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Creazione, evoluzione, estinzione? sopravvivenza!

Da Tnepd

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!Lo studio delle tematiche ufologiche, ma anche lo studio dell’umana progenie, mi portano sovente a farmi domande sulla nostra creazione. Come in altra sede ho sottolineato, l’idea di sapere come siamo nati e come ci siamo sviluppati fornirebbe, in un certo senso, anche un motivo alla nostra esistenza. La risposta alla domanda relativa al perché della nostra esistenza è sicuramente una delle sfide più affascinanti che mente umana possa concepire ed avere una risposta sarebbe sicuramente un punto d’arrivo per il cammino dell’uomo, sulla strada della comprensione dell’Universo, e quindi di se stesso.

La risposta delle chiese

Per esempio, se si scoprisse che l’uomo è stato creato da un dio, ci metteremmo la coscienza in pace, perché sicuramente quel dio avrebbe avuto un motivo per crearci e non sarebbe più compito nostro capire cosa c’è dietro il mistero della creazione: sarebbe così e basta! Al massimo si potrebbe sperare che il dio creatore non fosse bizzarro e vendicativo ed avesse creato l’uomo non per distrarsi dalla noia dell’eternità, ma per qualche altro scopo.

Se fosse stato un dio a creare l’uomo non avrebbe senso buttarsi nello studio della scienza, poiché, se esistesse tale dio, la scienza non servirebbe più per capire. Invece di studiare sui libri e cercarvi le risposte, basterebbe chiederle direttamente al creatore, senza perdere tempo a scuola.

Una civiltà con una simile consapevolezza sarebbe portata ad ingraziarsi il proprio creatore in tutti i modi. Se da un lato potrebbero non esistere le classiche raccomandazioni di tutti i giorni e per tutte le occasioni, si andrebbe, dall’altro lato, a chiedere direttamente la grazia allo stesso dio creatore.

Una volta i preti chiamavano queste raccomandazioni con il nome di indulgenze e proprio come oggi, quando gli scienziati vendono l’esito degli esami nelle università, così i sacerdoti, punto di contatto tra gli affari del dio e quelli dell’uomo, essi vendevano un pezzo di paradiso.

I lavori, dal dio, secondo i suoi sacerdoti, affidati a loro in appalto, avrebbero fornito, attraverso il loro uffizio più o meno santo, la documentazione necessaria all’uomo per vivere in eterno, attraverso una concessione che prendeva il nome di Grazia Ricevuta.

La risposta della scienza

Se, invece, è la scienza a dover spiegare la creazione dell’uomo, allora siamo destinati a dover studiare tanto per cercare di capire, con i soli nostri sforzi, se un giorno o l’altro riusciremo a scappare da questa gabbia sferica che ci costringe al castigo della vita e che si chiama “Universo in Espansione”.

Si capisce immediatamente che questa seconda ipotesi è destinata a produrre un comportamento umano decisamente differente rispetto a quello provocato da una creazione divina. Un uomo non creato, ma nato per evoluzione, può anche fare a meno di una morale collettiva e, per esempio, passare il resto della propria vita a fregarsene degli altri, poiché, alla fine del gioco, sarebbe destinato a morire e chi s’è visto s’è visto. Non ci sarebbe da preoccuparsi per un aldilà inesistente e ci si potrebbe tranquillamente coprire dei peggiori misfatti su questa terra, tanto nessuno verrebbe, poi, a reclamare per un nostro comportamento poco etico.

Ciò che per l’uomo nato, e non creato, non è un’esigenza, per l’uomo creato diviene, invece, una necessità: “Comportati eticamente, perché altrimenti, dopo, Dio ti castigherà!” Inoltre dire che esiste un “dopo” e che esso è gestito dai sacerdoti è un modo per preservare socialmente la casta sacerdotale stessa, poiché, se le cose non stessero così, tale casta non servirebbe a niente verrebbe immediatamente cancellata da altre forme sociali.

Dunque, così come un dio serve alla sopravvivenza dei suoi sacerdoti, non c’è niente che salvaguardi la casta degli scienziati?

Questo in effetti avveniva ai tempi dei tempi. Poi, quando gli scienziati hanno imparato dai sacerdoti come fare, si sono creati un modello ad immagine e somiglianza delle chiese. Così, da un giorno all’altro, la scienza ha detto che non esiste nessun dio creatore, ma che tutto il creato è in mano alla scienza stessa, la quale disporrà dei mezzi per comprendere tutto al più presto. Inoltre bisogna aiutare la scienza, perché prima si comprenderà e prima si potranno anche fare i miracoli, quelli della scienza naturalmente, ed arrivare al miracolo finale: l’uomo, con la sua scienza, guadagnerà la possibilità di vivere in eterno!

In questo gioco, nel frattempo, coloro che erano sacerdoti e depositari di un potere che faceva da filtro tra l’umana progenie ed il soprannaturale, venivano sostituiti dai professori universitari, i quali avrebbero dovuto fare da filtro tra l’ignorante comune e la scienza universale.

Anche in questo caso solo i meritevoli, cioè coloro che seguono la Regola, sarebbero stati premiati con la vita eterna. Ma chi avrebbe stabilito chi era nella regola? Un tempo, ovviamente, le chiese; oggi la Scienza.

La società, qualsiasi essa sia, nasce come un’organizzazione aperta e subito dopo si dà delle regole. In quel preciso momento la novità finisce e comincia l’immobilismo totale, che porta sempre, nel tempo, a rivolgimenti sociali decisamente notevoli, chiamati rivoluzioni. I contrasti che portano, poi, all’evoluzione temporale della specie e delle forme della società non devono mai essere visti come contrasti tra un tipo di società e l’altro, bensì come scontri sociali tra il dentro ed il fuori di una singola società. Chi è dentro non permette ad altri di entrare, se questi non si assoggettano alle leggi della società, ma in tal modo coloro che dovrebbero entrare in quella società chiusa sarebbero già di fatto appartenenti a tale gruppo di persone.

Invece, se chi è al di fuori della società chiusa lo è perché esiste una divergenza di vedute e di comportamenti tra lui e coloro che occupano posizioni all’interno di tale società, ecco che si alzano gli sbarramenti.

La società chiusa tende a preservare se stessa e non ammette catalizzatori di caos al suo interno. Se, per caso, si sviluppano alcuni di questi elementi al suo interno, essi devono essere eliminati nel più breve tempo possibile, perché altrimenti creerebbero instabilità.

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!Due modelli di società evolutiva

La presenza sostanziale di questi due soli modelli di creazione e di evoluzione sociale sembra dimostrare che c’è contrasto tra scienza e religione e questo è storicamente innegabile, sebbene negli ultimi anni si sia assistito ad un accordo tra i due poteri.

Ad esempio, da una parte il Vaticano ha eminenti studiosi che studiano l’Universo con potenti telescopi, i più potenti del mondo, e dall’altro troviamo figure di scienziati sedicenti cattolici che inneggiano alla gloria del Signore. Ci si deve chiedere cosa stia succedendo nelle menti di sacerdoti e scienziati!

Perché la Chiesa Cattolica, oggi più che mai, cerca di trovare analogie tra quello che dice la Bibbia e quello che dicono le leggi della fisica, quasi volesse far acquisire una certa credibilità scientifica al Dio creatore? Ma se il dio fosse veramente creatore se ne fregherebbe delle leggi della fisica, poiché sarebbe lui a farle, e non avrebbe senso voler far apparire un testo sacro come un testo anche scientifico, poiché se esiste il creatore non c’è spazio per la scienza, ma solo per il miracolo.

