi un accenno di caricatura, permette all’autore di descrivere situazioni e caratteri apparentemente paradossali e quindi fantastici, ma in realtà molto vicini al mondo dei bambini.
“Crash”, ad esempio, racconta la storia (quasi un diario) di John, da tutti chiamato Crash per la sua innata tendenza a prendere tutto a spallate: è infatti un giocatore di football americano, un vero duro, che uno psicologo qualsiasi non esiterebbe a definire un bullo border-line. Crash è il migliore, ma il suo destino si dovrà incrociare con quello dello “sfigatissimo” Penn, portatore di valori alternativi a quelli della civiltà dominante; valori non d’effetto, apparentemente non vincenti, ma positivi, che saranno in grado di soccorrere Crash e la sua famiglia in prove importanti.
Anche in “A rapporto dal preside” ritroviamo la stessa girandola, ma questa volta più vorticosa, di personaggi esagerati e surreali, come Sunny, che per protesta con la dirigenza scolastica ha deciso di non lavarsi e non cambiarsi più i vestiti finché non sarà ascoltata. Buffo, comico: forse; ma qualcosa di più. Quando Sunny, assieme ad altri, avrà davvero la possibilità di dire la sua, di fare qualcosa per la comunità scolastica, non sarà fin da subito in grado di accettare la sfida, abbandonando gli ovvi personalismi di una ragazzina delle medie per gettarsi in un mondo più adulto. Assieme a lei, molti altri ragazzi dovranno imparare a trovare il loro posto nel mondo, facendo fruttare i loro talenti.
Infine, anche in “Guerre in famiglia” i protagonisti, fratello e sorella, dovranno imparare a convivere ed affrontare, sempre con il sorriso e la risata, grandi esperienze.
Si tratta solo di un assaggio di quello che questo grande autore per ragazzi ha avuto e ha da dire ai piccoli lettori; l’importate è permettergli di parlare e non zittirlo per via di quella caccola o di altre amene schifezze.
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