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Curling: strategia e gioco di squadra, con le regole dello “spirit of curling”

Creato il 11 maggio 2013 da Sportduepuntozero

curlingNon ha la velocità dell’hockey e la varietà del tennis, non richiede la resistenza del canottaggio e l’intensità della pallanuoto, ma visto dagli addetti ai lavori il curling sa affascinare al pari di altri sport molto più popolari. Ad alcuni piace per “la strategia, che lo rende per certi versi simile al biliardo e agli scacchi, in cui si gioca cercando di prevedere le mosse future proprie e dell’avversario”, ad altri perché “è un gioco di squadra in cui l’intesa e l’unione tra le abilità dei quattro componenti del team è fondamentale”. C’è chi lo vede come “un mix di concentrazione e di precisione adatto a tutte le età” e chi lo apprezza per la sua componente di gioco che “diverte per la varietà di tiri che si possono effettuare modificando la rotazione della stone”. Infine, c’è chi afferma l’importanza della componente fisica: “A livello agonistico diventa molto importante una buona preparazione atletica; le gambe servono per la spinta e per la resistenza alla scivolata, le braccia vanno allenate per lo sweeping”.

Ma forse gli elementi più apprezzati di questo sport sono l’assoluto fair play che caratterizza le competizioni e il clima disteso che si respira dentro e fuori dalla pista. Già, perché ciò che rende questa disciplina (quasi) unica è lo “spirit of curling”, l’insieme delle regole che il giocatore deve rispettare per un corretto rapporto nei confronti degli avversari, dei compagni di squadra e del gioco; in massima sintesi “meglio perdere piuttosto che vincere scorrettamente”.

Lo statuto dei curlers prevede l’augurio di un “buon gioco” all’inizio dell’incontro, giocato impegnandosi al massimo per vincere senza però umiliare l’avversario. Il successo si deve raggiungere esclusivamente grazie alle proprie capacità, senza ostacolare il gioco altrui e senza compiere sgarbi di nessun genere. Non si esulta per errori dei rivali e ci si complimenta con loro per una buona prestazione; si rispettano le decisioni dello skip (il capitano) rimandando eventuali discussioni al dopo partita. Tutti i giocatori portano grande rispetto per il ghiaccio, mai toccato con le mani e mai colpito gettando le scope sul campo. E similmente a ciò che accade al termine degli incontri di rugby, in qualunque tipo di manifestazione (da Olimpiadi e Mondiali fino alle gare di circolo) esiste un vero e proprio terzo tempo in cui i vincitori pagano da bere agli sconfitti, in un momento di sincera socializzazione.

Non stupisce quindi l’assenza di arbitri nello svolgimento di molte gare anche internazionali, dal momento che non esistono controversie tra i partecipanti. L’unica situazione in cui si richiede l’intervento di uno strumento e di un giudice esterno è quella in cui non si riesce a stabilire con certezza la stone più vicina al tee (il centro del bersaglio). In un ambiente simile è facile stringere amicizie e si riscopre il senso della partecipazione, molto più che la gioia per la vittoria.

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