D’altra parte molti scienziati oggi tentano di minimizzare le polemiche tra scienza e religione divertendosi, anzi ostinandosi, diremmo noi, a cercare parallelismi tra quello che è scritto nei testi biblici e la fisica moderna. Del resto che significato avrebbe perdere tempo con la religione se il dio non esiste?

La realtà è un’altra e ben lungi dall’essere moralmente giustificabile. Oggi come oggi sia la scienza sia la Chiesa cattolica, come qualsiasi altro gruppo di potere, hanno intravisto la possibilità di un crollo di credibilità dovuto ad una perdita d’immagine. L’immagine di questi poteri è vecchia e corrosa dall’aver, per troppo tempo, esercitato coercizioni ed inganni senza modifiche e rinnovamenti decisivi.

A lungo termine, i sudditi, i fedeli, la gente comune, si accorgono che qualcosa non va e cominciano a volgere la propria attenzione a tipi di dominio alternativi. L’essere umano, però, non sembra in grado di proporre modelli veramente alternativi e si riduce a scimmiottare modelli che sembrano differenti, ma che sono condannati a seguire le stesse leggi che regolano la società oggi al potere. Così nascono nuovi movimenti, ispirati a religioni orientaleggianti, che hanno, comunque, il solito capo, che fa i soliti soldi, con la cerchia dei diletti, con quella degli eletti e quella dei reietti.

Così la scienza ufficiale perde sempre più colpi di fronte a para-scienze e para-scienziati che, al di là delle nuove proposte scientifiche, non modificano quella che è la pietra miliare della scienza passata, la metodologia scientifica di Galileo, ormai obsoleta.

Si assiste, così, alla creazione di fondazioni dedicate alla para-scienza, all’interno delle quali, ahimè, si cerca di far convivere le cose nuove con le formule vecchie. A nessuno viene in mente che è l’esistenza stessa della formula che potrebbe, nella nuova scienza, non avere più posto: si cerca di guadagnare credibilità presso le vecchie istituzioni scientifiche cercando in esse il riconoscimento dei propri sforzi. Sarebbe come pretendere che Bush si convertisse all’Islam o che Galileo fosse perdonato dalla Chiesa Cattolica, come è in effetti successo qualche anno fa (ma dopo 400 anni) per intercessione del professor Antonino Zichichi presso il Vaticano.

Tutto ciò accadrebbe perché l’uomo sarebbe prevedibile nei suoi comportamenti; prevedibile perché la sua creazione è un insieme di prevedibilità, agli occhi della scienza meccanicista tanto cara ai Piero Angela di oggi. La scienza segue delle regole: di conseguenza l’uomo non poteva che diventare così com’è diventato, né più né meno di com’è oggi. La sua evoluzione era, infatti, prevedibile sulle basi delle leggi della scienza, sia su quelle conosciute sia su quelle che ancora non abbiamo scoperto, ma che sicuramente giacciono da qualche parte del cosmo.

Se, d’altro canto, l’uomo fosse stato soggetto a creazione divina, allora sì che le cose sarebbero dovute andare come sono andate… lo avrebbe voluto il dio creatore!

Va assolutamente sottolineato, come ho già detto in altri precedenti scritti, che, se esistessero le leggi della fisica, non esisterebbe il benché minimo spiraglio di libero arbitrio e, se esistesse il dio creatore, al di là del suo atto creativo, il libero arbitrio umano rappresenterebbe una pura e semplice invenzione della casta sacerdotale, per far tornare i propri conti. Non ha alcun senso, infatti, che un dio costruisca un universo che si muove secondo il suo volere e lasci un inutile libero arbitrio all’uomo, visto che, alla fine dei tempi, tutto deve comunque compiersi secondo la volontà del creatore.

La fine dell’Umanità

E allora? E allora, per la scienza ufficiale, semplicemente l’uomo muore.

Se le cose stessero veramente così l’uomo potrebbe considerarsi già condannato. Lo sarebbe per la scienza ufficiale, per la quale tutto è calcolato. L’uomo sta producendo sistemi di vita invivibili, i giovani sono tutti globalizzati, si consuma di più ed i nostri governanti istigano la collettività allo spreco, portandoci a produrre più rifiuti. Chi comanda si sta preoccupando di costruire una società di zombie robotizzati che devono consumare solo quello che chi comanda ha scelto per loro e per di più devono consumare tanto, per consentire a chi comanda di rimanere in vita ed al potere.

La società collassa su se stessa: è solo questione di tempo ed alcuni scienziati lo hanno già previsto con precisione. Tra cinquant’anni non ci sarà più petrolio, non ci saranno più le grandi foreste amazzoniche, il livello dei mari sarà più alto di venti metri, la sterilità aumenterà per problemi fisici, ma anche psicologici. Non c’è alcun dubbio: stiamo per morire. Tutto ciò, però, viene sapientemente celato dalla scienza di stato e dai nostri governanti e politici. Questo vale anche per i potenti di quella Chiesa per la quale non si potrebbe ammettere che la Creazione di Dio dovesse finire, poiché la creazione viene vista come atto positivo, mentre la fine, la morte, è vista come atto negativo e, siccome si dà ad intendere che Dio è buono e misericordioso, l’universo dei preti deve continuare a vivere.

Così, in questo parallelismo infinito tra scienza e religione, la scienza ci vuol convincere che con i suoi metodi vivremo meglio in futuro, quando tutto sarà automatico, nessuno lavorerà più e le macchine penseranno a noi, trascurando, però, di sottolineare che qualcuno, purtroppo, comanderà le macchine.

La Chiesa, dal canto suo, suppone che un bel giorno Dio si deciderà a smettere questa commedia della creazione e distruggerà tutto. Tutto tranne, però, la sua migliore creazione: l’uomo, per il quale ci sarebbe la salvezza eterna, ovviamente sempre che se lo sia meritato (come per la scienza, del resto, nda). L’uomo ancora una volta immortale, passerebbe il resto della sua eterna esistenza a non fare nulla, sapendo che ci sono gli angeli che pensano a lui e trascurando, anche in questo caso, il fatto che ci sarebbe qualcuno che regola comunque il tutto: Dio!

Come si può notare, anche se con qualche differenza di impostazione, i modelli mentali che l’uomo si è costruito riguardo al proprio futuro prevedono che le responsabilità del singolo siano demandate a Dio per la Chiesa ed ad un Computer per la Scienza.

A questo punto si scopre che, in realtà, ciò che all’uomo dà più fastidio sembra essere il fatto di doversi prendere delle responsabilità. Questo è il punto focale di tutta l’evoluzione umana. Vivere è una faticaccia, ma morire sarebbe peggio! Dunque, nel tentare di far tornare le cose a proprio vantaggio, l’uomo immagina un futuro in cui nessuno gli romperà più le balle, ma per guadagnarselo dovrà abbassare la testa di fronte alla volontà altrui, di fronte ad un potere costrittore, o religioso o tecnologico.

Ciò che fa la differenza

Ma se è vero che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, è vero pure che a qualche essere umano tutto ciò non piace affatto! Questo accade perché gli umani hanno una strana caratteristica: non sono tutti uguali. Tutto quello che appare comodo e scontato per i più, per altri, invece, non è affatto da condividere.

