Le altre sono le solite perle coltivate dentro la beceraggine e la cialtroneria verbale del berlusconismo. ”I ministri sono più produttivi con l’auto blu”, dice Mastella; ”Prendo altri 4.000 euro al mese, ma non chiamatelo stipendio, si chiama in un altro modo”, sostiene non Pereira, ma Baccini; “Non c’è paragone. Era meglio Berlusconi, noi sindacalisti con quel governo andavamo a nozze” si smaschera Angeletti; “Verso Bossi padre esprimiamo un sentimento di solidarietà umana per ciò che ha rappresentato nella politica italiana”, filosofeggia D’Alema, il nobiluomo papale che fece di Bossi una costola della sinistra, mentre faceva la stessa sinistra a costolette; “Tremaglia li chiamava culattoni, io li chiamo diversi. Poi, quando non parlo in pubblico mi scappa anche culattoni. Io invece sono orgoglioso di essere normale. Per fortuna noi eterosessuali siamo la maggioranza, loro una minoranza” dice il raffinato Cimadoro dell’Idv; “Chissenefrega degli scandali! Nessuno osi umiliare Bossi, la canottiera che cambiò il Paese”, sentenzia Ferrara.
E’ solo una scelta fra alcune decine di motti celebri dettati in questi giorni. A una prima lettura viene il sorriso, ma alla seconda balza agli occhi che non si tratta di semplici idiozie, di parlar sgangherato, di lapsus, di frasi fatte usate malamente: si avverte invece che sono l’espressione esatta di un pensiero radicato, di prassi affermate, di pregiudizi conficcati come chiodi nel legno, di convinzioni imprudentemente scaturite nella conversazione, di abitudinaria arroganza . Che sono insomma qualcosa attorno a cui si è costruita la realtà di questo Paese e che tuttora la determina. Che ci si può scherzare su quanto si vuole, ma che le risate rischiano di seppellire noi e non loro: è così che accade quando la realtà è idiota.