Trend sostenuto dalla BCE e divieto di vendite allo scoperto (short selling) hanno di fatto dimezzato i tassi dei Credit Default Swaps
Dalla metà del 2012 ad oggi, i tassi dei Credit Default Swaps (CDS) della periferia europea si sono sostanzialmente dimezzati. Per i CDS italiani si è passati da 500 a 250 punti base, mentre per quelli spagnoli da 600 a 300 bp. Ancora meglio sui titoli irlandesi, che vantano un differenziale CDS di appena 200 bp.
Trattandosi di titoli assicurativi, che tutelano dal rischio default del titolo di Stato sottostante, il restringimento implicherebbe che effettivamente l’eventualità di una bancarotta dell’Italia o della Spagna è molto meno probabile oggi che quattro mesi fa. Infatti, ciò significa che tutelarsi dal rischio default sottostante costa oggi meno che qualche mese fa, e quindi, che tale rischio sia meno probabile.
In effetti, il trend al ribasso dei tassi sui Credit Default Swaps sovrani si è
intensificato da fine luglio, ossia da quando il governatore della BCE (Banca Centrale Europea), Mario Draghi, annunciò che Francoforte avrebbe sostenuto in qualsiasi modo i bond pubblici in difficoltà sul mercato, assicurando che ciò sarebbe stato di certo sufficiente. Successivamente, il varo formale dell’Outright Monetary Transactions (OMT), anche noto come piano anti-spread, ha fatto il resto.
Tuttavia, qualcuno ipotizza che tale restringimento si abbia per lo più a seguito della nuova disciplina europea sulle vendite allo scoperto o short selling di CDS sui titoli sovrani dell’Unione Europea. Normativa, pubblicata ad aprile, che vieta la vendita non coperta o “nuda” di tali CDS, successivamente alla data di pubblicazione e con l’obbligo per gli investitori di rientrare da tali posizioni corte entro la data dell’1 novembre 2012.
La norma si estende sia al singolo CDS su un titolo sovrano UE, sia su un gruppo di Credit Default Swaps, di cui almeno uno su un sottostante bond sovrano UE. E poiché il divieto è globale, esso riguarda anche le posizioni aperte da una banca con sede extra-UE, che abbia operato con un investitore anch’esso extra-UE.
E che non si tratterebbe solo di un clima più disteso sul futuro dell’Eurozona lo dimostrerebbe anche l’andamento dei tassi CDS britannici, scesi a 30 punti base, nonostante le prospettive poco rosee sull’economia e l’ampio deficit fiscale di Londra. Ricordiamo, infatti, che la Gran Bretagna non appartiene all’Area Euro, pertanto, questo miglioramento si spiegherebbe con il divieto di short selling imposto da Bruxelles e non con le dichiarazioni di Draghi.
Tuttavia, se questo fosse vero, allora il trend ribassista dei tassi Credit Default Swaps sovrani UE potrebbe cessare entro il 1 novembre, data ultima per chiudere le posizioni corte precedentemente aperte, acquistando un contratto CDS di segno opposto o titoli pubblici sottostanti per un importo analogo.
Il timore è, quindi che, chiuse le posizioni sui Credit Default Swaps sovrani, tra qualche giorno possano, invece, essere aperte posizioni corte sui bond bancari UE, dato che gli istituti di credito sono molto esposti ai debiti sovrani e sui loro bond non è previsto il divieto di cui sopra.
Occhio, dunque, all’andamento dei tassi Credit Default Swaps per i titoli bancari dell’Europa, specie della periferia.