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Crolli costituzionali

Creato il 18 dicembre 2012 da Albertocapece

24113846Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ci sono accadimenti apologetici: il crollo di una palazzina a Palermo non è solo simbolico di quelle mani sulla città che hanno tirato su costruzioni con materiali inappropriati e con ancora più inappropriate misure di sicurezza, ma è ancora più allegorica di un paese che scricchiola da anni nella indifferenza delle forze politiche intente alla tutela di interessi personali. Per non parlare di improvvisati pompieri che hanno già pronte le ruspe oltre che gli zolfanelli per alimentare i falò e vendersi la”roba”.
Nel frattempo c’è chi si riserva, chi ci pensa e ripensa, perché il giocattolo attrae ma già dalle istruzioni si vede che è complicato. C’è chi si pente di aver tolto qualche trave dalle impalcature, per preparare al successore una di quelle funzioni di emergenza che prevedono una gestione autoritaria, centralizzata e assolutista. E d’altra parte succede così negli imperi:. le Costituzioni democratiche e liberali non servono più, sono sgradite e osteggiate ed è più moderno sostituirle con trattati mercantili e alleanze finanziarie, molto più flessibili ed efficienti. C’è poi tanta gente alla finestra dentro alla casa che crolla, altri che si affaccendano coprendo i sinistri scricchiolii con le canzonette di Sanremo.

Ma intanto la verità sul fallimento avviato ma poi condotto a termine dal governo dei tecnocrati la pronuncia provocatoriamente e insolentemente il partito che ha fatto dell’Italia un ostaggio dell’eurozona, una provincia commissariata dell’impero, per rivendicare i suoi temi forti, che coincidono con gli interessi del suo core business: la riforma della giustizia, la legge sulle intercettazioni, l’incandidabilità dei condannati.
Con loro o contro di loro comunque senza di noi, la formazione dei mercenari dell’austerità, bocciata perfino da economisti non alieni da spiccate simpatie per il mercato, dal Fmi, da premi Nobel e la cui yubris di annientamento ha mostrato la sua futile inadeguatezza e una inquietante indole suicida ed omicida come una divinità dissennata.

Ieri un comico molto amato soprattutto dalle cattive coscienze ha temperato il suo sberleffo in un dolente inno patriottico alla Costituzione. Beh avrebbe fatto meglio a ritrovare, se ne ha ancora un po’ a disposizione, a risuscitare provocazione e irrisione provocatoria. La sua trasmissione seguiva l’altrettanto propagandistica ammissione di colpa di un presidente che in un anno ha voluto persuaderci con i messaggi e con le azioni che la svolta totalitaria impressa a causa dello stato di necessità, sia non solo inevitabile, ma desiderabile, cancellando il dubbio che tutto questo oltre che ingiusto sia sbagliato. E che ha contribuito a una politica intesa allo sfinimento dei cittadini tramite il ricatto, la paura, la minaccia, gli choc per indebolire le richieste, ammorbidire le rappresentanze, annientare i salari, rassegnare gli animi a una vita senza aspettative e diritti.

Ieri un’amica segnalava un piccolo beffardo oltraggio, uno di quei messaggi subliminali che dovremmo imparare a riconoscere e temere: in occasione del Santo Natale qualcuno ha pensato di porr sul comignolo di un inceneritore alla periferia di Torino. In attesa di una bandiera che sventola sulle discariche del casertano o del simbolo della Croce Rossa sull’Ilva, non si può non interpretare questo gesto come l’ennesima involontaria autodenuncia dell’incapacità di un partito o di una colazione a vedere e pensare la realtà, la rinuncia – loro sì – alla politica come esercizio anche dell’immaginazione, come produzione del futuro, un futuro con appiattito sull’ineluttabilità dello status quo, sulla implacabilità del sistema di sfruttamento, sulla “necessità” dell’iniquità e della disuguaglianza. Non basta addolorarsi perché per chi ha vissuto all’ombra di una storia,la dimentica e la tradisce, perché legittima la cancellazione dei diritti, primo tra tutti quello alla felicità, che è fatta di uguale accesso al benessere, alla salute, al sapere e alla bellezza. Eh si, deve essere per quello che sbrigativamente vogliono abbattere la più bella del mondo, perché hanno il gusto della brutta mediocrità nel cui seno non è necessario eccellere, non è raccomandabile pensare, non è augurabile immaginare un’utopia. Bisogna sottrarsi a questo regno della miseria, pubblica e privata, rimettere al potere l’immaginazione di un altro mondo, il nostro.


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