Sai quando una cosa va male e poi più va male più peggiora? E quando è così un epic fail fa diventare divertente?
Ecco, più o meno è andata così passando il confine tra South Dakota in direzione Nord.
North Dakota.
Felici facciamo la foto sotto il cartello “North Dakota” senza avere la più pallida idea di quello che sarebbe stato il nostro breve -ma intenso- soggiorno nella ridente (un cazzo) cittadina di Medora, accanto al nostro reale obbiettivo: il Theodore Roosevelt National Park.
Arriviamo poco prima dell’ora del tramonto, un rapido check in al Badlands Motel, per scoprire subito che in realtá non siamo lì a dormire, ma alla Bunkhouse, una specie di ricovero per sfollati che scopriamo essere la parte “economica” dell’hotel. La questione è che 90$ per una camera grande 7m in una specie di container non mi sembra proprio che si possa definire economica. Almeno abbiamo provato l’ebrezza di sapere cosa si prova a stare dentro ad una di quelle case mobili!
Ma sì, tanto a noi ci importa solo che sia pulito e che non sia un ricovero per la fauna locale.
Ci buttiamo subito sul parco, contando su quel sole rosso che sta con grazia dipingendo le colline. Entriamo, rapiti, accelerano verso il punto panoramico prescelto e… Eccola lì, LA Nuvola. ENORME. In pratica un’eclissi. Con la coda tra le gambe torniamo nella deliziosa Medora a caccia di cibo commestibile e a basso prezzo visto che il budget giornaliero era già stato ampiamente superato. TripAdvisor consiglia tutto e niente, quindi ci fermiamo a caso è la scelta cade sul Boots bar And grill. Prendiamo del pollo fritto io e Gianni si butta in una cosa “locale” dal nome astruso, il quale si è rivelato una specie di hamburger sottile avvolto in una pasta (molto vagamente) simile a quella di un panzerotto. Il tutto servito dalla peggior cameriera del mondo che abbiamo dovuto rincorrere per farci fare il refill della bevanda.
Dopo uno stop al market (in cui una scatola di Ritz costava 5,70$) ed un muffin consolatorio, siamo tornati in hotel dove la temperatura in camera era di circa 7 gradi. Acceso il riscaldamento abbiamo cercato di addormentarci il prima possibile e sperare che il giorno successivo cominciasse col piede giusto.
Il giorno seguente, sotto un cielo plumbeo palesemente gonfio d’acqua con voglia di scoppiare, Gianni mi ha portato (prima che cominciassi a “fare il mescolino” col labbro inferiore) a prendere un dolcetto in una bakery perché un bel caffè e un dolcetto rendono speciale ogni giornata. Di solito.
La scena che ci si è presentata davanti è stata più o meno questa.
La tizia al di là del bancone (che era, oltretutto, la brutta copia di Red di Orange is The new black), appena entrati comincia a dire “hei ma non potete parcheggiare qui davanti, non si può…It’s illegal! It’s illegal!”
Gianni esce e la sposta dall’altra parte della strada. Intanto entrano nell’ordine una coppia di rotondetti signori che comprano cinnamon roll e caramel roll per un totale di 35$ e uno, che con tutta probabilità guidava un carro attrezzi visto che impersonale tutti gli stereotipi: salopette, barbone bianco, cappello da baseball, pancia.Tanta pancia. Ecco, come lo zio di Hazzard.
E tutti quanti cominciano a parlare dell’accaduto.
L’accaduto era il parcheggio dal lato sbagliato della strada, per capirci.
[Ridendo] “Ma è pazzesco, ma in Italia si può fare una cosa del genere?”[risata] “mi sembra incredibile” [risata] “pensavo si potesse fare solo in Inghilterra “[battuta sottile, risatine].Alla quinta mi stavano girando i coglioni.
Ci chiedono di dove siamo e perchè siamo lì.
“Per vedere il parco” -sguardo perplesso della finta Red- “il parco nazionale Theodore Roosvelt”
Sguardo ancora più perplesso…sospiro. Sguardo di compartimento in puro stile “non avete capito nulla dalla vita”
“quindi non siete qui per il musical e per la storia bellissima della città?”