Il potere tende a minimizzare questa peculiarità dell’uomo, e dice che chi non la pensa come chi comanda verrà eliminato attraverso un processo di autoselezione, regolato, per la scienza, ovviamente dalle leggi matematiche dell’evoluzione e per i preti, altrettanto ovviamente, dalla semplice volontà divina.

Dunque si tenta di offrire ai ribelli sociali un’ultima possibilità: Péntiti e sarai salvato, oppure credi nelle leggi (della fisica o della Chiesa) e vivrai.

In parole povere: ACCETTA LA GLOBALIZZAZIONE E NON ROMPERE PIÙ LE SCATOLE!

Il fatto, però, che esistano persone che la pensano in modo differente mi fa ritenere che o la creazione ha avuto qualche difetto, oppure le leggi della fisica non hanno funzionato a dovere nell’atto creativo.

Che il dio creatore non esista? Che le formule della scienza ufficiale siano sbagliate? O, più semplicemente, che le cose, nel momento dell’Inizio, siano andate, invece, in modo diverso?

L’alternativa

In effetti, se volessimo essere proprio pignoli, si potrebbe scoprire che la scienza ufficiale non risponde correttamente riguardo all’evoluzione della specie umana.

In un libro intitolato “ORIGINI”, (edizioni Dedalo, Bari, 1990), che raccoglie seminari sulle origini dell’uomo e non solo, edito, in realtà, dalla prestigiosa e conservatrice università di Cambridge, nel contributo del professor David Pilbeam si trova la descrizione del modello evolutivo oggi accettato dalla scienza ufficiale. L’autore sicuramente rappresenta un connubio tra un teocrate ed un burocrate dell’università e risulta in accordo con una frase di uno scienziato dei tempi degli Stuart, che recita più o meno così:

L’uomo possiede una struttura completamente diversa, nel suo intestino, da quella di voraci creature come i cani, i lupi, eccetera, le quali, preoccupandosi solo delle loro ventri, hanno un intestino che scende diritto dal loro ventricolo o stomaco: invece, in questo nobile microcosmo che è l’uomo ci sono molte circonvoluzioni anfratte, serpeggianti e tortuose nell’intestino di modo che, potendosi procurare una più lunga ritenzione del cibo, egli può dedicarsi a sublimi meditazioni ed ad utili occupazioni nella Chiesa e nella comunità politica.

Si capisce immediatamente che chi scrive, quale autoritario (più che autorevole) esponente scientifico, sta sbagliando tutto per il semplice fatto che, nel descrivere l’uomo, lo ha completamente travisato. Ci si potrebbe sentir rispondere che, al tempo degli Stuart la capacità umana di descrivere le cose era comunque minata dalla scarsa attitudine dell’uomo di allora ad osservare fenomeni fisici, ma ci si sbaglierebbe di grosso.

Basta leggere a pagina 120, dove lo scienziato moderno, invece, classifica l’uomo con le sue otto principali caratteristiche, che sarebbero le seguenti (sob! direbbe Topolino, nda):

1. habitat solitamente non boscosi

2. scatola cranica relativamente molto grande

3. lenta maturazione, ovulazione femminile nascosta, estro non evidente

4. alimentazione onnivora: il cibo viene cacciato, radunato, trasportato, diviso, preparato e conservato

5. Bipedismo: ricerca di viveri in luoghi centrali

6. Complesso comportamento culturale: linguaggio

7. Organizzazione sociale costruita attorno al matrimonio e prolungata cura degli infanti

8. Creazione di utensili, capacità tecnologiche e dipendenza dalle apparecchiature.

È evidente che chi ha scritto questi punti non ha capacità osservative nei riguardi dell’uomo, cioè dell’oggetto dei propri studi, e piglia fischi per fiaschi.

Così apprendiamo, al punto 1, che la civiltà boschiva non sarebbe mai esistita, mentre dal punto 2 si deduce che tra noi e gli elefanti non c’è nessuna differenza. Inoltre il cosiddetto estro femminile non sarebbe visibile… ma forse lui (l’autore, nda.) non se n’è mai accorto? Che dire, poi, del fatto che l’uomo viene considerato onnivoro, mentre è, e rimane, erbivoro? Il fatto che, purtroppo, mangi carne non vuol dire che sia costruito per mangiarla. Da questo punto di vista basta fare attenzione alla struttura ed all’evoluzione dell’arcata dentaria umana per scoprire che noi con l’alimento carne abbiamo decisamente poco a che fare. Il fatto che la “civiltà” ci abbia costretti, per questioni di sopravvivenza e di lucro, a mutare i nostri atavici comportamenti, non vuol certo dire che la caratteristica umana sia essere onnivori per evoluzione.

Il punto 5 è realmente risibile, infatti gli umani amano cercare cibo nei supermercati, dunque il nostro scienziato avrebbe ragione. Dal punto 6, anch’esso decisamente risibile, si evince che il linguaggio parlato è un tipo di espressione evoluto rispetto a quella degli animali, i quali, al contrario, potrebbero comunicare, oltre che con i suoni ed i movimenti del corpo, anche per telepatia (e noi non ce ne potremmo minimamente accorgere, nda.). In altra sede ho avuto modo di dedurre che il linguaggio perfetto è quello archetipale, dal quale trae origine il simbolismo che dà origine al colore da cui nasce l’immagine che sta alla base del fonema. Dunque il fonema è una elaborazione miserrima della potenza dell’archetipo. Dal punto di vista del linguaggio e della comunicazione sembra che l’uomo abbia subito la peggiore involuzione che si potesse immaginare!

Al punto 7 lo scienziato supera se stesso: l’uomo è evoluto perché si sposa! No comment. Ed infine (8) l’uomo crea utensili, ma soffre della dipendenza da apparecchiature; ciò significa che ci facciamo guidare da una macchina…. Ma allora abbiamo davvero mandato il cervello all’ammasso!

Secondo la scienza ufficiale la specie Homo deriverebbe da un antenato comune che, in un determinato periodo, avrebbe fornito le cosiddette scimmie del vecchio mondo (Oligocene) ed in un altro (Pliocene) avrebbe creato una serie di scimmioni, i quali avrebbero dato origine a ciò che siamo ora. In particolare, tra i 15 ed i 20 milioni di anni fa, si sarebbero creati i prodromi per la creazione del gibbone, mentre, seguendo l’evoluzione dell’altro ramo, ci sarebbe stata, circa 12 milioni di anni fa, la creazione degli orango. Successivamente, lo stesso ramo, ancora in sviluppo, verso i 7 milioni di anni fa, avrebbe creato il gorilla e poi, verso i 6 milioni di anni fa, avrebbe creato lo scimpanzè da un lato e l’Homo dall’altro.

Ma non per tutti l’uomo si è evoluto come la scienza dice. La scienza, una volta, sosteneva che l’uomo moderno deriverebbe dal Neandertal, dal quale avrebbe in qualche modo tratto origine il più evoluto Cro Magnon che, poi, lo avrebbe soppiantato. In seguito, scoprendo che i Neandertal ed i Cro Magnon erano presenti nel nostro mondo contemporaneamente, qualcuno ha sostenuto che sarebbero stati generati da una scimmia comune, della quale, però, non esisterebbe traccia (spiacenti per Piero Angela, nda!).

