Credo di aver capito perchè, nonostante siamo alla rovina, le piazze sono vuote, nessuno protesta, l’indignazione da reale è diventata virtuale.
Creato il 14 gennaio 2012 da Slasch16
Una volta ho detto a mia moglie: qualsiasi cosa succeda, o succederà tra di noi, nessuno potrà portarmi via i 40 anni passati insieme.
Sarà un problema del dopo, ma il vissuto non potrà essere cancellato.
Ho fatto questa premessa per evitare che qualcuno prenda per nostalgia quello di cui andrò a scrivere, le lotte operaie e le conquiste degli anni che vanno dal 1968 al 1977.
Non è un problema di nostalgia è un problema di reazione e di protesta contro il potere e lo Stato di polizia che ancora oggi è in vigore.
Erano tempi in cui la coscienza collettiva, la lotta di classe, la battaglia contro i soprusi di quelli che allora erano i padroni ed oggi è la globalizzazione ed il dominio della finanza parassita alla quale il potere politico, in modo particolare delle destra, si è piegato supino ai voleri dell’economia parassita, delle banche e dei grandi finanziatori parassiti.
A noi dava fastidio, allora, che certi politici si inchinassero davanti al Papa e gli baciassero la mano. Lo vedevamo come un segno di sottomissione sul piano della libertà, dell’etica, e della morale. Il Papa dettava la line sulla famiglia, la sessualità, l’aborto, tutte battaglie civili di libertà che nascondevano l’oppressione del proletariato, il concetto che chi fosse sfortunato e quindi in miseria dovesse comunque accettarlo come un dono di Dio.
Per chi ha frequentato la chiesa, studiato dai preti come me, veniva da una famiglia cattolica la frase più ripetuta e sentita era sempre la stessa: beati gli ultimi perchè saranno i primi nel regno dei cieli.
Praticamente l’elogio dello sfigato ed un presa per il culo.
Ed è per questo che a 11 anni ho smesso di credere al regno dei cieli e mi sono dedicato alla vita reale.
Pur venendo da una famiglia che oggi si chiamerebbe borghese ho sposato, prima istintivamente, poi sempre più convinto la causa degli ultimi ed ho notato che gli ultimi erano sempre gli stessi, le stesse famiglie, la stessa classe di proletari.
Quelli destinati all’inferno, i ricchi, gozzovigliavano e si arricchivano sulle spalle degli ultimi ma andavano a messa tutte le domeniche per garantirsi il regno dei cieli. Essendo abituati a prendere, pretendere, comprare tutto quello che serviva ai loro agi ed ai loro privilegi tentavano di comprarsi la villa anche nel regno dei cieli, esibendo offerte corpose proporzionate al loro amore per Dio al punto che i migliori venivano citati dal prete coem benemeriti della chiesa.
Una ulteriore umiliazione per gli ultimi, poveri ma devoti, che non avevano offerte da esibire.
Comunque avrebbero potuto contare sul fatto che dopo, nel regno dei cieli, sarebbero stati i primi ed avrebbero avuto, finalmente, la rivalsa contro chi si è approfittato ed arricchito con la loro vita da miserabili.
Ma questo è un discorso filosofico che al momento non mi interessa, è marginale.
Mi chiedo come mai in un momento economico in cui i poveri sono tartassati più che mai dalla politica, dai tecnici, dai professori, dalla globalizzazione e dai quei parassiti, nel caso nostro dell’Italia al quel 10% di italiani che posseggono il 50% della ricchezza nazionale, che decidono quanti panini possiamo mangiare al giorno e chi avrà un lavoro e chi no.
La logica è la stessa del caporalato contro il quale si è battuto per tutta la vita Giuseppe Di Vittorio, il più grande sindacalista che l’Italia abbia mai avuto.
Il mondo è diventato una grande piazza come quella di Cerignola negli anni di Di Vittorio dove i disoccupati si riunivano alle 2 del mattino in attesa che il caporale o un padrone venisse a fare la chiamata, a sceglier chi avrebbe lavorato quel giorno e chi no in base alle loro esigenze.
Verso le 5 si sapeva già chi avrebbe potuto dare da mangiare alla sua famiglia e chi si sarebbe dedicato alla raccolta di erbe selvatiche per fare un minestra.
Da queste lotte in campagna, dallo sfruttamento nelle fabbriche, è nato il sindacato, il movimento operaio al quale nei decenni si è unito il movimento studentesco, con qualche incomprensione, ma guidato da grandissimi intellettuali ha saputo conquistare una forza ed una unità che ci ha portati alle conquiste degli anni 70.
