L’intervista che il cardinal Camillo Ruini ha concesso ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera di mercoledì 22 ottobre merita un commento puntuale, senza sorvolare neanche su una virgola, perché – insieme – è ritratto vividissimo dell’uomo, estratto delle ragioni di una stagione ormai chiusa che reca la sua impronta, saggio di quel concerto di carismi che nella Chiesa di Roma, con sublime perizia mirata all’edificazione degli stracazzi propri, alternano verità a carità, arcigno pretendere ad accorato perorare, passando con la disinvoltura di chi lo fa da due millenni, dal rinserrarsi nella turrita cittadella dell’ortodossia, coi pochi che davvero sanno essere zelanti, all’andar per bettole e bordelli, per tirarsi dietro avvinazzati allo scemar di sbornie e troioni in finale di carriera, per portar speranze esangui a frollare nella resipiscenza, con la promessa della resurrezione della carne, e l’anticipo di un analgesico esistenziale.
Era un Sinodo straordinario, espressamente voluto da Bergoglio, che ha deciso fosse istruito da Kasper, del quale sapeva bene quali fossero le opinioni sui temi scelti. In pratica, era un Sinodo che nelle intenzioni di chi l’aveva indetto doveva avallare la decisione di una svolta della pastorale sulla famiglia con la consueta procedura che dà alla volontà del papa la forma di una risoluzione collegiale. E c’è stato l’intoppo, perché le resistenze alla linea sulla quale i vescovi erano chiamati all’adesione sono state assai vivaci, al punto che la relazione finale ne ha dovuto tener conto. Il documento che verrà licenziato l’anno prossimo non sarà comunque impegnativo per Bergoglio, ma di fatto questo primo atto della commedia non si chiude come da copione. Come ci racconta tutto questo, Sua Eminenza? «Non una Chiesa divisa, ma una Chiesa con posizioni differenti», ma posizioni differenti non implicano una mancata condivisione di opinioni e una divergenza di vedute e di intenti? «Membri gli uni degli altri», ma in un corpo palesemente scisso, e su punti assai sensibili. «Arrischiato parlare di maggioranze e minoranze»? Proprio questa volta che si è deciso di rendere pubblici i risultati delle votazioni sul documento finale e che questi hanno dato modo di dare espressione plastica alla spaccatura? Ma non c’è bisogno di avere una gran faccia di culo per scoreggiare tanto eufemismo?
Glielo si fa notare e l’eufemismo svapora: «l’unità della Chiesa» è assicurata dal fatto che spetta al papa dire l’ultima parola. In sostanza, il Sinodo è del tutto inutile, se non a dare al papa lo spaccato – mai come in questo caso il termine è calzante – di un corpo che si fa unanime solo nell’obbedienza, sennò c’è da temere «conseguenze negative». Ecco fatta chiarezza su cosa sia davvero la «comunione» cui si faceva cenno nella risposta precedente.
Mica risponde, Sua Eminenza. Gli chiedono chi sono gli «intellettualisti», e lui dà la definizione dei «buonisti». Svicola, sicché costringe Cazzullo a toccargli il nervo che Bergoglio ha scoperto rigettando la formula che è stata del ruinismo.
Oggi è un richiamo alla «coerenza» , ieri «la coscienza dei credenti deve essere illuminata e formata non solo dalla loro ragione ma anche dalla fede e dall’insegnamento della Chiesa [sicché] è teologicamente infondata quella posizione per la quale il richiamo alla propria libertà di coscienza viene fatto valere per discostarsi dagli insegnamenti della Chiesa: all’interno del mondo cattolico, la controversia sui “principi non negoziabili” ha qui il suo vero nocciolo» (Riva del Garda, 1.4.2011). Detto con sincera ammirazione: gran figlio di puttana.
Non c’è stato un quotidiano che non ne abbia riportato notizia, e nessuna smentita è arrivata dalla Sala Stampa Vaticana, ma Sua Eminenza non sa. Se non sa, è probabile che la notizia sia falsa. Fila, no?
Hanno parlato di teologia, chissà come si sarà arrivati a parlare del ruolo di un papa emerito.
Finalmente alla dottrina quel che è della dottrina. Ti risposi? Sei bigamo. Ci rinunci e ti limiti alla convivenza? Sei un adultero. Manca solo il ribadire che il matrimonio civile – primo o secondo che sia – è concubinato, e al cattolicesimo si toglie ogni imbellettamento.
Sia chiaro: la Chiesa di Roma è nel pieno diritto di pretendere obbedienza dai propri fedeli. Dovessi scegliere, mi schiererei al suo fianco contro tutti i cattolici a cazzo di cane che davanti a un prete promettono fedeltà eterna al coniuge e poi pretendono di stare nella grazia di Dio anche se non riescono a onorare il loro impegno. È perciò che il povero Ruini mi fa una tenerezza infinita: costretto ad ammettere che si deciderà di negoziare sul principio, che resterà immutato solo sulla carta. E cosa c’è di più straziante di un «intellettualista» costretto a comportarsi «buonista», perché quella è la consegna?
Un poco di pietà da quello stronzo di Cazzullo? Macché. «Eminenza, mi faccia capire: mettete una pecetta sui passi del Catechismo che risultano più indigesti al gregge?». E cosa può rispondere, il poverino? «Guardi che sotto la pecetta rimane scritto tutto uguale a prima».
Wojtyla? Grande condottiere polacco. Ratzinger? Grande teologo tedesco. E Bergoglio? Latinoamericano – stop – charla y corazon.
Povero Socci. Va senza dubbio meglio a Ferrara.
Chiuso l’intermezzo buffo, si torna al sodo. D’altronde perché intervistare Ruini? Perché è stato il più cazzuto generale della Reconquista tentata coi pontificati di Wojtyla e Raztinger: si va a vedere quanto gli bruci il culo la ritirata strategica di Bergoglio. Non ci sia aspetta certo che lo ammetta, se gli brucia: si cerca di intuirlo, facendo la tara di quanto è obbligato a dire. E gli brucia. Caspiterina, quanto gli brucia. Così non ha difficoltà ad ammettere che le trovate mediatiche del latinoamericano sono tornate utili...
... ma quando pensa a quanto costi mostrar le spalle al nemico è tutto un ribollir di bile.
Si consola all’idea che verrà giorno in cui sarà possibile tornare a dare del ricchione al ricchione, fosse pure quando Dio farà cadere pioggia di fuoco su Sodoma. Spioverà, e tra le nubi apparirà San Camillo Ruini, e sulle macerie del tramonto demografico dirà: «Ve l’avevo detto, io». Al momento, c’è da soffrire. C’è da cedere la mano per non lasciarci il braccio, mentre ieri si poteva negare anche l’unghia a chi chiedeva un dito.
E si concede la mano, ma a far male è tutto il braccio, spalla compresa.
Povero Ruini...
... costretto a consolarsi con argomenti da prefettura.
E come no, perché escluderlo? Abbiamo Marione Adinolfi.
Avete preso nota? Bravi.