Tanto per capirci, la storia della città è più o meno questa: a fine 800 è arrivato un francese con la moglie, poi il francese l’hanno accoppato.
Dopo l’affermazione sul musical poi, volevo lasciargli lì anche il dolcetto, salvo scoprire che a Medora vivono di quello. In pratica fanno lo stesso musical (per la modica cifra di 35$ a testa) tutte le sere, all’aperto. Metà degli abitanti della città a quanto pare ama mettersi un fazzoletto al collo, vestirsi da cow boy e ballare sotto le stelle.
Ce lo siamo perso.
Peccato eh.
Lasciamo l’allegra combriccola che ancora stava parlando di musical e parcheggi e… Tadaaaan! Sulla macchina c’era comunque la multa. Una bustina di plastica con dentro una bustina di carta dove a matita c’era scritto di infilare 10$ per aver parcheggiato dal lato sbagliato della strada. A MATITA.
Con tutta probabilità a Medora stanno ancora parlando di noi.
Ci dirigiamo verso l’entrata del parco che è visitabile in due tempi diversi dato che è diviso in due unità: la south Unit (praticamente dentro Medora) e la North unit a circa 100 km di distanza (verso nord), in mezzo –tanto per curiosità- si trova il ranch dove passava il suo tempo il sig. Roosevelt.
“Il parco” che secondo la panettiere era di minor rilevanza rispetto al musical in realtá è una miniera di bellezze (oltre che qualcosa di esageratamente grande, visto che l’estensione è di circa 285 kmq e tanto per capirci, l’isola D’Elba è 224 kmq) è a due passi della città, e manco i ranger brillano per gentilezza.
Comincia a piovere. Pazienza, fa atmosfera.
Più o meno all’altezza del Boicourt Overlook incontriamo una mandria di bisonti che stanno comodamente passeggiando ai bordi della strada. Mai visti da così vicino. Comincia a diluviare. Ma proprio una roba a secchiate che solo aprendo il finestrino mi ha lavata dalla testa ai piedi (o dovuto cambiare i pantaloni, tanto per capire il livello).
Proseguiamo la strada che, ad anello, ci riporterà al punto di partenza.
Tanto per intensificare la tristezza della giornata di messa e riderci decisamente e gustosamente sopra creiamo una playlist di tristezza assoluta, con le canzoni più lacera anima che avevamo nei rispettivi telefoni.
E meritano di essere citate:
-1000$ wedding (Graam Parson che racconta questo matrimonio costosissimo a cui la sposa di buca e gliene viene pure a lei perchè lui lo dice a tutti gli invitati e agli amici, con cui va poi a sbronzarsi per disperazione)
– indipendence day (Bruce Springsteen non ha mai avuto un gran rapporto col padre e qui ci mette tutto)
– North Dakota di Lyle Lovett (quello che è stato mollato da Julia Roberts) che canta di cow boys che è chiaro che si sbronzano cercando l’amore (e a quanto pare quelli del Texas sono un po’ più fighi)
-All out of love di Air Supply, canzone in cui un uomo ha perso decisamente la dignità ed implora la compagna di tornare
Ridendo sulle disgrazie cantate da altri, smette di piovere e ci buttiamo nel primo trail che ci capita sotto mano che merita di essere visto: il Wind Canyon trail, che in una manciata di metri ti regala un paesaggio mozzafiato. Nel punto più panoramico ci godiamo il cielo che si rasserena ed un tepore piacevole. Solo, con un leggero imbarazzo, chiedo a Gianni “ma senti anche tu questa terribile puzza di cacca?”… “dai Paola, siamo in un parco naturale… Gli animali, le campagne…” E così, dopo pochi istanti arriva la deliziosa signora che mi chiede di spostarmi per poter raccogliere la torta di cacca creata dal suo simpatico cagnone (un labrador che probabilmente viene alimentato a panini di Burger king). Ecco rivelata la questione “campagna”. Mi sembra tutto una grande gag. Ormai ci ridiamo su.
Torniamo a Medora, passiamo davanti al panificio in cui la finta Red probabilmente stava ancora parlando di noi. Le faccio mentalmente un dito medio ed andiamo a pagare la multa.