Cerchiamo di capire. Secondo i dati ufficiali, due sono le teorie più o meno accettate sull’evoluzione umana, che vediamo riassunte in due grafici:

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!

Dai due grafici sopra riportati si nota come Johanson ritenga la specie di ominide Afranensis quale specie comune, mentre Leakey sostiene che l’Afranensis non ha niente a che fare con il ramo evolutivo dell’Homo Sapiens. Per ora si sta ragionando di ciò che sarebbe successo meno di cinque milioni di anni fa.

Ma la ricerca scientifica non vuole proprio stare al suo posto e qualche indisciplinato ricercatore tira fuori qualcos’altro:

Un vecchio cranio riscrive le origini dell’uomo

11 luglio 2002 – Articolo messo in Rete alle 09:31 ora italiana (07:31 GMT)

Scoperti in Ciad resti di ominidi di oltre 6 milioni di anni

di Marsha Walton, CNN Sci-Tech

ARCHEOLOGIA (CNN) — Un gruppo di ricercatori ha annunciato di aver scoperto in Africa centrale un teschio, una mandibola ed i denti di un essere vissuto tra i sei ed i sette milioni di anni fa: probabilmente la più antica traccia di esseri appartenenti alla famiglia umana mai trovata. I fossili sono stati trovati nel deserto del Djurab, nella parte settentrionale del Ciad e gli scienziati ritengono che si tratti di una scoperta di notevole importanza: “E’ un ritrovamento eccitante. Allarga la nostra conoscenza dei primi processi evolutivi nel tempo e nello spazio”, spiega Ian Tattersall, antropologo del Museo americano di Storia naturale. Si tratta, infatti, del primo ominide trovato in Africa centrale. Le autorità del Ciad hanno battezzato l’ominide “Toumai”, una parola in lingua Goran che significa “speranza di vita”, normalmente usata come nome per i bimbi che nascono prima della stagione delle piogge.

Come racconta un articolo sull’ultimo numero della rivista ‘Nature’, la prima scoperta – il cranio – è stata fatta da Ahhounta Djimdoumalbaye, uno studente universitario, il 19 luglio di un anno fa. La squadra al lavoro sul posto era complessivamente composta da una trentina di persone: geologi, sedimentologi e paleontologi provenienti da dieci diversi Paesi. La squadra era diretta dal professor Michel Brunet dell’Università di Poitiers, in Francia, direttore della missione franco-ciadiana di Paleoantropologia. “E’ molto emozionante tenere nelle proprie mani l’inizio della vita umana – ha dichiarato Brunet a ‘Nature’ – E’ una cosa che ho cercato tanto a lungo… ma sapevo che un giorno l’avrei trovata”.

Toumai potrebbe svelare i segreti di un periodo dell’evoluzione del quale in questo momento non si sa nulla. Dieci milioni di anni or sono la Terra era popolata da molte scimmie, ma solo intorno ai cinque milioni di anni fa si ha la prova dell’esistenza di ominidi. Gli ominidi sono creature con caratteristiche umane, differenti dalle scimmie e dagli scimpanzé. Gli scienziati affermano che Toumai possiede caratteristiche sia delle scimmie sia degli esseri umani. Lo studio dei fossili indica che la scatola cranica è simile a quella delle scimmie, mentre la faccia è corta ed i denti assomigliano a quelli di un essere umano. Si tratta di un fossile così diverso dagli altri che è stato catalogato come un genere e una specie totalmente differenti: “Sahelantropus tchadensis”. Brunet sottolinea che la scoperta solleva diverse questioni e fa supporre che la differenziazione tra scimpanzé ed esseri umani sia avvenuta molto prima di quanto comunemente ritenuto. Il cranio di Toumai indica che era probabilmente delle stesse dimensioni di un normale scimpanzé, ma, poiché non si sono trovati altri resti oltre al cranio, ai denti e alla mandibola, non è chiaro quanto possa essere stato grande quell’essere, né se camminasse su due gambe.

Altri scienziati che hanno studiato la scoperta affermano che nascono nuove questioni circa l’origine degli esseri umani. Bernard Wood della George Washington University, per esempio, ritiene “probabile che si tratti di un antenato dell’uomo. Se qualcuno, però, mi chiedesse se ne siamo assolutamente certi, la mia risposta sarebbe che non sappiamo ancora”. Quanto al luogo, gli scienziati sottolineano che gli altri ominidi sono stati individuati in Africa orientale, mentre questo si trova in Africa centrale. E’ un’area che sette milioni di anni fa appariva molto diversa da oggi: laghi, deserti, savana e praterie, abitate da vertebrati sia acquatici sia anfibi e da altre specie. Alcuni degli animali con i quali questo ominide potrebbe aver interagito potrebbero essere elefanti, giraffe, antilopi, cinghiali e ippopotamidi. I laghi potrebbero essere stati abitati da pesci, coccodrilli, serpenti e tartarughe.

Dunque la Bibbia avrebbe proprio “dato di fuori”, sostenendo che l’uomo è stato creato solamente 6 000 anni fa?

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!

Ma i problemi non finiscono qui. Qualcuno sostiene che non esiste continuità tra il Neandertal ed i Cro Magnon, come invece la scienza ufficiale vorrebbe farci credere. Certamente le caratteristiche dei due crani sono molto diverse (il Cro Magnon è a sinistra di chi guarda), ma qualcuno continua a sostenere che questi due sono fratelli (sarebbe come dire che Piero Angela è fratello di Cecchi Paone, nda).

Infatti, tra i 23 000 ed i 25 000 anni fa, i Neandertal si sovrapposero ai Cro Magnon e convissero assieme, ma i primi, meno “evoluti”, dovettero soccombere, anche se, probabilmente, le due stirpi ebbero modo di incrociarsi, fornendo, tuttavia, una prole sterile. Ma da dove venivano i Cro Magnon, che avevano il cranio tondo ed ampio, gli occhi azzurri e, forse, il fattore sanguigno Rh anche negativo?

I Neandertal avevano fattore Rh positivo, poiché derivavano dalla scimmia Rhesus, ma gli altri da dove venivano?

Sentiamo cosa dicono gli scienziati italiani in un articolo delle Scienze:

Le origini dell’uomo europeo

Nessun legame con i Neandertal

Un gruppo di scienziati italiani, guidato da David Caramelli dell’Università di Firenze, afferma di essere riuscito per la prima volta a recuperare materiale genetico dalle ossa di uomini di Cro Magnon, gli antenati degli attuali europei, vissuti circa 25.000 anni fa. Le sequenze di DNA analizzate si sono rivelate simili a quelle degli esseri umani moderni e molto differenti da quelle degli uomini di Neandertal. Questo confermerebbe l’ipotesi che gli esseri umani odierni ed i Neandertal abbiano percorso due strade evolutive ben distinte.

Le teorie prevalenti sostengono che gli uomini moderni fuoriuscirono dall’Africa poche centinaia di migliaia di anni fa e che rimpiazzarono altri ominidi, fra cui i Neandertal, con i quali hanno convissuto per migliaia di anni. Ma altre ipotesi “multiregionali” affermano che i Neandertal non fossero poi così diversi dagli uomini moderni, e che potessero incrociarsi con loro. I Neandertal sono scomparsi circa 30.000 anni fa.

