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Crimea: il dilemma di Obama tra Vladimir Putin e gli interessi degli alleati europei

Creato il 05 marzo 2014 da Pfg1971

Crimea: il dilemma di Obama tra Vladimir Putin e gli interessi degli alleati europei

Crimea: il dilemma di Obama tra Vladimir Putin e gli interessi degli alleati europei

In questi primi giorni di marzo, una nuova crisi internazionale ha conquistato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo: i contrasti crescenti tra l’Ucraina, liberatasi con una rivolta di piazza del presidente filorusso Viktor Yanukovich e la Russia di Vladimir Putin.

 

Attriti che hanno condotto quest’ultimo a inviare truppe ad occupare la Repubblica autonoma di Crimea.

 

La giustificazione per l’azione militare è simile a quella utilizzata da Ronald Reagan per l’invasione di Grenada del 1983, proteggere i cittadini russi colà residenti.

 

Tuttavia, a differenza di quello che per il presidente americano era solo un mero pretesto per una invasione in piena regola (poche decine di turisti e studenti statunitensi), in questo caso, l’azione di Putin trova un fondamento reale.

 

La Crimea è una repubblica autonoma nell’ambito dello stato ucraino, in cui effettivamente risiede una notevole maggioranza di cittadini russi.

 

Questi, dopo l’uscita di scena di Yanukovich, un presidente eletto democraticamente e, come detto, filorusso, temono che il nuovo governo di Kiev, contrario ad ogni influenza di Mosca, potrebbe ridurre la loro autonomia all’interno del territorio ucraino.

 

Per questo motivo, Vladimir Putin ha deciso di inviare soldati russi, privi tuttavia di chiari segni di riconoscimento, a presidiare i principali centri abitati della Crimea.

 

Nella penisola vi è poi la città di Sebastopoli, dove nel suo porto, a seguito di accordi firmati con Yanukovich, si trova una parte rilevante della flotta russa, che, grazie a tale scalo è libera di navigare dal Mar Nero al Mediterraneo.

 

Le ragioni della mossa di Putin sono quindi fondate, tuttavia, non si può fare a meno di notare che, malgrado ciò, le sue truppe hanno invaso un territorio senza averne alcun diritto fondato su norme internazionali.

 

Di qui, l’indignazione della opinione pubblica europea e americana.

 

Eppure, almeno nel breve periodo, nonostante che fior fiore di opinion maker e dirigenti politici si siano stracciati le vesti di fronte a una simile prevaricazione del governo di Mosca, non è possibile fare molto per indurre Putin a tornare sui suoi passi.

 

Prima di tutto perché la Crimea e con essa l’intera Ucraina è troppo vicina alla Russia perché possa evitare un pesante condizionamento delle sue scelte politiche ed economiche da parte di Mosca.

 

La repubblica di origine di Nikita Kruscev appartiene a quella che l’equilibrio di potenza (unico sistema in grado di gestire i rapporti internazionali in modo stabile) definisce come la sfera di influenza russa.

 

Una realtà a cui, nell’emisfero occidentale, non sfuggono nemmeno il Canada e il Messico nei confronti degli Usa.

 

L’unico modo per sottrarre l’Ucraina a tale realtà sarebbe la sua finlandizzazione, la trasformazione in una nuova Finlandia, stato che, all’epoca della Guerra Fredda, era così contiguo all’Urss da essere una nazione neutrale, non appartenente cioè né al blocco occidentale, né a quello orientale.

 

Tuttavia, questa possibilità, viste le note aspirazioni di ingresso nell'Unione Europea di buona parte della popolazione ucraina, non sembra una soluzione praticabile.

 

In secondo luogo, la capacità degli alleati americani ed europei di influire in modo sostanziale sulle politiche di Mosca e sulle sue scelte contrarie al diritto internazionale è ridotta anche dalla divaricazione tra gli interessi nazionali degli uni e degli altri.

 

Mentre gli Stati Uniti di Barack Obama, anche grazie al crescente sviluppo nella produzione di shale gas, hanno riconquistato l’autonomia energetica e, fra breve, torneranno a rivestire un ruolo di esportatori netti di idrocarburi, gli europei non dispongono di tale libertà di scelta.

 

Paesi come la Germania o l’Italia, ma anche la Gran Bretagna, hanno fame di energia e una notevole quantità di questa proviene proprio dalla Russia di Vladimir Putin.

 

Di conseguenza, appare difficile che queste nazioni possano unirsi ad Obama nel punire le scelte di colui che garantisce loro l’accesso alle fonti di energia, elemento fondamentale per mantenere le proprie industrie e soprattutto il proprio elevato tenore di vita e di consumi.   

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