Il 2012 parte in salita. Sarà ancora un anno difficile, forse più complicato del 2011, un anno di transizione in attesa di una ripresa che non è facile da prevedere nei tempi e nei modi.
I problemi sono tanti: l’economia che deve rimettersi in moto, le imprese in difficoltà, i posti di lavoro che non ci sono, le banche che hanno stretto i cordoni della borsa nel concedere mutui e prestiti, le famiglie che non arrivano a fine mese, lo spread tra Btp e Bund tedeschi che non vuole scendere oscillando intorno ai 500 punti base.
Certo è che la manovra Monti, basata per lo più di tasse, non contribuisce a migliorare lo stato recessivo dell’Italia, anzi…, e non ha neanche eliminato i rischi che il nostro Paese corre. Comunque, a prescindere dalla sua condivisione, la manovra, a detta del Governo, è il punto di partenza per il risanamento delle finanze pubbliche, ma da sola, senza provvedimenti a favore della crescita economica, non è sicuramente sufficiente a risolvere i problemi e ad eliminare il rischio default.
E non consola il fatto che altri Paesi, soprattutto europei, non è che stiano molto meglio del nostro. Purtroppo la Bce (Banca centrale europea) ha forti divisioni interne politiche ed economiche ed il suo quasi immobilismo ha portato i mercati a scommettere sul fallimento di alcuni
Stati europei afflitti da un debito pubblico enorme, come la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e la Spagna. Infine, la speculazione è arrivata anche in Italia dove il debito pubblico è di circa il 120% del Pil (Prodotto interno lordo) e la crescita economica molto debole da venti anni ad oggi.
I titoli di Stato italiani stanno subendo da mesi un attacco durissimo che ha portato lo spread Btp-Bund (cioè la differenza tra il rendimento del titolo decennale italiano e quello tedesco) sopra i 500 punti facendo lievitare i rendimenti dei Btp fino a superare il 6% annuo netto.
Il debito pubblico italiano ammonta a circa 2.000 miliardi di euro. L’80% è composto di titoli di Stato (Bot, Btp e Ctz) con una scadenza media di 7 anni. Il fatto che la vita media sia abbastanza lunga e che i titoli siano per la maggior parte in mano ai risparmiatori italiani (e non alle banche come nel caso della Grecia), dovrebbe agevolare il risanamento attraverso le manovre effettuate da luglio a questa parte e quelle prossime che il Governo Monti si appresta ad emanare. Questo non significa che il processo di risanamento non ci farà soffrire e che sia di facile risoluzione.
Purtroppo i numeri non sono incoraggianti. La nostra economia nel 2011 è cresciuta dello 0,6% rispetto all’1,4% della media europea ed al 3,90% mondiale, e nel 2012 le previsioni più ottimistiche sono di un Pil italiano che salirà dello 0,5%, quello della zona euro dell’1,3% e quello mondiale del 4%. Si esclude un aumento dei posti di lavoro e l’inflazione salirà, ma non eccessivamente. Però la maggior parte degli esperti di finanza internazionale ci dà addirittura in piena retrocessione con una diminuzione del nostro Pil dell’1,5% nel 2012.
Una economia che non cresce o, addirittura, diminuisce, provoca danni a tutti. Significa che le aziende stanno producendo di meno e che non crescono i posti di lavoro e nemmeno gli stipendi. Il taglio delle spese e dei consumi delle famiglie creano un danno per le imprese che non sanno a chi vendere i prodotti, con la conseguenza che riducono ancora la produzione e non assumono o addirittura licenziano. Ed infine anche l’euro viene messo in discussione.
Insomma possiamo affermare, purtroppo, che l’economia sta affrontando uno dei momenti più difficili degli ultimi 60 anni.
In questo contesto l’Italia non ha ancora fatto quasi nulla in tema di riforme per lo sviluppo. I margini di miglioramento ci sono e sono enormi, ed è questo, paradossalmente, che ci deve portare ad essere fiduciosi.