Il genetista Svante Pääbo era stato il primo a estrarre DNA mitocondriale (mtDNA) da resti di Neandertal, ma finora nessuno aveva analizzato il DNA dei Cro Magnon. Il mtDNA viene ereditato inalterato dalla madre e permette agli scienziati di ricostruire il percorso genetico per centinaia di migliaia di anni. Il team di Caramelli ha estratto e analizzato segmenti di mtDNA dalle ossa di due individui giovani, un maschio ed una femmina, rinvenute a Grotta Paglicci, un sito del paleolitico nel Parco Nazionale del Gargano. Quando è stato confrontato con i dati esistenti provenienti da uomini di Neandertal vissuti fra 29.000 e 42.000 anni fa, non è stata trovata virtualmente nessuna somiglianza.

Il confronto con l’informazione genetica di quattro europei preistorici vissuti fra 5.500 e 14.000 anni fa e con un database di mtDNA di 2566 abitanti moderni di Europa e Medio Oriente ha invece mostrato la presenza di molte sequenze identiche. “In particolare – spiega Giorgio Bertorelle dell’Università di Ferrara, uno degli autori dello studio – molti abitanti del Medio Oriente presentano sequenze analoghe a quelle dei campioni di Grotta Paglicci. Questo è ragionevole, in quanto si tratta delle regioni attraversate nelle prime migrazioni”.

Lo studio è descritto in un articolo pubblicato online sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS).

Allora sembrerebbe evidente che tra Neandertal e Cro Magnon non ci sia nessuna parentela. E quello che è scritto sui libri? Il Neandertal deriverebbe dalle scimmie, ma i Cro Magnon da dove vengono?

Luca Mazzoleni in un articolo dal titolo “ L’origine dell’uomo: Una o molte “ riproduce alcune tavole interessanti, per tentare di capire quale sia stata l’evoluzione umana.

La “continuità regionale”: schema dei centri di diffusivi

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!

Questa è la teoria secondo la quale la civiltà si sarebbe formata nella cosiddetta mezzaluna fertile ed, in seguito a migrazioni in tutto il mondo, si sarebbe sviluppata contemporaneamente dovunque.

L’”origine singola”: mappa dell’espansione geografica

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!

Questa è la teoria secondo la quale Lucy, la scimmia antropomorfa africana, sarebbe stata la mamma di tutte le mamme.

Purtroppo il genetista Cavalli Sforza, in alcuni suoi fondamentali lavori, studia le migrazioni delle popolazioni antiche, andando a vedere quale percentuale di fattore Rh negativo abbiano, nel sangue, i soggetti studiati. Il problema nasce dal fatto che l’uomo, se trae origine dalla scimmia, deve avere il fattore Rh positivo, cioè deve avere una certa proteina che circonda i globuli rossi per evitarne l’agglutinamento.  Ma è evidente che chi non discende dalla scimmia non può avere quella proteina. Allora da dove vengono gli altri, quei primi ominidi a fattore Rh negativo, che non hanno questa proteina nel sangue?

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!

Come si vede dalla mappa di Cavalli Sforza, in Europa esistono zone ad alta percentuale di fattore Rh negativo (quelle più rosse), ma nel mondo le cose risultano ancora più drammatiche.

Piero Trevisan, in un articolo dal titolo “ La religione di Atlantide: fra mito e ipotesi storica”, dichiara che la civiltà madre, origine culturale e culla di tutte le altre civiltà, sarebbe costituita da Egizi, Sumeri, Etruschi, Celti, Cretesi, Sardi, civiltà della valle dell’Indo, Olmechi, Aztechi, Incas, Maya, Apache, Pasquani, civiltà africane del golfo di Guinea, Baschi, Berberi del Marocco, Tuareg, antichi libici (che gli Egiziani descrivevano come bianchi di pelle, dai capelli rossi e dagli occhi azzurri) e dall’estinto popolo dei Guanci delle Canarie (gli unici discendenti puri dei Cro Magnon).

Così, accanto ai popoli del nord Europa, ed in particolare i Celti, troviamo gli Indiani d’America e alcune popolazioni africane… ma sono proprio le popolazioni con alta percentuale di fattore Rh negativo nel sangue!

Stranamente queste popolazioni sono dotate di forti tradizioni che sostengono la tesi della creazione dell’uomo esogena al pianeta Terra, ma sono anche le stesse popolazioni che si riscontrano frequentemente nelle analisi delle memorie aliene che gli studi di ipnosi regressiva riguardanti le abduction mettono in luce.

Insomma non abbiamo niente a che fare con i Neandertal, abbiamo genetica differente e non sappiamo come e da dove siamo venuti fuori!

Nella sottostante tabella sulla evoluzione umana, redatta dalla prestigiosa Smithsonian Institution i punti interrogativi sono, infatti, più d’uno.

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!

È strano, invece, che per Piero Angela sia sempre tutto chiaro: i Neandertal vissero insieme con i Cro Magnon …. Si, dico io, ma da dove venivano i Cro Magnon e, se erano insieme, avevano un progenitore comune? Piero Angela sembra trascurare questo problema e lo sorvola. Ma un antenato in comune pare proprio che non ci sia stato: ed allora?

La botta finale al darwinismo la dà, infine, Fred Hoyle con i suoi studi matematici.

“The Darwinian theory is wrong and the continued adherence to it is an impediment to discovering the correct evolutionary theory”

Fred Hoyle

Nel suo libro Mathematics and Evolution, l’autore, scopritore dei buchi neri, sostiene l’ipotesi che l’uomo è venuto dallo spazio sotto forma, forse, di forme di vita ancora poco evolute, in un progetto inseminativo universale. (Panspermia)

Multiple extraterrestrial genetic injections can only be successful if they all have the same genetic code. In the end this boils down to the requirement that all extraterrestrial input must have the same origin. What’s the probability of this? A single input of genetic information could explain the origin of life on Earth.

Per me ogni commento è superfluo!

L’altra evoluzione

Dunque ci sarebbe un anello mancante nell’evoluzione umana e questo anello mancante potrebbe essere messo in relazione ad una, per così dire, “doppia creazione”, nella quale qualcuno, venuto da fuori, avesse messo il proprio zampino nella genetica umana, alterando non solo le caratteristiche del nostro DNA, ma dando anche un improvviso “colpo di acceleratore” alla nostra evoluzione.

Allora qual è il vero aspetto dell’evoluzione umana? Dobbiamo ancora credere che l’uomo discenda dalla scimmia? Evidentemente non dobbiamo più pensare che, tra la scimmia e l’uomo, esista un legame di discendenza diretta, bensì, semmai, una parentela in linea laterale, “spezzata” artificialmente; inoltre dobbiamo fare chiarezza sul termine evoluzione.

Evoluzione e linguaggio

Come si definisce un essere più evoluto di un altro? E poi l’evoluzione è eguale per tutti?

Per me un essere risulta più evoluto di un altro solo se conosce più sistemi comunicativi, più linguaggi. Non si è più evoluti solo se si sa costruire utensili o si suona il pianoforte, rispetto ad un’ameba che, magari, non lo sa fare, ma si è evoluti se si conosce la comunicazione.

Questa nuova definizione di evoluzione risulta totalmente svincolata dagli otto stupidi parametri a cui il professor Pilbeam fa riferimento e si basa sull’idea fondamentale che più linguaggi si conoscono, più ci si può arricchire di esperienza, mettendosi in relazione con altri non per distruggere, ma per apprendere.