Ci sono voluti decenni, le lotte sono costate lacrime e sangue, ci sono stati dei martiri come a Reggio Emilia, la polizia sparava sui manifestanti ed è stata dura, durissima.
Ovvio che io non abbia partecipato a tutte le battaglie ma ero informato e dal 1972 in poi ho cercato di fare la mia parte.
La cosa più bella di quegli anni, che nessuno potrà portarmi via, nemmeno i revisionisti alla Pansa, per il semplice fatto che li ho vissuti sulla mia pelle, e li ha pagati anche la mia famiglia, nel 1972 aveva già un figlio e la moglie a carico in quanto era stata licenziata proprio perchè diventata madre. Poco prima che entrasse in vigore lo Statuto dei lavoratori, altra memorabile conquista, che avrebbe garantito la maternità. L’avrò ripetuto mille volte, sino all’esaurimento del lettore.
Dicevo che la cosa più bella di quel periodo era che la coscienza era comune, di massa, non era divisa e frastagliata come adesso, noi sapevamo che la controparte, il sistema, il potere, la Confindustria, i fascisti e tutti i vari parassiti che ancora oggi abbiamo sul groppone avrebbero fatto l’impossibile per dividerci, per creare sospetti, diffamare dirigenti e compagni, mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, ma la maggioranza restava unita.
Quando c’era un attentato, una legge truffa, una rapina da parte del potere partiva lo sciopero ed in pochi minuti si svuotavano le fabbriche, si fermavano le catene, nelle acciaierie non si facevano le colate. Io facevo il magazziniere in una concessionaria auto, se facciamo una scala da 1 a 10 dei lavoratori io venivo dopo i bancari, gli assicurativi, il terziario, diciamo al 4 posto e, se vogliamo fare gli spiritosi, un privilegiato non lavoravo in catena, non portavo i secchi di malta nè i sacchi di cemento, ma le cose le sapevo.
Quando c’era lo sciopero generale si bloccava tutta la città, le piazze erano piene e le battaglie con le forze dell’ordine erano all’ordine del giorno. Insomma la rabbia, l’indignazione , per dirla alla moda corrente, era inarrestabile e concreta, visibile, se Monti avesse fatto il decreto legge che ha fatto due mesi fa in quegli anni si sarebbe fermata tutta Milano per tre giorni, non oso pensare cosa avrebbero fatto nelle fabbriche storiche come la Marelli, la Breda meccanica, la Fiat e così via.
Sotto ad un certo aspetto ed in proporzione al cambiamento dei tempi oggi siamo messi peggio di allora e solo le donne con la manifestazione di un anno fa: SE NON ORA QUANDO! Hanno saputo riempire le piazze di giovani, anziani, precari disoccupati, studenti, pensionati dando una prova di dignità e di orgoglio, di forza contro un sistema corrotto e ladro che toglie il futuro ad intere generazioni.Tolte le manifestazioni locali, messe in sordina dall’informazione di regime, Termini Imerese, Genova, qualche piccola azienda cancellata in paesi più piccoli dove i dipendenti hanno manifestato, come i pastori sardi, e che compaiono solo nei giornali locali un vero movimento di massa non si è ancora visto, uno sciopero generale come si deve non l’abbiamo ancora fatto.
Gli unici scioperi riusciti sono quelli di categoria, guarda caso i taxisti, poi arriveranno gli avvocati, i notai ed i farmacisti, c’è molta ironia in queste parole che ho scritto, le liberalizzazioni, ammesso che le facciano, toccano le lobbies, le caste volute dalla politica per fare da cuscinetto tra i proletari e l’alta borghesia parassita.
La società è come una torta a strati e più strati ci sono più i parassiti, i politici, gli evasori, i ladri del bene comune, gli investitori milionari diventano intoccabili e restano lontani dalla rabbia della massa proletaria indignata.
Perchè non ci sono più le masse indignate che riempiono le piazze?
Perchè abbiamo tutti, o quasi, il pc ci colleghiamo su internet entriamo in Facebook andiamo ne gruppo dell’Asinara e clicchiamo: Mi piace. Cazzo hai visto? ci sono 353657 mi piace. Poi andiamo nel gruppo delle operaie della Omsa e clicchiamo, mi piace, simo già oltre 40000. Poi andiamo nel profilo di Maroni o di Reguzzoni e scriviamo: siete delle merde. Ma il conteggio delle merde non c’è, solo quello del mi piace.
Poi esprimiamo la solidarietà per l’imprenditore, l’operaio che si è suicidato perchè non lo pagano o ha perso il lavoro, andiamo a commentare l’articolo, in sesta pagina, su quelli che sono sulla torre da più di un mese ed esprimiamo, se il giornale permette i commenti, la nostra solidarietà.
