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Crescita e futuro, le parole d’ordine

Creato il 10 febbraio 2012 da Fabio1983
L’incontro bilaterale Italia – Stati Uniti rinfranca tutti noi. Le (belle) parole spese da Barack Obama nei confronti di Mario Monti inorgogliscono il Paese e poiché anche l’occhio vuole la sua parte, la copertina del Time dedicata al nostro premier (Can this man save Europe?) suggella la leadership ritrovata. A maggior ragione se confrontata con quella in cui, “appena” 81 giorni fa, lo stesso magazine ritraeva l’ex presidente del Consiglio con tutt’altro spessore di “ammirazione”. Se all’epoca eravamo considerati l’economia più pericolosa di Europa, adesso ci riappropriamo dei nostri spazi. Lasciamo pure questo ruolo poco lusinghiero alla Grecia, insomma, che a noi compete molto di più. Atene deve mantenere fede agli impegni concordati (su cui l’Eurogruppo continua però a dubitare), Roma le sue decisioni forti, impopolari ma indispensabili, già le ha prese. I passi da gigante compiuti dall’Italia sono riconosciuti, internazionalmente parlando, dai maggiori leader mondiali e la Casa Bianca in particolare giova delle posizioni montiane in campo economico. Quella americana è un’economia che molto dipende dal Vecchio Continente e la sinergie riguardo temi specifici quali la crescita rigalvanizzano – a loro volta – Washington, poco soddisfatta delle politiche di eccessiva austerità e di rigore fiscale imposte negli ultimi mesi da Berlino. Nell’intervista al Time, Monti ha auspicato di riuscire a cambiare “la cultura e un certo modo di vivere e di lavorare degli italiani” perché “altrimenti le riforme strutturali sarebbero quantomeno effimere”. Una necessità organica, questa appare, in quanto non può esserci crescita se prima non si creano presupposti nuovi in grado di consolidare una ripresa quanto mai urgente. Il lavoro – il tasto più dolente dell’Italia – può e deve essere rilanciato non perseguendo esclusivamente schemi obsoleti. Non solo articolo 18, dunque. Soprattutto innovazione, sostenibilità, capacità esecutiva in caso di emergenze, maggiori tutele preventive che facciano risparmiare ingenti somme nel lungo periodo (si pensi alla sicurezza sul lavoro o a quella stradale), mirare ad una più efficace qualità di sviluppo, colmare – non più a chiacchiere – il divario Nord-Sud. Considerati i tempi stringati il governo tecnico avrà, tra le altre cose, il compito di gettare le basi per tutto ciò. Al resto ci penserà la politica. La quale, confidiamo in fretta, dovrà dimostrare di essere riuscita a ristrutture soprattutto se stessa.
(l’editoriale del venerdì per T-Mag)

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