Dunque facciamo un semplice esempio: Una formica è più evoluta di un uomo? La risposta corretta a questa domanda è, secondo me: Oggi no! Infatti mentre noi sappiamo, anche se goffamente, comunicare con una formica, poiché conosciamo i suoi linguaggi sia chimico, leggibile attraverso i suoi feromoni, sia posturale, leggibile attraverso i movimenti del corpo della formica stessa; quest’ultima, invece, non si accorge nemmeno dell’esistenza dell’uomo.

Per chiarezza i feromoni sono sostanze chimiche secrete dagli insetti, che, a seconda del loro odore, vengono interpretate come segni semplici di amicizia, ostilità, sonno, fame, sete, eccetera. Ad esempio, se un insetto vuole urlare qualcosa ad altri insetti, deve emettere una sostanza che sia caratterizzata da una bassa tensione di vapore, cioè che passi allo stato vapore molto facilmente, così che l’odore corrispondente si espanda nell’atmosfera circostante con grande velocità e vada il più lontano possibile. Per quanto riguarda il linguaggio posturale, quando sono tanto vicine da potersi toccare, le formiche si toccano reciprocamente le antenne in un certo modo, comunicandosi, con quel contatto, alcune informazioni.

Questi due tipi di linguaggi sono stati attivi anche nell’uomo, ma purtroppo egli è regredito, passando alla parola e dimenticando, a livello cosciente, il linguaggio del corpo. Per quanto riguarda il feromoni, l’uomo possiede, nel naso, ancora l’organo necessario all’acquisizione delle informazioni feromoniche; esso, però, si disattiva subito dopo la nascita, quale retaggio di un passato dimenticato.

L’uomo, dunque, nella sua evoluzione, sta facendo l’errore di dimenticare i linguaggi utilizzati in passato, per sostituirli con altre forme di linguaggio. Questo tipo di evoluzione sembrerebbe costringere l’uomo a vivere nel presente, ma a non fare tesoro delle vecchie esperienze, rendendosi decisamente vulnerabile al rischio di cadere in errori evolutivi forse già commessi.

Oggi il tentativo in corso di tenere sotto controllo l’umanità spinge i poveri sudditi ad essere pilotati in tutto. Così chi comanda sceglie il linguaggio che vuole che l’uomo usi: quello del computer! Usando il computer sarai controllato e non potrai difendere più le tue comunicazioni da occhi ed orecchie indiscrete.

Se, invece, usassi la telepatia, per esempio, e sviluppassi tale facoltà, allora chi comanda non potrebbe più entrare nella tua testa ed il progetto di globalizzarti il cervello fallirebbe prima di nascere. Così oggi ti si obbliga ad usare sempre più il computer e sempre meno la parola. Assisto già quotidianamente all’osceno spettacolo che mi si presenta in sede d’esame nella mia Facoltà, di fronte a studenti incapaci di emettere suoni facilmente identificabili da parte di un proprio simile. Non cadiamo nell’errore di credere, poi, che il computer e l’informatica siano la panacea della comunicazione scientista. I giovani sanno usare il computer meglio degli anziani! FALSO! I giovani sanno giocare al computer con giochini che li rincoglioniscono, ma hanno una creatività personale ridotta quasi a zero!

Però non tutti sono così. Alcuni, dentro di sé, capiscono tutto ciò e capiscono, in un certo senso, anche i linguaggi che non usiamo più; lo fanno, ovviamente, in modo inconscio, ma qualcosa, dentro di loro, non ha dimenticato, l’esperienza del nostro DNA non è passata invano. Questi soggetti sono pochi, sono i Diversi, coloro che rappresentano l’errore della creazione, secondo la scienza e la religione, i catalizzatori di caos. Coloro che, secondo chi scrive, hanno, invece, inconsciamente la responsabilità di evitare quell’abbrutimento totale del cervello umano che lo ridurrebbe ad un accessorio al servizio dei globalizzatori.

Evoluzione o adattamento?

Pare che l’uomo non si sta propriamente evolvendo rapidamente, poiché sembra decisamente poco capace di utilizzare le esperienze passate. L’uomo sembra essere più capace, invece, di adattarsi alle circostanze: piuttosto che evolversi, dunque, si adatta a degli stimoli esterni.

Forse chiunque abbia creato l’uomo lo voleva proprio adattabile e non evolvibile.

L’adattamento non è evoluzione, poiché l’evoluzione si rappresenta con l’interazione che l’uomo esercita sulla natura, assoggettandola a i suoi bisogni. L’adattamento è tutto il contrario. Mentre l’adattamento non è evoluzione, l’evoluzione è rivoluzione continua. Evoluzione è imparare l’inglese per poter scambiare esperienze con altri, mentre adattamento è imparare l’inglese perché obbligati dalla necessità di trovare lavoro. Alla fine si sarà sempre imparato l’inglese, ma, mentre nel primo caso, si sapranno sia l’inglese che l’italiano, nel secondo caso si tenderà a dimenticare l’italiano.

Un essere in evoluzione si costruisce una capanna per le proprie necessità; un essere che si adatta trova una capanna già costruita o si rifugia in una grotta già esistente. L’adattamento è, quindi, legato alla propria sopravvivenza, mentre il concetto di evoluzione è completamente svincolato da quello di sopravvivenza. Ecco identificato il punto in cui esiste una certa differenza tra l’uomo e la scimmia: si tratta della capacità di adattamento e non tanto di quella di evoluzione.

L’uomo si adatta più velocemente della scimmia e per questo ha più probabilità di cavarsela in circostanze difficili. L’evoluzione viene, secondo me, erroneamente correlata alla capacità di sopravvivenza ed alla cosiddetta specializzazione dell’essere. Oggi si tende a far erroneamente credere che l’essere più specializzato sia il più evoluto. L’essere più specializzato è quello che sa fare meno cose, ma le sa fare benissimo, fino a raggiunger il limite rappresentato dal super-specializzato che sa fare, da dio, una cosa sola. È facile notare che l’essere più specializzato ha meno possibilità di sopravvivenza. Sembra una contraddizione ma è così.

Se fossi naufragato su di un’isola deserta insieme alla mia scimmia e ad un carico di scatolette di cibo bastanti per l’eternità, ma non avessi un apriscatole e non sapessi aprire le scatolette di cibo in altro modo, io morirei.

La mia scimmia troverebbe, invece, non solo il modo di cibarsi di altro, ma, a lungo andare, farebbe pure qualcosa che la porterebbe, probabilmente, anche ad aprire le scatolette di cibo.

Così, nell’era dei computer, se in laboratorio sto facendo una reazione organica molto importante e va via la corrente, si ferma l’agitatore elettromeccanico del reattore e non so come cavarmela; in un’occasione del genere una persona, forse meno evoluta, si tolse la cintura dei pantaloni, l’avvolse attorno all’asse del motorino elettrico e cominciò a tirarla avanti ed indietro, producendo una rotazione alternata con effetti simili a quelli che si avevano in presenza di corrente elettrica: la reazione fu completata ugualmente. Inutile dire che questa persona non potè far carriera nell’università, mentre chi era rimasto fermo al palo, oggi è professore di chimica organica.

L’uomo muore perché è più specializzato, mentre una scimmia vive perché lo è meno?

Dunque l’uomo è faber specializzato, ma non è necessariamente evoluto, perché, se lo fosse veramente, vivrebbe, e non sopravvivrebbe, in una accezione miserrima del termine!

