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Crimen Perfecto

Creato il 31 agosto 2010 da Sostiene Pereira...
Crimen PerfectoAlex De La Iglesia è regista appartenente a quella corrente di autori che al seguito di Almodovar hanno avuto modo di proporre il loro stile irriverente e grottesco nella rappresentazione di storie di varia umanità e il seguente film appartiene al genere della commedia nera, in cui il regista tenta di proporre una critica sociale e di costume su cui permangono alcuni dubbi di fondo.
Il film è sicuramente divertente e ironico, ci presenta sin dall'inizio un protagonista vincente e amato dalle donne, che presto o tardi dovrà vedersela con un cambio di rotta nella propria inesistenza, per lui sino a quel momento improponibile ed inimmaginabile.
Alcuni aspetti del film sono riusciti e non si può non provare simpatia per il protagonista, nonostante la sua superficialità, che in ogni caso crea invidia o almeno così vorrebbe farci credere il regista, sino al cambio di prospettiva e alla sua discesa agli inferi, in cui entra in gioco Lourdes (Monica Cervera), il cui nome è in palese contrasto con la propria acribia e disprezzo per un contesto da cui sino a quel momento si è sentita rifiutata e verso il quale permane una sottotraccia di disprezzo sociale.
De La Iglesia pare comunicare senza ipocrisie il dispregio che deriva dall'immaginario comune per ciò che appare brutto e sgradevole, venendo così confinato ai margini, ma la vendetta di coloro che sino a quel momento sono stati disdeganti non è da meno e le conseguenze sono umanamente grottesche, al punto da farti provare quasi compassione per Rafael (Guillermo Toledo), che nella sua discesa verso la follia medita la distruzione di Lourdes e la sua rinascita a nuova vita libertina.
Suscita qualche sospetto questa visione apparentemente critica della contrapposizione bellezza/bruttezza, in cui la controparte si rivela non meno infida dell'altra sino ad un trionfo inaspettato, che la pone sullo stesso piano superficiale ed ancor più esplicito di coloro, che come Rafael si fanno portatori di uno stile che potrebbe dirsi discutibile per la carenza di affettività ed umanità che si cela dietro agli abiti impeccabili ed eleganti di cui si traveste.
La pagliacciata finale forse è un modo per esporre alla luce il ridicolo che è in noi, che soggiace in noi, ma che non osiamo manifestare sino al momento in cui non arriva un nuovo guru, esteticamente improponibile, ma in grado per questo di farci prendere coscienza della nostra natura?
Riflessioni eccessive le mie su un film comunque godibile, ma che inevitabilmente lancia dei messaggi di fondo di critica sociale che non posso non prendere in considerazione, con il dubbio sottopelle sulle modalità di espressione e sugli intenti più o meno riusciti di dileggio del regista.

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