Puntata speciale, quella di “Le storie. Diario italiano” in onda su Rai3, tutta dedicata alla restituzione di uno dei tanti capolavori artistici presenti nel nostro territorio. Due ospiti d’eccezione per parlarcene: il Prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e il prof. Ulderico Santamaria, responsabile scientifico della conservazione e del restauro del Vaticano.
Paolucci: ” Si è finalmente concluso dopo un lavoro pluriennale, il restauro delle “Stanze di Raffaello”. Ci sono date nella storia delll’arte, anzi dell’umana civilizzazione, che dovrebbero essere per tutti indimenticabili, una di queste date, è il 1508. Un Papa che sembrava amare la politica e la guerra più di quanto amasse le arti, Giulio II Della Rovere, chiama a Roma, due artisti. Uno è un ragazzo di appena 25 anni, già famoso. È lo stupore del secolo. Viene da Firenze dove ha lasciato cose meravigliose come la “Madonna del cardellino”, è Raffaello Sanzio, nativo di Urbino. A questo ragazzo chiede di dipingere in affresco le pareti del suo appartamento privato. L’altro artista, che il Papa chiama a sè, è Michelangelo Buonarrotti, un giovane uomo di 33 anni a cui affida la volta della Cappella Magna dei Palazzi Apostolici che lo zio, Sisto IV della Rovere, aveva già in parte fatto dipingere. Questo è l’anno 1508″.
Raffaello comincia subito a dipingere le stanze del Papa, quelle che da allora in poi, tutto il mondo conoscerà come le “Stanze di Raffaello”. Queste stanze dopo un lungo lavoro di restauro sono state riportate alla loro bellezza originaria, perché qualunque opera d’arte subito dopo che è realizzata subisce uno scambio con l’ambiente ospitante e con i fattori di degrado: umidità, temperature, muffe, particellato atmosferico, sostanze acide, infiltrazioni di acque e anidride carbonica prodotta dagli umani, tutti questi elementi deteriorano le condizioni dell’opera. Santamaria:” In un lavoro di restauro bisogna conservare ciò che si ha, ma bisogna anche renderlo leggibile, perché nel tempo i pigmenti si alterano. L’operazione è quella di rimettere l’equilibrio”.
L’affresco è una tecnica pittorica dove lo strato di pittura viene steso sull’intonaco fresco, incorporandosi con la malta diventa capace di trattenere il colore nel tempo. Senza tavolozza, il pittore immergeva direttamente il pennello in ciotole e poi lo stendeva sulla superficie muraria, sulla quale però interagiva con sostanze pericolose per la conservazione dei pigmenti. Grazie alla scienza questa operazione delicata, che va eseguita avendo cura di non compromettere la visione d’insieme del soggetto dipinto, viene rinnovata. Santamaria:” Facendo uso di sistemi che vedono sotto la pellicola pittorica, si è visto che sotto gli interventi ottocenteschi, c’era qualcosa che andava approfondita, una mcchia rossa che Raffaello aveva lasciato sull’originale. In un’ ipotesi ricostruttiva deduciamo che, Raffello stava dipingendo gli incarnati, ha avuto un momento in cui il colore stava per cadere, pensiamo che si sia reso conto che il colore si era diffuso ( la capacità di legarsi tra loro dei pigmenti è di circa 8 ore) ma non fece nulla, anzi non si è preoccupato di eliminarla perché avrebbe distrutto il suo capolavoro già completo. Infatti se avesse utilizzato una spugna avrebbe asportato anche il colore già dato. Ha lasciato che si asciugasse e su