È evidente che la specializzazione non è evoluzione, ma semplicemente adattamento.

Il premio Nobel per la chimica Ilya Prigogine, che ha studiato la termodinamica dei processi irreversibili, ha scoperto che i processi evolutivi nell’uomo sono irreversibili, ma non i processi adattativi, continuo io, che sono ben altro.

L’essere evoluto non dimentica l’errore del passato e fa tesoro della sua esperienza, anche se questa non gli dovesse più servire, mentre colui che si adatta, cambia semplicemente stile di sopravvivenza e sarà in grado di dimenticare il modello di sopravvivenza attuale per tornare a quello precedente, ma per fare questo impiegherà del tempo. L’essere evoluto, invece, saprà immediatamente, in un contesto retroevolutivo differente, come comportarsi.

A questo proposito Prigogine così si esprime:

Riconoscere che la complessità giochi un ruolo essenziale in tutti i livelli della nostra descrizione della natura ci induce a riconsiderare la relazione tra stati e leggi, tra essere e divenire. Dal punto di vista classico (compresa la fisica quantistica), gli stati sono simmetrici rispetto al tempo e si propagano secondo leggi che conservano la simmetria temporale, come le trasformazioni unitarie della fisica. Per tenere conto dell’irreversibilità e della stocasticità dobbiamo considerare stati con una rottura temporale della simmetria…..(ORIGINI, opera citata pag. 115).

Dunque l’evoluzione non è reversibile ed un essere evoluto non dimentica la sua evoluzione, mentre l’adattamento è reversibile e comporta l’oblio dello stato che fu. Ma noi sappiamo che l’universo non può modificare la sua simmetria se non localmente, mentre, in un contesto più ampio, questa apparente asimmetrizzazione locale sarebbe compensata da altre microasimmetrizzazioni, immagini speculari della prima.

Prigogine, dunque, non si è accorto, secondo me, che a cambiare simmetria non è l’asse dello Spazio o quello del Tempo, oppure quello dell’Energia, bensì l’asse della Coscienza, l’unico asse non virtuale dell’Universo, l’unico in grado di evolvere e di compiere, così, il suo scopo. Tutto questo è ben espresso in alcuni miei articoli sul concetto di libero arbitrio, così come nella parte finale della teoria del SuperSpin di prossima completa pubblicazione.

Chi ha coscienza evolve, gli altri al massimo mutano la loro adattabilità all’ambiente. Chi ha coscienza vive; chi ha adattabilità sopravvive.

L’ipotesi nuova

Sulla base di tutto ciò che ho detto finora risaltano subito, ai miei occhi, alcuni aspetti che potrebbero mutare radicalmente il concetto di evoluzione terrestre della specie umana. Questo nuovo concetto evolutivo dovrebbe, in effetti, adattarsi anche ad eventuali specie aliene presenti nel nostro universo.

Innanzi tutto appare evidente che c’è stata una creazione iniziale, su base evolutiva, ed inoltre almeno una variazione artificiale dell’evoluzione, evidentemente non casuale, prodotta, per i propri scopi, da razze più evolute di noi (una sorta di panspermia non accidentale ma voluta, seguita da una serie di variazioni genetiche pilotate).

Appare, inoltre, evidente che i due fondamentali aspetti creativi (quello evolutivo e quello adattativo), si siano mescolati tra loro e che il risultato che oggi si può facilmente constatare è che ci sono due tipi di esseri umani, a prescindere dalla nazione o dalla razza di appartenenza. Ci sono quelli che sono bravi ad adattarsi all’ambiente ed altri, in minor numero, che sono bravi ad evolversi, modificando a loro modo l’ambiente che li circonda: i modificati dall’ambiente ed i modificatori dell’ambiente. Ovviamente ci saranno anche soggetti dotati, in tutti i possibili modi, di percentuali diverse delle due caratteristiche descritte. In conclusione è solo l’evoluzione a non essere reversibile, mentre l’adattabilità lo è in misura differente nei diversi soggetti.

L’idea di base prende lo spunto dall’osservazione, tratta dall’analisi delle descrizioni testimoniali ricavate, in questi ultimi anni, riguardo ad alieni dall’aspetto più o meno umanoide. Si è potuto costatare, al di là di ovvie differenze morfologiche, il tentativo della natura di antropomorfizzare l’aspetto di tali alieni. Vengono descritti esseri decisamente differenti, ma sempre con qualcosa che assomiglia a due mani, due braccia, due gambe, due occhi, due orecchie, insomma esseri bipedi con un piano di simmetria verticale. In particolare si riconoscono fattezze tipiche dei mammiferi, ma anche degli insetti, dei rettili e degli uccelli, sempre, comunque, fondamentalmente antropomorfizzate.

Questo cosa significa? La risposta è semplice: nell’universo esiste una forma di vita molto stabile ed evoluta rispetto alle altre, la forma umanoide!

Così ho pensato che l’evoluzione seguisse delle regole più semplici di quelle scritte sui libri e, purtroppo per la scienza ufficiale, mai completamente dimostrate. L’evoluzione è divisibile in due aspetti: un’evoluzione vera e propria ed un adattamento. Il modello proposto è il seguente.

Su di un pianeta nasce la vita complessa e raggiunge, nell’acqua, il livello proprio dei pesci. I pesci diventano anfibi e dagli anfibi traggono origine i rettili, poi gli uccelli ed infine i mammiferi. Questo è successo sulla Terra: ma è avvenuto anche su altri pianeti?

Sembra chiaro che gli esseri in evoluzione ed in adattamento assumerebbero, prima o poi, un aspetto di tipo umanoide. Ma cosa fa decidere ad un pesce di diventare anfibio? Le condizioni climatiche del pianeta. Se su di un pianeta l’adattamento, cioè il bisogno e la capacità di sopravvivere, in alcune specie è forte, queste, se le condizioni ambientali cambiano, decideranno, magari, che sulla terraferma si vive meglio che nell’acqua si sposteranno su di essa.

Se, poi, le condizioni del pianeta cambieranno ancora, per adattarsi all’ambiente si svilupperanno altre forme di vita, come, per esempio, gli uccelli. In un pianeta, di conseguenza, ciò che fa uscire i pesci dall’acqua è l’adattabilità al sistema, e non l’evoluzione. L’evoluzione esterna del corpo, invece, produrrà comunque una mutazione delle forme, la quale indurrà una trasformazione continua ed un progressivo avvicinamento alla forma bipede umanoide.

Così, con il tempo, l’uccello, uscito dalle acque, diverrà sempre più umano. Volerà, magari, ma si reggerà su due forti gambe e le sue scapole diventeranno sempre grandi ed elevate. Alla fine non volerà più per merito delle ali, atrofizzate dal tempo ed eventualmente ormai scomparse, semmai volerà mediante teletrasporto.

Se un giorno, sul suo pianeta, le condizioni ambientali muteranno ancora e renderanno conveniente la vita acquatica, è probabile che, impiegando molto tempo, l’uccello umanoide tornerà nell’acqua e diventerà un pesce. Un pesce con due gambe, due branchie o due polmoni, che cammina sul fondo del mare più che nuotare e che, magari, assomiglia ancora, almeno in parte, ad un uccello umanoide. Un pesce dalla forma umanoide!

