Cuba e Venezuela: l’alternativa latinoamericana alla Sapienza

Creato il 02 aprile 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

La mattina di mercoledì 2 aprile si è svolta, presso la Sala delle Lauree della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Sapienza di Roma, la conferenza L’alternativa latino-americana: Cuba, Venezuela e il socialismo nell’Emisfero Occidentale. Co-organizzata dall’IsAG (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie) e dalla Cattedra di Geografia Politica ed Economica del Dipartimento di Scienze Politiche, ha visto la partecipazione dell’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Julian Isaias Rodriguez Diaz, e della Consigliera Economica dell’Ambasciata della Repubblica di Cuba, Isamary Gonzalez.

Assente per cause di forza maggiore il Prof. Paolo Sellari, titolare della Cattedra, ha fatto gli onori di casa e condotto l’evento il Dott. Matteo Marconi, collaboratore della stessa nonché Direttore di Programma all’IsAG. Proprio per IsAG è invece intervenuto il Dott. Daniele Scalea, Direttore Generale dell’ente internazionalistico. Scalea ha espresso compiacimento per la sinergia instauratasi con la Cattedra, fin dai tempi in cui era occupata dal Prof. Gianfranco Lizza, e annunciato l’intenzione di moltiplicare gli eventi in Sapienza, tra cui un filone specifico di eventi, come quello odierno, dedicati ai temi più pregnanti della politica internazionale. Scalea ha infine difeso la scelta di coinvolgere rappresentanti diplomatici in questi dibattiti come arricchimento degli stessi, anche considerato che, di fronte all’illusorietà di una supposta “neutralità scientifica”, per lo meno essi sono trasparenti nel loro rappresentare una visione ufficiale.

Ha esordito con la prima relazione proprio l’Ambasciatore Isaias Rodriguez, il quale ha ripercorso l’origine della rivoluzione venezuelana sin dal Caracazo e passando per il fallito putsch di Chavez fino alle vittorie elettorali. Rodriguez ha descritto tale rivoluzione come il passaggio da una democrazia rappresentativa a una democrazia partecipativa e protagonistica, citando a tal proposito le 19 consultazioni popolari tenutesi in periodo bolivarista, di cui 18 vinte dal “processo venezuelano”. Benché assediato dall’imperialismo, ha dichiarato l’Ambasciatore, il Venezuela rifiuta la violenza: accetta i processi elettorali della democrazia borghese per giungere pacificamente al socialismo. La violenza viene semmai da chi ha perso i propri privilegi, ma il popolo armato e le forze armate si difenderanno. Le forze armate venezuelane, ha infatti notato in chiusura Rodriguez, originano dal popolo e conducono il processo rivoluzionario.

Ha quindi preso la parola Isamary Gonzalez, Consigliera Economica dell’Ambasciata di Cuba, la quale ha descritto il processo rivoluzionario nel suo paese come originante dal popolo, passante per il popolo e finalizzato al popolo. Esso è cominciato con la lotta per l’indipendenza contro la Spagna ed è proseguito nella lotta contro l’ingerenza degli USA. La Gonzalez ha dichiarato che Cuba non copia modelli altrui; la democrazia non è proclamata ma esercitata quotidianamente dal popolo. Cuba lavora assieme al Venezuela per l’integrazione latino-americana, la cui base è individuata dalla Consigliera nella Comunità degli Stati Latino-Americani e Caraibici (CELAC). Essa sta creando posizioni comuni sui problemi socio-economici, cosa impensabile fino a pochi anni fa.

Il microfono è passato a Padre Massimo Nevola S.J., Direttore della Lega Missionaria Studenti che opera, tra i tanti altri paesi, anche a Cuba. Nevola ha descritto Cubani e Venezuelani come due popoli che cercano di essere artefici del proprio destino, trovando in ciò una sempre più sicura sponda nella Chiesa Cattolica che, dal Concilio Vaticano II, mira alla promozione integrale dell’uomo.

Franco Fatigati, cultore di Geografia presso la Facoltà di Lettere della Sapienza, ha elogiato il messaggio di Bolìvar d’unità politica e spirituale, invitando l’Europa, che ha invece fondato la sua integrazione sulla ragione economica, a riscoprirlo e farlo proprio per trovare una nuova spinta ideale.

Il Generale Massimo Coltrinari, docente al Centro Alti Studi della Difesa (CASD), ha rammentato che le forze armate devono produrre sicurezza per giustificare la spesa militare, ossia il momento per cui risorse sono sottratte alla produzione del “burro” per fare “cannoni”. Cuba, ha spiegato il Generale, deve affrontare la minaccia dell’incipiente pirateria nel Mar dei Caraibi. Il Venezuela combatte lungo il confine con la Colombia contro i narcotrafficanti. Per entrambi i paesi, dunque, la funzione delle forze armate va ben oltre la sicurezza verso eventuali attacchi di avversari statuali.

Francesco G. Leone, Direttore del Programma di ricerca “America Latina” dell’IsAG, ha brevemente accennato al Consiglio di Difesa Sudamericano e all’organo analogo sorto in seno all’ALBA. Essi, a suo giudizio, servono a rafforzare la sovrastruttura ideologica dell’integrazione alimentando il senso d’urgenza di difendere l’America Latina.

Infine la parola è nuovamente passata a Daniele Scalea, il quale ha ricordato l’importante ruolo che ebbe Isaias Rodriguez, allora Procuratore Generale dello Stato, nello sventare il tentato golpe del 2002 in Venezuela. Ciò gli ha permesso di ricollegarsi agli attuali tumulti, ricordando che, sebbene i violenti siano una minoranza nel paese, le ultime elezioni hanno mostrato che poco meno della metà dei venezuelani è all’opposizione – e un’opposizione spesso radicale al processo lanciato da Chavez e proseguito da Maduro. Richiamandosi agli studiosi della democrazia e dello Stato, Scalea ha ricordato che un regime rappresentativo funziona laddove la totalità o quasi della popolazione condivida alcuni assunti di fondo. Questo non è al momento il caso del Venezuela, e sarà perciò fondamentale, per la stabilità del paese e il successo del processo bolivarista, che gli attuali governanti riescano a costruire nel paese un consenso generale attorno ad almeno qualche grande principio basilare.

Alla conferenza, durata circa due ore, ne sono seguite altre due di dibattito appassionato col pubblico – circa 50 persone, per lo più ma non esclusivamente studenti – cui con grande disponibilità si sono prestati i due diplomatici latinoamericani.


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