Magazine Diario personale

Cronaca di un salvataggio.

Da Suster

Cronaca di un salvataggio.

Foto presa da qui


Ore 15:29. Usciamo di casa, io e la piccola fatina, per andare a prendere Mimi a scuola.
Il cielo è solcato da sporadiche nuvole a grappoli, ma sembra non minacciare pioggia; aleggia un'aria umida e pesante, stantia, palpabile che pare di essere ai tropici.
Ricevo messaggino di amica che recita: "Noi si pensava di andare al giardino verso le 4. Vi ci troviamo?"
Rispondo che sì. Approfittiamo finché possibile di queste belle giornate, ché abbiamo tutto l'inverno davanti per intristirci in casa!
Ore 16:30, più o meno. Si altalena. Il giardino e mediamente popolato in relazione al tempo e all'ora del giorno. Mando altri messaggini ad amiche varie con figli suggerendo loro di raggiungerci. Sinistro nuvolone si addensa intanto sopra le nostre teste, e sento genti parlottare chiedendosi se non si sta forse prospettando "un'acquata" (ma come cazzo parlano qui? Dodici'anni che ci vivo e ancora non mi sono abituata a certi termini indecenti. Acquata???). Ma comunque, tzè, faccio spalluccia e penso: se piove, ci ripariamo.
Ore qualcosa dopo, tipo mezzo minuto. Grossi goccioloni si spataccano intorno e sopra di noi e la sottoscritta ritiene opportuno spostarsi "ai tavolini", aspettando che passi, ché tanto si capisce che è una nuvola passeggera.
I suddetti tavolini non sono riparati. Strano, avrei giurato il contrario. Hanno solo una specie di griglia sopra che serve credo a consentire la crescita di piante rampicanti che per ora la coprono solo alle due estremità, e comunque non ci garantiscono protezione dalla pioggia che, ora, cade in maniera più decisa.
Fu allora che scattai questa foto.
Cronaca di un salvataggio.

Le ignare non sapevano ancora cosa le aspettava.
Mando messaggino all'amica dicendole: "Sta piovendo". La santissima mi richiama: "Vuoi che venga a prendervi in macchina?" No, ma che vuoi che sia, quattro gocce, poi se mai ti richiamo eh!
Ore 17:00 più o meno. Noi e il nubifragio. Il nubifragio ci investe. Noi: una madre sprovveduta e due bambine malcapitate, ai giardini a un buon venti minuti di marcia da casa e con un passeggino sgangherato come unico ausilio, oltre a una serie di bagagli vari di cui avrei fatto volentieri  a meno, grembiuli, giacche e giacchette.
- Mimi, fai una corsa: vai dentro la casetta, che qui ci fracichiamo, va bene? Io ti raggiungo con Rania, che provo a coprirla.
- Sì babbene, mamma. Evviva!
E corre via felice nella pioggia.
Ci ritroviamo così, addossate in quell'idiota casetta del piffero, che non mi ero mai accorta fosse così PICCOLA! Mimi trema, la piccola trema, e siamo tutte, completamente zuppe, fin nelle mutande/pannolino.
Ora smetterà, prima o poi.
Intorno tuona e lampeggia, lampeggia e tuona. I tuoni non lasciano quasi tempo ai lampi di lampeggiare e inizio a chiedermi, facendomi largo nel fitto delle mie assodate nozioni di fisica e meteorologia, se la casetta del fottuto playground può dirsi un rifugio a prova di fulmini. Sapevo qualcosa circa le gabbie di metallo... Ma quella è fatta in legno e tubolari di alluminio. Forse non è una perfetta gabbia metallica.
- Mamma, ho paura che un fulmine mi cade in testa!
- E chi te l'ha raccontate queste cose?
- Me le ha dette Penz!
(Mh, andiamo bene!)
Penz è lo scheletro amico di Mimi. Ma non sapevo che raccontasse storie di fulmini e fulminati.
- Mi ha detto Penz che i fulmini cadono in testa ai bambini e poi i bambini muorono.
Non so se la pelle d'oca è dovuta al freddo o all'idea che mia figlia vede scheletri parlanti che le raccontano storie di gente morta fulminata. Direi la seconda-
Comunque la situazione e comicamente grottesca. Grottescamente comica, e iniziano a farmi male le gambe, a stare accovacciata nella casetta del play-fottuto-ground ideata per nani dai due anni a scendere.
A un tratto tuona forte, parte l'allarme di un'auto, la cortina di pioggia si fa impenetrabile.
Scorgo in lontananza sagome di persone in fuga, e altre sagome con ombrelli che arrivano a prelevarli, a portarli in salvo.
Cerco il telefono, in mezzo ai lembi fradici dei cambi delle bimbe nella borsa, bricchi di succhi di frutta, creckers mollicci, e alla fine lo trovo.
Richiamo l'amica sperando che risponda, lancio SOS.
Mi dice, arrivo.
La amo.
Arriva e non trattiene un sorriso vedendoci tutte acquattate in quella merda di casetta.
- Che storia! Siete comiche!
Tiro fuori le bimbe e fatico a uscire io, perché le gambe mi si sono anchilosate a stare accovacciata in quella posizione quegli interminabili minuti.
In quel momento viene giù il cielo intero. Grandine, acqua a secchiate. Fiumi d'acqua si riversano giù per i viali del giardino. Mimi piange. Rania piange già da un bel po'. Le arriva la pioggia dritta in testa per quanto io provi a proteggerla, ma non capisco da che parte arriva. Probabilmente da tutte.
L'amica prende in braccio Mimi che rischia di essere travolta dalla furia degli elementi.
I piedi a mollo in torrenti d'acqua creatisi così, dal nulla.
Corriamo alla macchina. Mollo le pupe. Torno indietro a raccattare i miei miseri averi stillanti acqua: un malloppo di indumenti che ha ormai triplicato il peso all'origine.
Il passeggino?
No, il passeggino, no: non ho mai capito come si chiude.
Non c'entra in macchina.
Lo lascerò qua. Poi magari domani torno a prenderlo, sempre se lo trovo.
E questo fu l'addio al passeggino.
Solo e abbandonato nel nubifragio.
Addio, passeggino dei cassonetti: sei stato un buon passeggino.
Magari domani ti ribbecco, dai! Se nessuno ti ha portato via nel frattempo.
Una tragedia, comunque.
In casa fatico a spogliare e a tuffare nella vasca da bagno due pupe bagnatissime spaventate piangenti e infreddolite.
E ti pareva che poi, una volta giunte sane e salve a la maison, smetteva di piovere?
Devo dire, però, che ora, a riguardare (vedi foto) quello che ci è finito in testa, fa una certa impressione, ecco. Pare un'esplosione atomica a ben vedere.
E ora posso dire: noi c'eravamo! Eravamo proprio là in mezzo. Mi sento quasi una sopravvissuta va!
Still alive.

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