ccessivamente l’ha inglobata. Nell’800 non avevano i nostri mezzi che consentono di vedere cosa c’è sotto e avevano causato danni ingenti nell’opera di restauro”.In effetti, oggi si disponiamo della scienza che aiuta il delicato lavoro conservativo. L’influorescenze per esempio, che è una tecnica di analisi che pemette di studiare tutta la tavolozza utilizzata da Raffaello e anche di vedere tutti gli altri colori non originali aggiunti con gli ulteriori interventi conservativi. È un’analisi non distruttiva che non prevede prelievo di materiale, e utilizza un rilevatore laser che non richiede l’uso di sostanze chimiche, né l’apporto di materiali abrasivi. Nel campo della conservazione del patrimonio architettonico, monumentale e delle opere d’arte sta crescendo la domanda di metodiche di intervento, con particolare riguardo alla pulitura, caratterizzate da un’elevata selettività e dal minimo impatto sull’opera. La soluzione proposta dal laser risponde a questi requisiti e fornisce al restauratore uno strumento ad alto contenuto tecnologico da affiancare e integrare alle altre metodiche meccaniche e chimiche comunemente utilizzate. I raggi colpiscono l’affresco, emettono dei fotoni che vengono raccolti e analizzati consentendo un’analisi dettagliata dei pigmenti presenti e forniscono al restauratore, la possibilità di non utilizzare sostanze diverse da quelle originali. Ciascun pittore aveva una sua tecnica esecutiva, Raffaello disegnò dal vivo con incisione indiretta, attraverso carta ricalcante le linee principali del disegno, ma anche con tecnica diretta, praticata con un punteruolo piuttosto affilato che incideva in profondità il corpo dell’affresco.
Paolucci:” Oggi la filosofia dominante della scienza della conservazione è quella improntata al minimo fare, l’obiettivo è quello di controllare e monitorare il rapporti tra opera d’arte e ambiente che la ospita. La conservazione deve essere preventiva che ci consenta di studiare in tempo reale la conservazione e l’usura alla quella è sottoposta”. Dunque, oggi, cerchiamo di ridurre al minimo gli interventi pesanti e invasivi. Una tecnica complicata da attuare perché il minimo intervento richiede in realtà, un grande lavoro e forse anche una maggiore sensibilità educativa per farci poi, ammirare capolavori unici e irripetibili. Le “stanze di Eliodoro” raccontano un tema religioso molto forte, gli interventi miracolosi di Dio in difesa della Chiesa. La Provvidenza che difende la sua Chiesa, come l’incontro del Papa Leone Magno con Attila che scende in Italia per devastare e occupare Roma. Il Papa lo ferma sul Mincio e a Roma, Attila non arriverà. Raffaello descrive questo episodio, lo drammatizza e lo trasfigura sul piano religioso, immaginando come dice la leggenda che, Attila fu fermato dalle parole del Papa ma anche, dall’apparizione in cielo degli apostoli Pietro e Paolo con spada in mano, in un mirabile groviglio di guerrieri barbari, sullo sfondo di una Roma incendiata. Paolucci:“Attila è sul cavallo demoniaco, con gli occhi gialli, digrignante, un cavallo che in realtà è il diavolo. Ha gli occhi leonini, fiocchi di spuma che escono dalla bocca. In netto contrrsto con il cavallo mansueto e buono del Papa, che non è il ritratto di Giulio II, morto da poco, ma del figlio di Lorenzo il Magnifico, con tutta la sua sapenza e cultura familiare”. Anche il saccheggio del tempio di Gerusalemme fermato da un angelo che scaccia i ladri sacrileghi, rispecchia l’ottica esecutoria di documentare la protezione che Dio concesse alla Chiesa dall’antichi
tà al Medioevo. Una chiara allusione di quello che stava avvenendo in Italia in quel tempo, con i francesi che avevano invaso la nostra penisola. Infine la Liberazione di san Pietro dal carcere, il più bel notturno della pittura rinascimentale, inventata da un Raffaello 27enne che con velocità fulminea, tipica dei geni, traduce in grandezza. Raffaello, il supremo raggiungimento dello stile.Paolucci: ” Raffaello è facile come è facile Mozart, quando uno arriva alla sublime perfezione, diventa facile”!