Negli ultimi giorni si è parlato parecchio di un libro ritenuto da molti offensivo nei confronti di meridionali ed extracomunitari. Il testo incriminato: “Curs de Lumbard per terùn” pubblicato da Davide Rota per Mondatori circa 15 anni fa, sembra essere ad una prima lettura, un corso di dialetto lombardo destinato ai tanti meridionali “emigrati” al Nord, incapaci di adeguarsi a regole e convenzioni sociali sconosciute al Sud Italia. Ma siamo sicuri si tratti proprio di questo?
Conducendo una breve indagine emerge una realtà ben lontana dall’intento che molti hanno voluto affibbiare all’autore. Pare infatti che il volume voglia esser tutto, tranne che un attacco alla gente del sud, ma bensì una presa in giro bonaria ed affettuosa al dilagante orgoglio padano di un ventennio fa, tornato in voga negli ultimi anni.
Nella sua versione per gli extracomunitari “Curs de lumbard per Balùba (balabiott e cinés cumpres” l’autore comico irride i cd nazionalisti padani con battute taglienti come: «Tra romani e romeni, cinesi e ticinesi il lombardo non fa molta differenza. Il lombardo per ragioni razziali al Cd-rom preferisce la chiavetta».
Analizzando anche la figura di Rota, originario di Luino, emerge altresì il rapporto un po’ conflittuale (fatto di amore ed odio) tra il comico e la città di Milano ritenuta dallo stesso autore un girone dell’Inferno Dantesco, vista la sua disposizione a centri concentrici. Ed è proprio nei confronti dei milanesi che Rota si lascia andare ad un sarcasmo pungente che mira a smantellare, con una satira vivace e provocatoria, quella strisciante tendenza egocentrica di superiorità sociale ostentata dai milanesi: «Il bauscia lombardo ha un senso innato di superiorità asociale, d’altronde la targa di Milano è Mi che significa Io».
Non mancano diverse frecciatine anche sull’operosità lombarda, da molti milanesi eretta a bandiera di una cultura Nordista diligente e coscienziosa: «Il detto cartesiano cogito ergo sum deriva dal lombardo rogito ergo sum e alla Capitale il meneghino preferisce di gran lunga il capitale» e in una stagione controversa e particolarissima come quella attuale, non potevano mancare riferimenti al bunga-bunga e all‘attività sessuale promiscua sfoggiata da uno dei Milanesi più famosi d’Italia: «Il lombardo ama la terra e sostiene che “il podere logora chi non ce l’ha” e che se possiedi una tenuta troverai di certo una mantenuta. Il lombardo alla Mecca preferisce la micca e, pur essendo credente, più che la Vacca sacra adora il Vitello d’oro. D’altra parte un tempo quando arrivava un politico si squillavano le trombe, adesso si trombano le squillo».
E non mancano neppure prese in giro al volume e all’autore stesso: “El sutuscritt… de provenienza baluba, rom, indocines, el dumanda de utegn la citadinanza lumbarda a cundiziùn: de parlà dumà dialet lumbard, de mangià dumà cassoela e pulenta e luganega, de mia purtà su di nost part ‘na camionada de parent e amis, de laurà me en negher, de pagà i tass anca se nunc paghem no perché se sem rott i ball, de tifà per la squadra de la Padania, l’Inter o ‘l Milan.”
Che non fosse il caso allora, di dover chiedere scusa noi, almeno per una volta, ad un lombardo tacciato di razzismo ingiustamente? A voi la risposta!