Poi, si è fatto tardi, hanno telefonato gli amici, noi più anziani siamo stanchi e ci sediamo in poltrona ed i giovani si vanno a fare una pizza.
Non tutti, fortunatamente, ma la maggior parte di noi è convinta di avere espresso tutto il suo sdegno, la sua rabbia, la sua protesta con un clic, si sente la coscienza a posto perchè, anche oggi, abbiamo fatto la rivoluzione.
Oggi ho messo 16 mi piace in altrettanti gruppi nel web, quello degli Indignados Italia è il più divertente ed arrabbiato di tutti, peccato che sia invaso dalla feccia fascista ch crea solo polemiche, da fake, spammisti di professione che trasformano in cagnara qualsiasi tipo di discussione, offendano per cercare la rissa quando qualcuno cerca di ragionare e poi intervengono i moderati, i puri: questo gruppo è per gli indignati italiani, la politica ne deve stare fuori, non ci interessano le polemiche politiche.
Ma voi, domando, credete di cambiare il mondo, l’Italia, il vostro futuro senza politica?
Non avete capito una cosa fondamentale , anzi più di una. Primo senza unità non si va da nessuna parte, ci spazzano via in due secondi.
Secondo senza una linea politica comune non si può organizzare un movimento che esprima idee, proposte e concretezza.
Terzo, non è con guru che decide per tutti che si esprime la democrazia, anche se era un grande comico ed è uno dei blogger più famosi del pianeta. Ha sempre parlato di investitori e di azionisti truffati dalla multinazionali, ha sempre schifato la politica ed i politici, qualche volta con ragione più spesso no, è un gioco infido che appoggia il sistema, se tu sputtani la politica hai tolto l’80% della forza agli indignati.
Quarto è il caso che gli indignati, i precari, i disoccupati la smettano di pensare di essere apolitici, contro la politica, si vadano a leggere cosa significa polis e tengano presente che per cambiare il mondo ci sono solo due strade: una, è la rivoluzione. Dopo la quale ci troveremo a lottare contro la nuova classe dirigente.
L’altra è portare la politica al centro del sistema, badate che non dico di destra o di sinistra questo lo deciderà la maggioranza, anche se io pendo a sinistra ed intendo restarci.
La politica deve tronare al suo ruolo fondamentale pr il quale è nata: governare l’economia nell’interesse di tutti.
Se lasciamo, come oggi succede ovunque, che sia l’economia a dettare le regole avremo i ricchi sempre più ricchi ed i poveri, i proletari, sempre più numerosi.
Questa non è democrazia, la democrazia è libertà e governo di maggioranze e se la maggioranza sono i poveri pirla che pagano i debiti dei ricchi e delle banche significa che non è democrazia e la politica non svolge il ruolo che le compete.
Chi rifiuta la politica, di qualsiasi tendenza, è vittima della propaganda del sistema, del potere, dell’economia e rinuncia a l’unico strumento che può liberarci dalle catene del mercato, del liberismo, dove vincerà sempre il più forte economicamente perchè ha tutti gli strumenti per mettere in atto la repressione.
Dal ricatto sul lavoro alle forze dell’ordine dipendenti e comandate dal sistema e sempre schierate a difesa del palazzo.
Siamo in un regime, è tanto difficile da capire? Che sia della P2 o delle banche è sempre un regime dove l’economia detta le regole, i ricchi dettano le regole, sono i nuovi caporali della piazza di Cerignola che decidono ogni giorno chi mangerà e chi non mangerà.
In questa lotta per la conquista della dignità di cittadini, della cittadinanza nel senso di ditto alla partecipazione alla politica, alla decisione , alla giustizia, all’equità, non ci sono stati solo i democratici o i comunisti ed io ne voglio ricordare uno in particolare, Don Lorenzo Milani.
E’ stato esiliato a Barbiana dai suoi superiori, dal clero, nel tentativo di eliminarlo come uomo, prete e cervello.
Non ci sono riusciti e Don Milani è un vessillo di libertà, democrazia e partecipazione anche per noi comunisti. Un esempio da portare sempre nel cuore e, soprattutto, nella testa.
Don Milani diceva ai suoi ragazzi: ogni parola che non imparate oggi sarà un calcio nel culo che prenderete domani.
Io non sono un grado, non ne ho le capacità, ma vorrei che se un Dio esistesse, ci rimandasse nella terra 10,20, 100 Don Milani, Di Vittorio, Achille Grandi.
L’Italia, l’Europa ed il mondo sarebbero diversi.
P.S. La rovina, nel titolo, è intesa come etica, politica. Economicamente ancora no, ci sono miliardari in giro.
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