Dunque l’adattabilità produrrà la necessità di mutarsi in relazione al proprio habitat (processo reversibile), ma l’evoluzione (processo irreversibile) continuerà in un solo senso, producendo forme simili a quelle umanoidi, che sono le migliori da un punto di vista entropico.

Così l’intelligenza di questi esseri, che mutano forma ma che, nel tempo, si avvicinano sempre più a quella umana, evolverà sempre, con una certa velocità, senza mai tornare indietro.

La corsa verso il traguardo

L’uomo non può più diventare scimmia, ma la scimmia può diventare uomo.

Un altro importante aspetto dell’evoluzione, infatti, è la Velocità dell’evoluzione stessa. Tutti gli esseri evolvono, ma alcuni lo fanno così lentamente che a noi sembrano fermi. L’uomo ha la caratteristica di evolvere rapidamente, mentre le formiche sembrano ferme da millenni.

Il DNA, o qualcosa che esso contiene, fa la differenza.

Un gatto, nel giro di pochi giorni dalla nascita, è in grado di gestirsi perfettamente e in pochi mesi raggiunge l’intelligenza di un bambino di pochi anni. Il cucciolo d’uomo, invece, parte lentamente ma alla lunga, dopo molti anni, manifesta un’evoluzione superiore a quella di un gatto adulto. Se il cucciolo d’uomo dovesse progredire con la stessa velocità che ha un gatto nei primi giorni di vita ci troveremmo con esseri umani che, a cinque anni, avrebbero già dieci lauree. Ma il gatto si ferma e l’uomo va avanti.

Nell’ambito delle abduction ci troviamo di fronte ad alieni che sono ben lungi dall’essere mammiferi, ma che appaiono umanoidi. Un esempio per tutti, ma non l’unico, è costituito dal “Rettiloide” (confidenzialmente chiamato “Serpentone”): quello che viene da altrove, è alto due metri ed ottanta centimetri, ha tanto di coda e sembra un coccodrillo in piedi.

Ma com’è possibile che un rettile sia più evoluto di un uomo e sia in grado di produrre una tecnologia a noi sconosciuta? Semplice: sul suo pianeta il rettile ha avuto il tempo di progredire. Le condizioni ambientali del suo pianeta sono cambiate poco in miliardi di anni ed il rettile ha percorso la via evolutiva sopra descritta, diventando, nell’aspetto, sempre più umano. Il rettile si è evoluto molto lentamente e, per fare un passo che l’uomo poteva fare in cento anni, ha impiegato centomila anni, ma ha avuto tutto il tempo per farlo. Il suo sistema solare era stabile e nulla, nelle condizioni ambientali del pianeta, è mai cambiato. Allora ci troviamo di fronte ad un rettile più evoluto di noi?

Anatema, direbbe la Chiesa. Anatema, risponderebbe la scienza ufficiale.

L’uomo non è più il migliore del cosmo?

Considerazioni finali

Siamo forse in grado di tranquillizzare, anche se a malincuore, sia la Chiesa che gli stupidi che si laureano senza capire.

Siamo di fronte ad esseri antichi, che non hanno avuto bisogno di adattarsi continuamente, poiché sono vissuti in un ambiente senza stimoli e sempre eguale. Esseri, per questo, incapaci di cambiare comportamento da millenni, esseri statici nelle azioni e nelle reazioni, esseri che conoscono bene qualche trucco dello spazio-tempo, magari semplicemente perché la loro pineale era più sviluppata della nostra, con conseguente capacità di vedere il campo magnetico e non quello elettrico. Esseri più evoluti, dunque?

Non necessariamente. Esseri più adattati dai millenni trascorsi, ma non più evoluti, rispetto, almeno, alla propria adattabilità. L’evoluzione non è la conoscenza di qualcosa, ma è la coscienza di avere la conoscenza di qualcosa.

CREAZIONE, EVOLUZIONE, ESTINZIONE? SOPRAVVIVENZA!

L’uomo adulto, per sua natura, si sviluppa evolvendo più rapidamente di qualsiasi altro essere mai visto. L’uomo rappresenta, per questo, un pericolo per tutte le altre specie viventi nel cosmo, perché probabilmente, per qualche strano gioco della natura, ci appare capace nell’apprendere, ma soprattutto veloce nel modificare i parametri esterni del sistema. Se gli si dà tempo e non gli si rompono le scatole, diviene qualcosa di forse inimitabile. Da questo nasce la necessità di controllare, soffocare, distruggere l’animo umano ed è questo che l’alieno tenta di fare, secondo me, da millenni. È l’alieno che ha bisogno dell’uomo, e non il contrario, ed è questo che traspare dalle mie pluriennali indagini.

Una cosa è chiara: può essere che l’uomo sia meno evoluto degli alieni, ma, in poche migliaia di anni, li supererà abbondantemente. Questo, per un rettile antico, sembrerebbe essere decisamente insopportabile. L’alieno non accetta la sua situazione, mentre alcuni uomini hanno capito quali sono i suoi limiti. Da questo punto di vista l’evoluzione di questi pochi esseri umani è sicuramente molto superiore a quella di qualsiasi rettile alieno venga a tentare di confonderci le idee. Ma non basta: noi siamo consapevoli, a volte, della limitatezza di questi esseri e la loro strafottenza ci fa solo una grande pena! Questo è ciò che emerge dai racconti fatti dagli addotti in ipnosi regressiva, studiando i quali, a poco a poco, l’alieno buono e salvatore è diventato prima schiavista-nazista, poi semplice stupido, incapace di intendere la reale natura dell’Universo.

Ma non dimentichiamoci mai che, se le cose stanno così, gli umani adattati all’ambiente sono la quasi totalità, mentre pochi sono gli esseri evoluti capaci di adattare l’ambiente a loro immagine. Gli alieni, in un mondo di questo tipo, comandato dai nostri globalizzatori, potranno avere buon gioco.

A meno che non cambi qualcosa nella nostra consapevolezza!

Corrado Malanga

Se ne avete voglia, leggete queste opere:

BAKER P.T. – Human adaptation to high altitude, in “Science”, n.1149, 1969

Idem – Climate, culture and evolution, in “Human biology”, n.3, 1960

BAKER P.T./WEINER J.S. – The biology of human adaptation, Oxford, 1966

BALIBAR E./WALLERSTEIN I. – Razza, nazione, classe. Le identità ambigue, Edizioni Associate, 1991

BIONDI G./RICKARDS O. – Razza: una categoria tassonomica, in “Sapere”, n.63, 1997

CAVALLI-SFORZA L.L. -Geni, popolazioni e lingue, in “Le Scienze”, n.281, 1992

Idem – Geni, popolazioni e lingue, Adelphi, 1996

Dobzhanskij T. -Diversità genetica e uguaglianza umana, Einaudi, 1979

KOYRÉ A. – Dal mondo chiuso all’universo infinito, Feltrinelli, 1970

LASKER G.W. – L’adattamento umano alle condizioni ambientali, in “Annuari Enciclopedia della Scienza e della

Tecnica”, Mondadori, 1974

LEAKEY R. – Il lungo viaggio dell’uomo, Zanichelli, 1982

LIVINGSTONE F.B. – Polygenic models for the evolution of human skin color differences, in “Human Biology”, 1974

NEWMAN M.T. -Biological adaptation of man to his enviromment: heat, cold, altitude and nutrition, in “Annals of

NewYork Academy of Science”, n.617, 1961


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