da qui
La solita manfrina delle uova,
colombe imbalsamate nella glassa,
biglietti colorati a sfondo azzurro
e giallo; la pasqua delle gite fuori porta,
forse perché quel giorno l’hanno messo
in croce oltre le mura cittadine
- maledetto da Dio e dalla gente
chi pende dal legno – col biglietto
scritto in varie lingue, perché tutti
potessero sapere quale danno
apprestasse al centro del potere.
Vorrei prendere un gatto a nove code
e cacciare le colombe dai negozi,
partire per la gita col mio gruppo
di ubriachi, incapaci di pregare,
che ieri ringraziavano piangendo
per il pranzo preparato
fuori le mura di ogni rito,
decisi a non cantare un’altra lode
alle esigenze ferree del partito
dei ricchi, che mangiano l’agnello
sgozzato in baracche senza fogna,
gettato fuori dai circoli eleganti
di cultura e politica, di fede
vissuta in circoli elitari, di snob senza vergogna;
mi viene il vomito adesso che l’aceto
mi bagna le labbra screpolate;
nella ferita fresca del costato
c’è posto per Pietro e per Michele,
per Viviana che balla, per l’idiota
felice perché l’ho salutato.