Magazine Calcio

Croazia-Serbia: match   che è più di una partita

Creato il 22 marzo 2013 da Mbrignolo
Il calcio di Boban (wikipedia.prg)

Il calcio di Boban (wikipedia.org)

STORIE. Stadio Maksimir di Zagabria come 23 anni fa, una vita, una guerra civile devastante che ha lasciato ferite che ancora non si sono rimarginate e ci vorranno forse generazioni per rimarginarle, famiglie distrutte da faide razziali e pulizie etniche. Per la prima volta nella storia questa sera la nazionali di Croazia e Serbia si ritroveranno ad affrontarsi su di un campo di calcio e la tensione è altissima. Nel 1990, era il 13 maggio, la partita tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa di Belgrado diede il la a quella che un anno e mezzo dopo sarebbe diventata la guerra d’indipendenza croata. Nelle settimane precedenti le tensioni etniche avevano iniziato ad esplodere nella vecchia Jugoslavia, Slovenia e Croatia chiedevano a gran voce la creazione di una confederazione, la Serbia di Milosevic era pronta ad usare tutti i mezzi per mantenere il potere centrale. Ritornando a quella sera, tremila ultras della Stella Rossa guidata dalla tigre Arkan, che si fece le ossa proprio guidando i Delije prima di diventare il criminale di guerra che il mondo ha conosciuto, si recarono a Zagabria. Già molte ore prima gli scontri iniziarono per le strade tra i Bad Blue Boys croati e i Delije. All’interno dello stadio i tifosi della Stella Rossa, attaccati a sassate dagli avversari, distrussero tutto quanto fosse possibile distruggere per farsi strada verso i rivali affrontandoli a con ogni possibile arma al canto di slogan nazionalisti come “Zagabria è Serbia” o “Uccideremo Tudman (il leader dell’Unione Democratica Croata). Gli ultra croati a loro volta cercarono di invadere il campo e furono respinti una prima volta a fatica dalle forze dell’ordine a colpi di manganello e lacrimogeni per poi riuscirvi raggiungendo per una battaglia che lasciò centinaia di feriti i “nemici” serbi. Durante la battaglia molti giocatori della Dinamo rimasero in campo mentre i serbi avevano battuto in ritirata verso gli spogliatoi; il capitano della Dinamo, Zvonimir Boban, colpì un poliziotto che stava attaccando un tifoso croato e gli ultras blu lo trasformarono seduta stante in un eroe nazionale. “Era un personaggio pubblica pronto a mettere in gioco la vita, la carriera e tutto il resto per una causa: la causa croata”, dichiarò qualche tempo dopo lo Zorro rossonero.

E oggi alle 18 il timore di scontri è altissimo. Le due federazioni si sono accordate nelle settimane scorse per non consentire la trasferta sia nell’incontro di andata, sia nell’incontro di ritorno ai tifosi ospiti. Un appello alla calma e contro ogni manifestazione di odio e violenza è stato lanciato dal presidente croato Ivo Josipovic. In una intervista alla tv della Republika Srpska (Rs, entita della Bosnia-Erzegovina a maggioranza serba), Josipovic ha invitato tutti a considerare la partita un evento sportivo e a rispettare per questo lavversario. Probabilmente, ha aggiunto, il match di  oggi lo vedrà insieme allex presidente serbo Boris Tadic, con il quale aveva instaurato buoni rapporti. Intanto, la nazionale serba è arrivata ieri a Zagabria, dove sono state notevolmente intensificate le misure di controllo e sicurezza. Per evitare possibili provocazioni, la Federcalcio croata (Hns) e la polizia locale hanno imposto che lallenamento della nazionale serba allo stadio Maksimir si svolgesse a porte chiuse. Nel frattempo il direttore della polizia croata, Krunoslav Borovec, ha avvertito che in caso di manifestazioni ostili contro i serbi sulle tribune e di cori segnati dall’odio xenofobo, la partita potrà essere sospesa e anche annullata. “La polizia è pronta e intende adottare tutto quanto nei suoi poteri per garantire il massimo livello di sicurezza prima, durante e dopo l’incontro”, ha detto Borovec in una conferenza stampa a Zagabria, “anche a sospendere il match in caso di cori ostili”. I preparativi del dispositivo di sicurezza vanno avanti da almeno tre mesi, in collaborazione con i servizi di intelligence croati e la polizia serba.

Il clima è stato riscaldato dalla intervista che due giorni fa l’allenatore serbo Sinisa Mihajlovic ha rilasciato alla Gazzetta dello Sport (vedi video) e che è stata riportata in versioni notevolmente modificate nei due paesi: il tecnico, che non ha mai nascosto la sua amicizia personale con la Tigre Arkan, ricorda “Le guerre, tutte le guerre, fanno schifo. Ma una guerra civile come la nostra è peggio. Ragazzi cresciuti insieme che si sparavano contro, famiglie disgregate. Io ho visto la mia gente cadere, le nostre città rase al suolo, bombe su ospedali, scuole, civili: tutto spazzato via. Il mio migliore amico ha devastato la mia casa. Quando i miei genitori hanno lasciato Vukovar per Belgrado, mio zio, croato e fratello di mia madre, le ha telefonato: “Perché sei scappata? Dovevi rimanere qui, così ammazzavamo tuo marito, quel porco serbo di m…”. Mesi dopo mio zio fu catturato da Arkan, stava per essere ucciso, ma gli trovarono addosso il mio numero di cellulare. Mi chiamarono, e riuscii a salvargli la vita. Da fuori, seduti in poltrona, è stato facile puntare il dito. Ma Arkan era un mio amico da quando, ragazzo, giocavo nella Stella Rossa e lui era il capo dei tifosi. E Arkan ha difeso dei serbi in Croazia che stavano per essere massacrati. Per quei serbi Arkan è stato un eroe. Non rinnego quel necrologio, ma non difendo i suoi crimini. Quelli restano. Sono orribili. E li condanno. Come tutti i crimini commessi, da una parte e dall’altra. In una guerra civile non esistono i buoni e i cattivi. Non c’è il bianco e il nero. E il colore predominante alla fine è sempre il rosso. Del sangue degli innocenti. La guerra in Jugoslavia ha tanti colpevoli. Tanti”.

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :