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Da grande faro' il calciatore...

Creato il 21 agosto 2011 da Bagaidecomm @BagaideComm
DA GRANDE FARO'  IL CALCIATORE...Che i sacrifici siano belli e giusti per una causa sociale, soprattutto se devono farli gli altri, questo pare ovvio. Se poi questi sacrifici sono economici e li si fissa per legge, bisogna stare pronti ad una levata di scudi; ed i primi a lamentarsi, stiamo pur sicuri, non saranno i primi da cui bisognerebbe aspettarselo, cioè chi sta messo peggio (o meno meglio, dipende dai punti di vista), ma chi i sacrifici quotidiani per far quadrare i conti ha la fortuna di non doverli sopportare. In questi giorni di agosto in cui la gente vorrebbe andare in vacanza e staccare dallo stress della quotidianità, il Governo invece è impegnato a cercare di raddrizzare i conti del Paese, imponendo misure spesso drastiche e quindi mal sopportate dai più. Ma non è di questa manovra anti-crisi nello specifico che voglio parlare, non avendo quella “profondità” politica e temporale che mi farebbe giudicare a dovere sulla bontà dei provvedimenti. Quello si cui voglio soffermarmi un attimo, invece, è il dubbio-polemica che è subito saltata all’onore delle cronache dopo la promulgazione del decreto 180/2011 e che investe il nostro mondo pallonaro.
Uno dei punti più controversi della manovra è il cd. “contributo di solidarietà”; in soldoni: chi guadagna di più, dovrà versare un extra di contribuzione in aggiunta a quella ordinaria (fino a raggiungere un tetto massimo di contribuzione effettiva del 48% della retribuzione lorda).  La questione che si sono posti è: che ne sarà delle retribuzioni dei calciatori? Chi dovrà versare questo contributo di solidarietà? Se la logica, e pure l’opinione comune, dicono: “paga chi guadagna”, voci dall’AssoCalciatori si ribellano a questa logica e, invocando i contratti firmati con le società, pretendono di vedersi garantito l’importo netto pattuito (la questione, ovviamente, si pone laddove nel contratto sia indicato l’importo netto e non quello lordo; infatti, come prevedeva il vecchio contratto collettivo, società e professionisti erano liberi di stabilire quale modalità di retribuzione – netto o lordo, appunto).  Che vi sia nero su bianco, questo è incontrovertibile. Ma l’effetto dell’adempimento del contratto e quello del contributo di solidarietà vanno a cozzare, e certamente a far male tanto all’immagine della stessa classe dei calciatori professionisti, tanto al calcio italiano. Fa male all’immagine dei calciatori perché se è vero che “i patti devono essere rispettati”, e quindi sono legittimati a far valere quanto scritto sul contratto (a loro favore, continuando ad intascare lo stesso importo netto a prescindere da cosa succede nel mondo là fuori…), dall’altra si mostrano insensibili rispetto al clima che si respira nella “vita reale” che molti di loro paiono non conoscere, tra vizi, privilegi ed eccessi in cui sguazzano. Addossare il “contributo di solidarietà” sulle società (datori di lavoro) è ancora solidarietà? Multimilionari che pretendono di vedere intatto il loro assegno mensile mentre la maggior parte delle famiglie dovrà impegnarsi ancor più con le calcolatrici e le piccole-medie imprese faticheranno con la ripresa economica, hanno in mente cosa si intenda appunto per solidarietà? L’altro effetto negativo sarebbe che le società calcistiche italiane, già arretrate per errori di programmazione, propri e non solo, rispetto ai concorrenti europei, e palesemente imbarazzate di fronte all’ondata di sceicchi, emiri e parvenu nel calcio, dovendo aggiungere a retribuzioni lorde che aumentano i singoli “contributi di solidarietà” che i calciatori scaricherebbero sui conti societari, vedrebbero un arresto ai loro investimenti e ai loro programmi di rimettersi in sesto, potendo così competere, più o meno “sportivamente”, con altre squadre europee nel giro di qualche anno.In Spagna i calciatori scioperano perché molti di loro, nelle società medio-piccole, non vengono pagati, giocando praticamente gratis e andando a credito da un paio d’anni (uno dei tanti paradossi del paradiso zapateriano), mentre quelli che intascano, guadagnano più di tutti per via della tassazione più bassa d’Europa (“dopando” di fatto la concorrenza). In Italia, i calciatori protestano (e chissà che non arrivino pure qua a minacciare scioperi) perché dovranno far meno di un 5% o 10% di addizionale in più del loro ingaggio.. Si mettano un po’ tutti una mano sul cuore, l’altra sul portafoglio e, come tutti, tirino la loro cinghia.Stefano Beccardi

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