Dopo uno stop alimentare da Dairy Quinn (il fast food in cui fanno i gelati a testa in giù scoperti in Cina), puntiamo alla parte nord del parco, certi che ci avrebbe regalato grandi soddisfazioni. E così è stato.
Prima di tutto è assolutamente dimenticato da tutti. Se nella South unit quando siamo usciti c’era il visitor center pieno di macchine e di persone -evidentemente quelli che la sera vanno a vedere il musical di giorno devono pur fare qualcosa – nella North Unit (che per me è decisamente più bella e wild) non c’era un’anima. Il visitor center è una specie di casetta per gli attrezzi con un cucinino – evidentemente il ranger che per punizione è stato relegato lì ci deve pure vivere- ed il bagno li accanto è uno di quelli chimici da concerto (nell’area Pic Nic ci sono quelli veri).
Imperdibili nel parco:
- La scenic Bway prima di tutto. Una strada One way (cioè, non gira intorno, vai e vieni) che porta dall’entrata del parco fino all’ Oxbow Overlook. E’ splendida perché il paesaggio varia continuamente, e ti ritrovi in mezzo a formazioni rocciose e subito dopo campi di fiori gialli. Caterve di libellule che ti si schiantano (purtroppo contro il parabrezza) e view point sempre diversi.
- Lo stop a Cannonballs Concretions, in pratica un trail veramente minimo tra strane formazioni rocciose a forma di palla da bowling perfertta, ma giganti. Il tutto in un mix perfetto di rocce coloarate e prateria.
- Caprock Coulee Pull Out. Una scalinata che porta ad un casottino che si affaccia su un panorama mozzafiato. Splendido. Ecco se non fosse che su quella scala sono stata inseguita a folle velocità da un serpente gigante. Sarà stato almeno 4 metri. O almeno, questo è quanto ricordo prima di essere fuggita a gambe levate… Il serpente c’era eccome, comunque
- Poco più avanti proseguendo sulla strada verso la fine della strada sulla destra c’è il segnale per un trail, nascosto, ma bellissimo. Se trovate il simbolino dell’omino che cammina è fatta.
- River Bend Overlook, uno scorcio insolito e bellissimo del little Missouri.
- L’ultimo stop è stato quello all’Oxbow Overlook (da cui parte il Sperati Point Trail che non abbiamo avuto voglia di fare), dove è facile avvistare gli introvabili longhorn (le capre con le corna lunghissime).
Ed è proprio all’ultima tappa,nel parcheggio incontriamo un ranger di mezza età, simpatico, ci attacca un bottone infinito che si è rivelata una delle migliori e più surreali conversazioni mai avuto.
Prima di tutto ci chiede più o meno che cazzo ci facciamo lì, in Nord Dakota, in un remoto angolo del parco, per poi chiederci più o meno le solite cose che si affrontano in una conversazione informale con una persona appena conosciuta, e cioè:
– dove viviamo, quante persone abitano nel nostro paese e dirci che siamo passi a stare in un posto in cui vive così tanta gente (300 persone nella mia frazione, in un comune di 1000 credo e Gianni in una “Big town” di circa 12000)
-raccontarci che lui vive in un ranch con gli animali e che va in città una volta al mese – non ho osato chiedere se ha una moglie o se proprio vive solo con gli animali
-dirci che odia la gente
-comunicarci che stava cercando di avvistare un longhorn
-chiederci dove stiamo andando e chiederci che cazzo ci andiamo a fare all’est che fa schifo e ci sono solo mais e soia
– raccontarci quella volta che è andato a Detroit e quanto gli ha fatto schifo e che non si spingerà mai più così all’est che fa schifo
-chiederci perchè abbiamo scelto Canon e non Nikon (WTF?!)
-chiederci se siamo pazzi ad andare a New York “con tutta quella gente”
-richiederci che cazzo ci andiamo a fare all’est
-ridere della nostra macchina
salutarci calorosamente e consigliarci un trail (quello nascosto che ho citato prima).
Per un attimo ci ho pensato anche io a che cazzo ci facevamo lì… Poi mi sono guardata in giro, ho fatto un sospiro e un respiro profondo…E ho capito perché.