E’ innegabile che Xbox One non è una console fortunata e nonostante il calo di prezzo Microsoft non è in grado di spingere le vendite in maniera dignitosa. Uno dei problemi millenari della console statunitense è senz’altro poi l’assenza dei giochi nipponici capaci di spingere le vendite nel paese del Sol Levante (e ovviamente nell’occidente). Proprio a questo proposito esce D4: Dark Dreams Don’t Die, ideato da quella mente particolare quale è Hidetaka “Swery” Suehiro, creatore del celebre Deadly Premonition. Purtroppo l’incomprensibile politica Microsoft ha fatto si che il gioco uscisse un giorno dopo il suo annuncio non giovando affatto alla sua vendita e al marketing. Il gioco potrebbe essere infatti un ponte verso il paese orientale che proprio non ne vuole sapere di acquistare Xbox One, ma vediamo più da vicino questo D4: Dark Dreams Don’t Die analizzandone i punti forti e quelli deboli.
I ricordi possono far male
Ormai è una cosa piuttosto comune creare giochi episodici che simulano l’andamento delle serie tv con tanto di episodi e di stagioni. Questa pratica sembra funzionare e spesso porta dei netti miglioramenti alla trama e a volte anche al gameplay. D4: Dark Dreams Don’t Die fa proprio parte di questa cerchia e ci mette davanti a un prologo e a due capitolo che proseguono senza interruzione per circa quattro ore, ma ovviamente possono durare di più se la vostra sete di scoperta è abbastanza elevata.
La storia del gioco ruota attorno a un detective privato, David Young, che finisce per perdere la memoria dopo la morte della moglie, Peggie, uccisa per mano di uno spietato assassino. Per scoprire qualcosa su questo caso useremo degli oggetti chiamati “mementum”, capaci di farci rivivere alcuni ricordi. Tramite questi riusciremo a rivivere l’omicidio e scopriremo che per capire tutta la faccenda dovremo cercare D. Cos’è D non ci viene detto e quindi la ricerca diventa un vero e proprio mistero che si risolverà tra colpi di puzzle e drink a base alcolica.
La sceneggiatura del titolo è una di quelle che o si ama o si odia e senza dubbio è uno dei gradini più alti dell’intera opera. Troviamo dei dialoghi a tratti davvero fuori da ogni regola, mentre le altre volte il tutto prende una piega molto più umoristica e a tratti demenziale. Si tratta ovviamente dello stile di Swery, la sua impronta videoludica per cosi dire. I personaggi sono caratterizzati in maniera tale da riuscire a riconoscerne uno non appena lo vedi e bisogna ammettere che non è un abilità da poco visto che spesso vediamo una certa negligenza nel costruire il carattere e i tratti somatici che rendono poi unico un determinato personaggio.
L’anime giocabile
Il comparto grafico di D4: Dark Dreams Don’t Die è abbastanza semplice ed è conforme alle regole stabilite da TellTale Games con i suoi giochi periodici. Anche in quest’opera troviamo infatti il predominio del cel shading, che si mostra in tutte le sue sfaccettature per farci immergere in un mondo tanto particolare quanto malato. Non possiamo dire che si tratta di un lavoro eccelso, ma è sicuramente un’opera capace farci incollare allo schermo. Unreal Engine 4 si rivela un buon motore capace di funzionare anche con la tecnica del cel shading. La cosa che salta subito agli occhi è la strabiliante caratterizzazione dei vari personaggi. Sia quelli primari che quelli secondari godono di un’ottima caratterizzazione che pochi altri giochi riescono a creare e ciò è da aggiungere al paragrafo precedente e alla sceneggiatura. Gli ambienti sono realizzati in modo piuttosto certosino e possono essere esplorati in lungo e in largo in cerca dei vari indizi e segreti sparsi per il livello.
Parlando del gameplay invece non possiamo non ricordare quello dei classici punta e clicca e di non paragonarlo a questi. Forse è anche un po’ fuorviante dire “i classici punta e clicca”, visto che effettivamente si avvicina di più al genere di giochi nato dopo l’uscita di Heavy Rain. Vi sembrerà di poter andare un po’ ovunque e di poter esplorare ogni meandro dei luoghi, ma ben presto ci si rende conto che in realtà tantissimi piccoli paletti sono stati messi in modo da non far passare nessuno limitando cosi i movimenti e la stessa libertà in modo significativo.
Il gioco è giocabile in tre modi diversi, ma solo due di questi sono disponibili nel paese nostrano. Grazie al supporto del Kinect ci basteranno i controlli di sole due mani per controllare l’intero universo del gioco. Con una mano potremo indicare un oggetto e poi chiudendo il pugno prenderlo oppure spingerlo muovendo il braccio. Con il controller i controlli sono più semplici da attuare. Per prendere un oggetto o per spingerlo ci basterà premere il tasto A o B. Dalla nostra prova possiamo dire con certezza che il titolo poteva essere uno dei primi giocabili seriamente con i controlli gestuali. Purtroppo le premesse non sono state mantenute e a tratti D4: Dark Dreams Don’t Die con il Kinect diventa macchinoso e lento, distruggendo il mondo di gioco. A tratti troviamo le parti Quick Time Event, che anche qui si differenziano in modo abbastanza grande. Con il pad ci basterà premere i tasti nella loro giusta sequenza mentre con il Kinect dovremo imitare il protagonista mettendosi nella sua stessa posizione. Anche qui il Kinect non riesce a reggere il confronto con l’immediatezza del pad e perde miseramente.
COMMENTO:
D4: Dark Dreams Don’t Die non è un gioco che avrà una vita facile e vendite a più non posso. La politica Microsoft a volte diventa incomprensibile per un occhio poco pratico e in questo caso rischia di abissare un prodotto valido. Il gioco ha delle ottime carte in tavola per diventare qualcosa di più del semplice e mero passatempo pomeridiano ed dotato di una sceneggiatura fuori di testa e dei personaggi, anche quelli secondari, caratterizzati al meglio. Purtroppo non mancano i difetti, come ad esempio un sistema di controllo che Kinect non riesce proprio a rendere facile e immediato. Anche la mancata localizzazione in italiano non rende facile la giocabilità.