Da “Il pranzo di Babette”: False quaglie in crosta

Da Silva Avanzi Rigobello

“Il pranzo di Babette” è un film che mi ha stregato.
Il romanzo da cui è tratto, che è della stessa Karen Blixen de La mia Africa, l’ho letto in seguito. Ero curiosa e soprattutto intenzionata ad avere a portata di mano il menù e le ricette di Babette Hersant, raffinata chef costretta a fuggire da Parigi perché sospettata di essere una rivoluzionaria: la vicenda si svolge nel 1871.
Della trama non vi dico altro, ma se state cercando qualcosa di insolito vi consiglio questo romanzo, che potete acquistare anche su Amazon oppure ordinarlo alla Feltrinelli. Ne resterete sedotti anche voi.
Con l’occasione vi suggerisco di aggiungere all’ordine anche “I tempi andati e i tempi di cottura (con qualche divagazione)”: se amate leggere di gusto…
Così risparmierete sulle spese di spedizione. Pensateci su.
Tornando al menù di Babette, sono rimasta colpita soprattutto dalle sue famose e raffinatissime “Cailles en sarcophage”, ma dato che non cucino piccoli animali, meno che mai interi, ho creato le “False quaglie in crosta” utilizzando il petto di pollo.
Anche il nome che ho dato al piatto mi è sembrato meno macabro della traduzione letterale “False quaglie nel sarcofago” dove il sarcofago è un grosso vol-au-vent rettangolare.
Alla fine, nonostante la mia ricetta indubbiamente si discosti da quella di Babette e la sua realizzazione sia francamente piuttosto laboriosa, il risultato è stato un secondo piatto strepitoso, che ho servito accompagnato da funghi trifolati, patate novelle al forno e pomodorini confit.

Quello che vi servirà se vorrete provare questo piatto per 4 persone sono:
2 petti di pollo interi
1/2 bicchiere di Madera
1 tartufo nero
1 mestolo di brodo
4 fette di pancetta
1/2 chilo di pasta sfoglia già pronta
75 gr di fegatini di pollo
60 gr di lardo a cubetti
50 gr di funghi
1 piccolo scalogno
80 gr di burro
1/2 bicchiere di vino bianco
1 rametto di timo
sale e pepe
poco latte

Si preparano i vol-au-vent dividendo la pasta sfoglia in 4 rettangoli e ritagliando delle strisce da sovrapporre sui lati per creare una specie di scatola, che nella ricetta originale è definita appunto “sarcofago”.
Si spennellano con il latte e si infornano a 180° per qualche minuto. Devono dorarsi senza scurirsi.
Intanto si fa soffriggere il lardo con 30 gr di burro, quando è rosolato si uniscono i fegatini ben mondati, i funghi tritati, lo scalogno affettato sottile e il timo. Si regola di sale e pepe e si fa saltare tutto per qualche minuto a fuoco vivace.
Si sfuma col vino e si fa evaporare. Si lascia intiepidire e poi si frulla con il resto del burro. Si fa rassodare in frigo per qualche ora.
Si dividono in due i petti di pollo e se ne ricavano quattro porzioni. Con un coltello affilato si crea una tasca in ognuna.
Si taglia il paté in quattro parti e si farciscono i petti di pollo, si inseriscono alcune lamelle di tartufo, si sala, si cosparge di pepe, si chiude l’apertura con due stuzzicadenti e si avvolgono con la pancetta.
Si infornano a 200° per mezz’ora, la bardatura di pancetta li terrà comunque morbidi, ma se si asciugassero troppo, è meglio coprirli con un foglio di alluminio.
Si tolgono dalla teglia e si deglassa il fondo di cottura con il brodo e il Madera. Si fa restringere il sugo.
Si eliminano gli stuzzicadenti, si appoggia ogni petto su un vol-au-vent, si coprono con la salsa e infornano ancora per qualche minuto perché si possa nuovamente scaldare anche la sfoglia.

Lo so, lo so. Andate tutti di fretta, non avete il tempo per queste preparazioni lunghe e ricercate, a qualcuno non piace il paté, qualcun altro ha difficoltà a reperire i tartufi…
Non sto dicendo che si debba cucinare un piatto così elaborato durante la pausa pranzo o la sera invece di andare in palestra, o che non si possano apportare delle varianti: adesso che la ricetta ce l’avete, tenetela comunque in evidenza, perché prima o poi vi capiterà un’occasione in cui è richiesto un secondo che è il massimo della ricercatezza e dello stile.
Allora direte: “Ah, qui ci vogliono le false quaglie in crosta della Silva!” e andrete a ripescare pieni di gratitudine questa succulenta, splendida ricetta.
Scommettiamo?!


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